Nella giornata mondiale delle api, una lunga chiacchierata con uno dei produttori di miele più celebri nel mondo. Che ha salvato una specie di ape dall’estinzione sicura e che porta in giro il suo sapere per spiegare quanto da questo insetto derivi la nostra sopravvivenza.
di Sara Spanò
In questo singolare momento, in cui ci siamo dovuti adattare alla presenza del Covid-19, quasi tutte le attività umane hanno subito un rallentamento o addirittura un blocco. Abbiamo assistito a molte vicende, testimonianza del fatto che la natura in qualche modo ne abbia giovato, respirando e riappropriandosi dei propri spazi. Lo stesso non è avvenuto esattamente per il mondo delle api. Ne abbiamo parlato, proprio durante la giornata mondiale dedicata a questi insetti sentinella, con Carlo Amodeo, allevatore e apicoltore a cui si deve la salvezza dell’ape nera sicula (Apis Mellifera Sicula). Carlo Amodeo spiega che non si tratta di un problema legato solo a una disponibilità di spazi o di inquinamento atmosferico, ma di fattori che non potevano di certo essere superati in pochi mesi: “Con l’arrivo del Covid-19, purtroppo, l’uomo non si è fermato del tutto: il settore dell’agricoltura è andato avanti e, spesso anche inconsapevolmente, in questo campo continuano ad essere utilizzati dei prodotti nocivi. Faccio un esempio che già da moltissimi anni crea grandi problemi: l’utilizzo dei pesticidi neonicotinoidi, come accade nelle coltivazioni di arancio vicine a noi. Questa molecola, responsabile del declino e della moria delle api (e di altri insetti impollinatori), viene assorbita all’interno della pianta fino ad arrivare ad ogni distretto: foglie, linfa, nettare, polline e frutto. Quando le api succhiano il nettare contaminato, il neonicotinoide va a colpire il loro sistema nervoso. Di conseguenza, non fanno più rientro al proprio alveare e le famiglie si spopolano. Inoltre questa sostanza non viene smaltita facilmente, anzi permane nel sistema per tempi molto lunghi, causando danni mille volte maggiori rispetto a quelli causati dal temuto Ddt”.
Carlo prosegue raccontando con moltissimo trasporto anche dell’importanza delle api come insetti impollinatori e del loro ruolo nello sviluppo sostenibile: “La vita delle api è amore allo stato puro, per questo mi piace dire che le api sorridono. L’ape operaia infatti trascorre l’intera esistenza fecondando i fiori delle specie entomofile. Trasportando il polline da un fiore di sesso maschile a un altro di sesso femminile, permette la riproduzione della pianta. È amore puro che vaga e semina amore e fertilità. Ci sono anche altri impollinatori, insetti o piccoli uccelli, ma l’ape ha di differente che è fedele alla pianta. Tra gli insetti, è definito il pronube per eccellenza. Una volta andata su un fiore per prelevare il nettare, se non trova più fiori di quel tipo non si posa. Piuttosto torna a casa con mezzo carico. L’ape dà vita non solo alle specie vegetali, ma anche quelle animali, uomo compreso, perché l’80 % delle derrate alimentari, ma anche delle piante spontanee che costituiscono il verde e che fanno l’habitat per la selvaggina, è l’ape stessa ad impollinarlo”. Se le api dovessero scomparire davvero, come da previsioni, le conseguenze sulla biodiversità e sull’alimentazione sarebbero incalcolabili.
