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L'intervento

Come cambierà il vino italiano…

08 Giugno 2020
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di Daniele Cernilli, DoctorWine

La fine del lockdown, o della clausura forzata, che iniziamo a vivere, spero con prudenza, ci sta mettendo davanti ai primi aspetti di ciò che avviene e avverrà probabilmente nel mondo del vino italiano e non solo.

Alcuni fenomeni sono sotto gli occhi di tutti. La vendita online è esplosa, alcuni siti, come Tannico e Vino 75, fanno addirittura pubblicità sui canali televisivi di Sky, e le loro vendite sono in sensibile crescita. In un periodo nel quale le enoteche e soprattutto le vendite dirette delle aziende legate al turismo del vino sono state bloccate, questo tipo di commercializzazione le ha in parte sostituite come mai era accaduto in precedenza. Ora, con lo sblocco progressivo, vedremo se quel tipo di distribuzione era legato solo al momento particolare o se sarà davvero entrato nelle abitudini di molti consumatori. Di certo molte persone hanno scoperto di poter comprare bottiglie on line, in enoteche virtuali, e di poterle avere direttamente consegnate al proprio domicilio in pochi giorni, cosa che precedentemente non faceva parte delle proprie abitudini di acquisto.

Altro effetto di questo periodo è rappresentato dal mondo della Grande Distribuzione, con tutte le distinzioni fra i differenti tipi di supermercati. Il vino era già in gran parte venduto in Gdo, si parla di oltre i due terzi se non di più, ed era soprattutto quello proposto a prezzi fino a 7 euro la bottiglia. Qualcosa sembra essersi mosso, qualche etichetta di maggior prestigio comincia a fare capolino anche in catene locali, e non solo in quelle che tradizionalmente avevano dato più spazio a quelle categorie di prodotti, Esselunga, Ipercoop ed Eataly su tutte. Questo vorrà probabilmente dire che anche i piccoli e i medi produttori dovranno in prospettiva rivedere la propria politica commerciale nei confronti di queste realtà, e non sarà semplice. A meno che non si consorzino in gruppi organizzati e si confrontino tutti insieme con delle strutture enormi come quelle di alcune catene di GDO. Vedremo insomma i vini di piccole aziende anche nei supermercati? Magari con etichette dedicate? Potrebbe essere uno scenario futuro abbastanza probabile.

Altro argomento sarà la tenuta di marchi e denominazioni prestigiose. Ho la netta sensazione che verranno ridate le carte in questo senso, e che ci potrebbero essere nuovi protagonisti fra coloro che si sono dedicati nel recente passato alla produzione di vini dal buon rapporto qualità/prezzo, e magari potremmo assistere a un ulteriore incremento della regionalizzazione dei consumi. E finché non ripartirà adeguatamente il mercato estero, sarà infine necessario riconquistare chi per mille motivi si è allontanato dal vino o non si è particolarmente avvicinato. E questo vuole anche dire una comunicazione diversa, più di servizio, informativa più che critica, più comprensibile e meno respingente. Qualcosa che riguarda i produttori ma anche noi che scriviamo, che “comunichiamo”, e che dovremo sempre più somigliare a bravi professori delle medie o a bravi maestri elementari, che sono forse i migliori insegnanti in assoluto, e meno a protagonisti un po’ autoreferenziali di una scena enologica che forse non esiste più.

doctorwine.it