Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento di Francesco Sottile all’VIII congresso internazionale di Slow Food. Sottile è stato eletto nel direttivo di Slow Food Internazionale, unico italiano oltre al segretario generale Marta Messa e al fondatore Carlin Petrini.
Una ventina d’anni fa, quando ho conosciuto Slow Food, non avevo certamente in programma di raggiungere questo traguardo. Condividere questa esperienza con persone eccezionali come Dali, Marta, Megumi, Nina, Richard, Jorrit, Edie e addirittura con Carlin, beh vi assicuro che non era nei miei programmi e neanche nei miei obiettivi. Molti anni fa Slow Food mi ha attratto, poi mi ha coinvolto, quasi travolto, ha pervaso la mia quotidianità. Non riesco ad immaginare il mio lavoro senza il coinvolgimento di un pezzo di associazione, in Italia e all’estero. Ho avuto la fortuna di crescere dentro l’associazione con Piero Sardo, Serena Milano e Raffaella Ponzio, costruendo presìdi, mercati della terra, comunità, orti, in giro per l’Italia e per il mondo. Ho viaggiato e lavorato con ragazze e ragazzi fuori dal comune che oggi sono la spina dorsale del nostro quartiere generale, della nostra sede, ragazze e ragazzi che oggi conoscono la nostra rete come nessun altro e ai quali io mi rivolgo sempre per apprendere. Tutto questo è arrivato giorno dopo giorno in modo naturale e non preventivato. Ma è arrivato, e oggi siamo qui pronti a partire per questa nuova avventura per la quale sento la responsabilità di dover guardare alla nostra incredibile rete internazionale con lo spirito giusto per stimolare, facilitare, mettere insieme, rigenerare. E rigenerarmi.
La rigenerazione fa parte del nostro programma politico e se è vero che professionalmente guardo alla rigenerazione da un punto di vista agronomico, è anche vero che vivere nella nostra associazione mi ha insegnato quanto la rigenerazione sia importante dal punto di vista sociale, ambientale, culturale. Abbiamo fondato il nostro percorso per i prossimi anni attraverso un modello di rigenerazione che sia capace di fondarsi sui pilastri importanti come biodiversità, educazione e advocacy, attraverso una chiamata all’azione che ha già incredibilmente contaminato tutta la rete internazionale quale grande movimento del cibo. Ma il nostro impegno dovrà saper guardare anche alla rigenerazione del ruolo che la biodiversità giocherà per il futuro del pianeta. Oggi e domani ancor più di ieri.
Dalla biodiversità siamo partiti moltissimi anni fa. Siamo partiti da un cibo legato al territorio, alla cultura delle popolazioni rurali e alle tradizioni locali. Grazie al cibo abbiamo parlato di agricoltura, di allevamento, di rispetto per gli animali, di rispetto per gli insetti utili, di rispetto per la terra, di connessioni strette tra il rispetto per la terra e la conservazione di un pianeta in grado di essere vissuto. Abbiamo scelto la via dell’agroecologia Abbiamo rafforzato il nostro impegno per contrastare un cambiamento climatico che ormai ha messo gli umani con le spalle al muro. E tutto questo lo abbiamo fatto sempre e solo con uno strumento, la biodiversità! La biodiversità è stata il nostro obiettivo per 30 anni, abbiamo conquistato risultati che nessuno avrebbe immaginato. Non ci siamo limitati a mettere bandierine nel mappamondo, siamo andati ben oltre. Abbiamo costruito una rete di progetti straordinari.
Un contenitore di storia, di conoscenza e di sapienza come l’Arca del Gusto. E poi la rete di migliaia di contadini radunati intorno ai progetti di Presìdio che, così come le migliaia di orti in Africa, i mercati della terra e tutta la rete dei ristoratori, rappresentano oggi una grande comunità di attivisti responsabili impegnati quotidianamente nel tentativo di rafforzare la loro resilienza e di costruire un futuro per le generazioni di oggi e di domani. Come? Attraverso la biodiversità.