L’attività di Carlo Amodeo ruota da ormai 33 anni attorno alla tutela dell’ape nera, sottospecie autoctona siciliana, estremamente docile, caratterizzata da un addome scurissimo (caratteristica comune con l’ape africana, dalla quale discende), una peluria giallastra e ali più piccole rispetto alle altre sottospecie. Dopo avere popolato per millenni la Sicilia, è stata abbandonata tra gli anni ’70 e ’80, a favore dell’ape ligustica (Apis Mellifera Ligustica), acquistata massivamente dagli apicoltori grazie a dei finanziamenti ricevuti in quegli anni. Ciò ha creato il problema dell’ibridazione di massa, seguito dalla diffusione di alcune malattie, fino a quel momento non presenti. Fu Carlo Amodeo, spinto dall’entomologo e docente di apicoltura Pietro Genduso, che nel 1987 trovò un apiario abbandonato di ape nera Sicula in un baglio a Carini. Quell’incontro fu amore a prima vista e sicuramente determinante per il futuro di Carlo. Da lì infatti, proseguendo il lavoro predisposto da Genduso, portò l’ape nera in un luogo dove venisse preservata dal rischio di ibridazione. Scelse Ustica e successivamente anche altre Isole minori per incrociare queste linee pure ed evitare il fenomeno della consanguineità. Collaborando con alcuni istituti, tra cui l’Istituto di Biologia Cellulare dell’Università degli Studi di Palermo e l’Istituto Nazionale Apicoltura di Bologna, il gruppo di scienziati Coloss 4 e altri ancora, ha completato lo screening genetico dell’ape nera, fino ad arrivare all’esame microsatellitare, il più preciso tra tutti.
“Tengo molto a parlare di Slow Food – dice Carlo Amodeo – che, fin dalla sua nascita ha subito colto il problema della possibile estinzione e quindi della salvaguardia delle specie autoctone riconoscendo l’importanza dell’ape nera sicula. Credo che lei gliene sia molto grata”. Dall’incontro causale con questa associazione è nato nel 2008 il presidio ape nera sicula e successivamente, nel 2012, il progetto ApeSlow, in memoria di Pietro Genduso. Tale progetto prevedeva la reintroduzione e conservazione dell’ape nera in alcuni siti della Sicilia occidentale e orientale: ben 30.000 api regine vergini prelevate dalle isole minori sono state disseminate nei siti selezionati. Il progetto ha preso piede anche grazie al coinvolgimento di alcuni partners: il Cra-Api di Bologna (ex istituto nazionale di apicoltura), l’istituto zooprofilattico della Sicilia, l’Università Agraria di Palermo e di Catania e la Soat di Collesano.
Oggi continua la sua attività di apicoltore e produttore di miele nell’omonima azienda Amodeo Carlo, che si trova alle pendici del parco del Monte San Calogero in provincia di Palermo, e conta 10 dipendenti. Oltre alla produzione del miele, svolge nei mesi invernali l’attività parallela di vendita di sciami di ape nera sicula per l’impollinazione delle colture protette e, nei mesi primaverili, quella di famiglie con api regine selezionate agli apicoltori. L’analisi del Gruppo Coloss 4, associazione di ricerca internazionale che si concentra sul miglioramento del benessere delle api a livello globale, ha confermato che l’ape nera sicula è la più conforme dal punto di vista genetico rispetto alle altre razze europee. Ciò spiega la quasi totale assenza di morie di questa sottospecie. La selezione genetica continua e intensiva, operata da ormai più di un secolo e mezzo dagli apicoltori, indebolisce le api le quali perdono la loro memoria genetica e determinati caratteri intrinsechi che l’insetto stesso possiede da milioni di anni, essendo tra i più antichi abitanti della terra ed essendo talmente resistente da avere superato catastrofi quali glaciazioni o diluvi universali.
“È da sottolineare che l’ape nera, che non è stata sottoposta a questo tipo di selezioni, è l’unica ape europea a sopravvivere senza il bisogno di trattamenti acaricidi all’acaro parassita Varroa destructor – spiega Carlo Amodeo – Questo parassita, originario del sud est asiatico era isolato su una specie di ape con la quale conviveva, l’ape cerana. A causa dei fenomeni di globalizzazione ha attaccato anche l’ape europea, rendendola soggetta a virosi e a morie. Se volessimo paragonare questa patologia a ciò che sta accadendo all’uomo in questo momento, potrei confermare che è molto più grave del Covid -19. L’ape nera sicula ritrovata 33 anni fa esprime sé stessa immutabilmente da milioni di anni, senza avere subito interruzioni in questo processo. Possiede dunque tutta la memoria genetica di cui ha bisogno per superare il problema e sopravvivere a quest’acaro”. Anni fa Carlo Amodeo, grazie alla vendita delle sue api resistenti, ha ripopolato l’Europa, colpita da morie, ritrovandosi addirittura a venderle al principe Carlo d’Inghilterra, che aveva perso tutte le api della Contea. Anche in questo caso, l’ape nera sicula ha dato prova di grande resistenza e capacità di adattamento, superando il viaggio fino all’Inghilterra.
