di Daniele Cernilli, Doctor Wine
Quello che ha di recente affermato Attilio Scienza, professore emerito e grande studioso di viticoltura, su come cambierà il modo di fare vino in Italia è di un’importanza straordinaria.
In un’intervista data a Cronache di Gusto (leggi qui), sito “fratello” diretto da Fabrizio Carrera, ha fatto un’analisi molto lucida e seria della situazione che è sotto gli occhi di tutti e che consiste in una tropicalizzazione del clima nel bacino del Mediterraneo. Eccovi alcuni passi. “La ricerca sui portainnesti è fondamentale. A Milano abbiamo già creato delle varietà resistenti a questi climi, ma siamo consapevoli che c'è tanto da fare. Non dobbiamo sottovalutare i segnali che ci sta inviando la Natura e farci trovare impreparati”. “Siamo di fronte a un passaggio epocale. I vini italiani assomiglieranno sempre di più a quelli dell'Australia o della California, così come i vini del Nord saranno più simili a quelli del Sud. Che ci piaccia o no, i vini del futuro, ma di quello a stretto giro di posta, saranno ben diversi da quelli di oggi. È un ciclo. Che già è avvenuto e che avverrà di nuovo”.
“Irrigazioni di soccorso? Adesso è tardi. Le irrigazioni vanno fatte entro luglio. E poi sono costosissime e comunque non tutte le zone si prestano a questi interventi dell'uomo. Poi credo che siano delle forzature, soprattutto fatte in questo momento, visto che la pianta non riesce a metabolizzare l'acqua e sono effetti negativi per la qualità del vino che si andrà a produrre. Perché in cantina poi ci sarebbero problemi di solforosa, carica batterica e livelli di zucchero. Meglio lasciare le cose come stanno. Anche la pioggia, adesso, avrebbe effetti deleteri”. Contemporaneamente, parlando con Francesco Paolo Valentini, rigoroso e tradizionalissimo produttore abruzzese, il racconto era paradossalmente simile. “Non riesco quasi più a ottenere dei parametri analitici coerenti con la capacità d’invecchiamento dei miei vini, soprattutto del Montepulciano d’Abruzzo. Tanto che sto differenziando la produzione agricola, dedicandola in modo più deciso all'olivicoltura con la creazione di un nuovo frantoio”.
Stanno insomma cambiando molte cose e, come al solito, ci sarà chi capirà e chi invece metterà la testa sotto la sabbia, ululando poi alla luna e dando la colpa a chissà chi e a chissà cosa, come se il problema dei cambiamenti climatici fosse risolvibile con la bacchetta magica, e la Cina e l’India rinunciassero alla loro industrializzazione, e alla conseguente imponente produzione di gas serra, senza battere ciglio. O l’amministrazione Trump, folgorata sulla via di Damasco, tornasse a sostenere il Protocollo di Tokyo e non avesse rigettato quell’accordo, come ha purtroppo fatto di recente. Piccoli problemi, insomma.
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