di Daniele Cernilli, Doctor Wine
Lasignora Viviana Malafarina, commentando l’editoriale della scorsa settimana sulla nostra pagina Facebook, scrive quanto segue:
“Concordo sul fatto che quel paio di battute sarcastiche stonavano con l'intento festoso e propositivo della presentazione… a me pare però che il senso fosse lo stesso di quanto già scritto da SlowWine in occasione della degustazione dei “vignaioli vip” (come vennero definiti): “Tornando a bomba sul termine vignaiolo il fatto di lasciarselo attribuire ci pare una forzatura. È come decideste di comprare uno studio dentistico o medico e la stampa iniziasse a dire che siete dei dentisti… Siete degli imprenditori agricoli e come tali avete tutti i diritti che appartengono alla vostra categoria, ma il termine vigneron a nostro parere ha una valenza differente” …e mi pare una notazione sensata”.
Concordo, ovviamente, e come si potrebbe fare altrimenti, sottolineando come il termine di “vignaioli vip” è stato dato da chi ha organizzato e promosso l’evento, molto probabilmente all’insaputa dei partecipanti. Detto questo il passo successivo sarà quello di definire chi può fregiarsi del titolo di vignaiolo e chi no. Sarebbe bene, a mio parere, che la Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) ricordi quali sono i requisiti per poter far parte dell’organizzazione, tanto per cominciare.
Per quanto mi riguarda penso che un vignaiolo debba innanzi tutto possedere i vigneti dai quali produce l’uva. Non debba acquistare un solo grappolo e men che meno un solo litro di vino fatto da altri. Debba essere in grado di organizzare i lavori di campagna e di cantina, partecipandovi in prima persona. Possa avvalersi di consulenti che però non ne sostituiscano l’opera personale. Va benissimo che Paolo De Marchi si faccia consigliare da Donato Lanati, ad esempio, e si avvalga del suo laboratorio per le analisi. Ma poi le decisioni tecniche e agronomiche devono essere prese da lui, come peraltro avviene ad Isole e Olena. Un profilo del genere comprenderebbe anche figure leggermente diverse dal viticoltore contadino che fa tutto da sé nel solco di una tradizione a volte discutibile. Anche persone che provengono da altri settori e decidono di dedicarsi completamente alla produzione artigianale di vino.
In passato ci sono stati Sergio Manetti, John Dunkley, Mario Schioppetto che mi sembra corrispondano bene alle figure alle quali alludevo, e che sono divenuti dei veri capiscuola. Anche perché la discussione fra chi è vignaiolo e chi non lo è, in mancanza di un preciso regolamento, diventerebbe infinita e inutilmente stucchevole, quando non ideologica. Tutte cose che è meglio evitare.