(Marco Sciacca, Giuseppe Raciti e Francesco Gotti)
Riceviamo e pubblichiamo parte di una lettera che ci ha fatto pervenire Federica Eccel, che si occupa della comunicazione e del marketing del boutique hotel con annesso ristorante Zash di riposto in provincia di Catania.
Federica racconta le emozioni vissute ad Alba nel corso della finale del Bocuse d'Or. Che ha incoronato lo chef pugliese Martino Ruggieri, ma che ha visto tra i finalisti anche il siciliano Giuseppe Raciti, chef dello Zash. E nella nota, Federica non lascia trapelare le emozioni vissute e ci rivela perché, alla fine, anche loro si sentono dei vincitori
A qualche giorno dal nostro “evento dell’anno”, rientrati da Alba con carico emotivo e gioia da smaltire, o meglio da conservare per continuare, sebbene il pass per la finale europea se lo sia aggiudicato un grande Martino Ruggieri, ci sentiamo di aver vinto qualcosa anche noi e ci sentiamo felici perché proprio le dichiarazioni di Martino, sembrano ricalcare esattamente tutti i discorsi fatti in questi mesi di preparazione. Insieme alla progettazione dei piatti e del vassoio e alla strategia di gara, insieme ai faticosissimi allenamenti (spesso notturni per conciliare l’ingente lavoro stagionale), insieme al confronto a due o al brain storming di gruppo, in questa edizione e nella precedente, per cui Giuseppe Raciti già fu selezionato, un’idea è rimasta pensiero fisso e fondamentale: che “il Paese più bello del mondo, che vanta oggi anche una grande cucina – come dice giustamente Martino – sia capace di dimostrarlo al mondo intero”. “La tradizione gastronomica in Italia non ha eguali, il mio obiettivo è dunque di renderle merito e portarla sul podio internazionale” asserisce il tristellato Presidente dell’Accademia Bocuse d’or Italia, Enrico Crippa.
Al netto delle emozioni di mancata vittoria, il desiderio di Giuseppe Raciti così come di Martino, cioè di chef italiano e meridionale orgoglioso delle proprie origini e della propria italianità, è che l’Italia vada avanti fino alla fine, che rompa il muro che fino ad oggi ci ha fermati nelle grandi competizioni come il Bocuse d’or. Ecco perché le parole di Martino ci fanno sentire gruppo e ecco perché siamo felici che il nostro rappresentante a Torino interpreti esattamente il nostro punto di vista. “Oggi ho un’ambizione, dar vita intorno alla vittoria del Bocuse d’Or Italia, a un movimento nuovo della cucina italiana – diceva Ruggieri – Torniamo a parlare di cucina, di cuochi, di grande tecnica italiana, di straordinarie materia prime. Noi siamo tutto questo”. Ecco perché Giuseppe Raciti si sente parte di una squadra, quella che, attraverso il proprio rappresentante farà cerchio perché quell’idea sia forte e vincente.
Ecco la notizia: c’è una squadra più forte, che non è fatta da uno dei team selezionati per la gara, ma pesca dagli stessi un carico di “tanta roba”, cioè di grande professionalità, d’immensa gioia nel lavoro, di serietà nell’impegno irrinunciabile e soprattutto comunità d’intenti. Il Bocuse di Giuseppe Raciti quindi non finisce al verdetto appena decretato, ma lo vedrà impegnato in attività parallele per il raggiungimento del più alto traguardo possibile, obiettivo fermo dell’Accademia e del suo Presidente Crippa. Assistere al Bocuse d’or, lo diciamo per chi non l’abbia mai fatto, è emozione senza sosta, è adrenalina pura. E non solo per gli chef. La gara si è disputata col fiato sospeso, le h. 5,35 a disposizione di ciascuno chef per portare a termine il piatto vegetariano e quello di carne con relativo vassoio, prova essenziale di questa gara, sono volate. I 4 chef, nei box a loro assegnati per sorteggio, erano ben visibili al pubblico presente in gran numero nella struttura costruita appositamente. Visibili anche nei mega screen dentro e fuori la struttura, si potevano seguire gesti e tecniche di lavorazione. Certamente, si poteva percepire l’assoluta concentrazione necessaria allo svolgimento.
Giuseppe Raciti ha composto i suoi bellissimi piatti esattamente nei tempi e nei modi richiesti dal regolamento e riservando qualche sorpresa (finto polipo… di verdure) alla giuria, composta da stellati di tutta Italia. E poi il vassoio ispirato al Museo Gugghenheim di New York. La scelta di tecniche ed ingredienti, tolti quelli obbligatori previsti quest’anno per il piatto vegetariano (riso, uovo e gorgonzola), è stata selezionata, discussa, provata e scelta insieme all’Ente promotore di Giuseppe Raciti, cioè la Fic capitanata dal Presidente Rocco Pozzuolo con la Nic, con il maestro Gaetano Ragunì. Ma ogni singolo passo è stato studiato e condiviso soprattutto con il coach, lo chef Francesco Gotti, responsabile della formazione per la Nic. “Abbiamo stabilito subito grande intesa, Francesco è prima di tutto uomo di gran cuore, ma anche professionista competente e determinato”, dice Giuseppe. Infine il commis, figura fondamentale e la cui scelta diventa determinante per l’esito e lo svolgimento della gara secondo i dettami rigidi ed inflessibili dell’Accademia Bocuse d’Or: Marco Sciacca, 17 anni, studente. Frequenta la (scuola di) cucina di Zash già da due anni. Dice lo chef: “Ormai faccio fatica a far a meno di lui, mi rivedo da piccolo. Ci capiamo con un semplice sguardo, ha la fermezza che gli deriva dall’essere persona serena e caparbia. Con lui sono tranquillo perché mi fido. Insomma, la scelta non solo è stata facile, ma imprescindibile”.
Concorsi internazionali… Bocuse d’or… Podio e non podio… Cuochi italiani nel mondo… Grande tecnica italiana… Chef stellati e tristellati. Ma alla fine, senza scomodare parole così altisonanti e autorevoli, capito perché il team Raciti si sente di aver vinto? Perché i sogni e gli obiettivi che continuano sono condivisi. Perché sappiamo di aver giocato una bella gara e averlo fatto professionalmente. Perché siamo certi che, chi rappresenterà l’Italia, lo farà come abbiamo sempre inteso e sperato. Perché si torna con la felicità nel cuore, già pronti per altre sfide.