Oggi, quindi, lo sforzo di rigenerazione deve riguardare anche il nostro approccio alla biodiversità stessa. Abbiamo detto molte cose giuste in passato, abbiamo sostenuto una rete internazionale in grado di dimostrare quanta biodiversità c’è nei territori del pianeta, quanta ne stiamo perdendo e quanta ne perderemo se non saremo capaci di trovare la chiave della conservazione attraverso le comunità rurali. Dobbiamo quindi rafforzare il nostro impegno perché la strada è quella giusta e lo sviluppo di un sentimento di comunità è il modello vincente. Penso in particolare al mondo degli orti africani che hanno saputo rafforzare un sentimento di appartenenza, di produzione responsabile e di consapevole conservazione dinamica della biodiversità. Dinamica perché la biodiversità si consuma, contribuisce a consolidare le relazioni sociali e da garanzie per le generazioni future. Penso in particolare al mondo dei presìdi. La mia esperienza in giro per il mondo mi permette di riconoscere in ogni comunità di un presìdio un modello di sviluppo culturale che parla di transizione ecologica, di agroecologia, di contrasto al cambiamento climatico, di rafforzamento delle relazioni comunitarie. In ogni progetto di mappatura della biodiversità in giro per il mondo, dall’Arca del Gusto alle Reti tematiche, leggo sempre lo sviluppo di un processo culturale che costituisce le fondamenta della nostra Associazione.
Rafforzare la nostra visione politica sulla biodiversità, quindi, significa impegnarsi a trovare soluzioni in grado di rispondere ai diversi contesti. Significa mettere a valore i nostri progetti come strumenti di risposta, come strumenti di comunità, come strumenti in grado di dare solidità alla rete facendola diventare trama di un tessuto fitto ma permeabile per aprirsi all’inclusività e diventare sempre più moltitudine. Significa, dunque, mettere a valore la biodiversità per sostenere una vera transizione ecologica, unica via concreta per mitigare e contrastare il cambiamento climatico, per rigenerare le risorse naturali e rigenerare le aree rurali combattendo la povertà, combattendo la solitudine e restituendo la sovranità alimentare a tutti i popoli.
Dobbiamo fare ogni sforzo affinché la biodiversità e l’agroecologia siano al centro delle politiche agricole e alimentari e dimostrare che dalla diversità nasce la resilienza. Agroecologia come paradigma insostituibile di equilibrio tra risorse naturali in cui l’essere umano, con la sua sapienza, deve essere in grado di produrre cibo senza indebolire gli ecosistemi. Tutto questo, dunque, è parte integrante dell’impegno politico che assumiamo per i prossimi anni, con il contributo di tutti voi e di tutta la rete che oggi qui rappresentate, consapevoli che, come sappiamo, da soli non si va da nessuna parte mentre tutti insieme possiamo essere strumento di rigenerazione dei cuori, dello spirito e delle nostre azioni. A questo punto chiudo. E voglio farlo con le parole di un attivista della nostra rete, parole scritte in una chat durante i tantissimi incontri che abbiamo fatto per coinvolgere tutta la rete nell’analisi della nostra Associazione per trovare insieme i punti di forza e di debolezza che hanno contribuito a scrivere il nostro programma politico. Queste parole dicono: Vorrei chiedere alla nuova squadra di accompagnare i territori e le comunità, e di rigenerare una Slow Food più forte in ogni luogo in cui abbiamo un gruppo di attivisti. Che ci aiutino a lasciare da parte i personalismi e a valorizzare maggiormente la visione di Slow Food come movimento del cibo. Slow Food è tutti noi, non c’è forza più grande di questa. Vi aspettiamo in tutte le nostre sedi per accompagnarvi in questo grande obiettivo. Ebbene, noi abbiamo e avremo bisogno di questo spirito in ogni angolo del nostro meraviglioso pianeta. W Slow Food e W Terra Madre.
Francesco Sottile, Slow Food