Oltre ad essere sorprendentemente resistente alle azioni dei parassiti, questa ape si adatta bene anche anche a diverse temperature, comportandosi durante i mesi invernali come se fosse primavera. Questo la rende ideale per la produzione dei mieli invernali, molto rari e costosi, come il miele di nespolo giapponese, mandorlo e carrubo. L’azienda di Carlo Amodeo produce in tutto 21 tipologie di miele da 1.500 alveari per un totale di 35 tonnellate e ne esporta la maggior parte in Europa e la restante parte nel resto del mondo (America e Asia principalmente). Tra i mieli prodotti quello di Astralgo Nebrodensis, di ferula (prodotto a Ustica solo una volta ogni cinque anni), di limone da varietà Igp di Siracusa, di mandarino di Ciaculli (doppio presidio in questo), di timo (prodotto in provincia di Agrigento), di arancia di Ribera e ancora fico d’india e aneto. Gli apiari sono infatti dislocati in tutta la Sicilia, e questo permette la produzione dei mieli monoflorali che richiedono grandi estensioni di fiori della stessa specie. La filosofia aziendale, rispecchiando il pensiero di Carlo Amodeo, è studiata per avere il minore impatto ambientale possibile: si serve di impianti fotovoltaici per produrre l’energia di cui necessita, autosostentandosi, e le emissioni di CO2 sono pari a 0, rendendola sostenibile anche da questo punto di vista.
Il miele viene estratto una volta a settimana, in modo che non permanga oltre all’interno dell’alveare in cui la temperatura di 34,5 °C è costante. Ciò ne causerebbe l’ossidazione. In laboratorio viene riprodotto il processo di ventilazione creato dalle api nel loro sistema naturale, che porta alla deumidificazione del miele, necessaria a prevenirne l’invecchiamento. In natura tale processo avviene a 17,5°C mentre nel laboratorio di Carlo questo viene eseguito a 16°C. Questa differenza di temperatura fa sì che la grana, la pasta del miele, sia più sottile e quindi di qualità superiore. La deumidificazione comporta la concentrazione delle componenti organiche (i profumi e le fragranze) e delle già presenti sostanze antiossidanti. Da studi condotti dall’università Federico II di Napoli, che ha analizzato alcuni prodotti dell’azienda Amodeo Carlo, si evinceva che il nettare prodotto dalle Api nere sicule possiede antiossidanti in quantità da tre a dieci volte superiori rispetto a qualsiasi altro miele, tredici sostanze antibatteriche e quattro antifungine, queste ultime mai riscontrate in altri mieli. Il miele di ape nera ha dunque proprietà non solo nutraceutiche, ma anche medicamentose. Dopo avere decantato per 15 giorni circa, il miele viene confezionato all’interno dei vasetti e riposto in celle frigo al buio alla temperatura di 4°C finché non viene venduto. A questa temperatura il miele invecchia a un tempo inferiore di 50 volte rispetto a quanto farebbe a temperatura ambiente.
Oltre ai progetti già avviati con gli istituti citati precedentemente, è in corso lo studio in collaborazione con l’Università di farmacia di Palermo e quello concluso con il Cnr di Catania sul miele di cardo, che, da test effettuati su cellule tumorali epatiche, sembra avere proprietà riducenti. Un altro studio ha messo in risalto le proprietà antisettiche del miele di aneto, in grado di uccidere i film batterici e che quindi potrebbe trovare applicazioni come disinfettante nelle sale operatorie. E ancora con l’Università sarda si lavora sulla moltiplicazione dei principi attivi, contenuti all’interno del miele di ape nera, tramite nanoparticelle. La riduzione in nanoparticelle ne aumenta inoltre la stabilità e il grado di assorbimento. L’idea e la speranza sono quelle di creare un gruppo di persone pronte a investire in questo campo, affinché i prodotti dell’ape nera sicula vengano riconosciuti a applicati anche in campo medico.