(Attilio Scienza)
“Va bene ampliare i vigneti delll'Etna, ma si scelgano solo le zone vocate e soprattutto si metta un tetto alla produzione”.
Parole del professor Attilio Scienza, intervenuto al Wine2wine di Verona e intercettato dalla nostra redazione. Scienza fa il punto sulla situazione del vulcano attivo più alto d'Europa: “L'Etna, all'estero e non solo è una denominazione ed un territorio del vino straordinari – dice – Ne parlano tutti. Forse oggi è la cosa più importante della Sicilia e tra le aree più importanti d’Italia. E può servire da esca per promuovere le altre produzioni enologiche della Sicilia stessa. Ma secondo me bisogna mettere un limite alla produzione”. Secondo Scienza, infatti, il rischio è quello di creare un effetto “bolla”: “Ci deve essere un'offerta di vino coerente con la domanda – spiega – Insomma si potrebbe prendere spunto da Bolgheri che ha fissato il massimo degli ettari vitati a 1.200 e fa vino solo su quei vigneti. Se vuoi quel vino ci devi pensare per tempo e hai solo quella quantità. Il consorzio può fare una simile operazione, ma deve dimostrare di essere davvero determinato”.
L'Etna dal punto di vista geologico è un giovanotto: “Ha 15 mila anni ed è il vulcano attivo più giovane d'Italia – spiega Scienza – E ha una particolarità: cresce continuamente. Non smetterà mai di svilupparsi in altezza. Ci consente, grazie alla sua funzione quasi di aratro che scava nelle viscere della terra, di analizzare questi materiali che poi “sputa” fuori. E anche la distribuzione di queste sabbie permette una rigenerazione di queste terre costantemente. Una caratteristica che non ha nessun altro vulcano”. Altra particolarità dell'Etna è il fatto che non ci sono sedimenti marini: “La maggior parte dei vulcani italiani sono nati uscendo fuori dal mare – dice Scienza – Ad un certo punto hanno sfondato la crosta di depositi marini e tutti questi materiali si sono mescolati a quelli vulcanici. L'Etna no, non ci sono tracce di mare: è puro terreno vulcanico”. A differenza per esempio del Soave, dei Colli Euganei, del Taurasi, del Vulture, in cui i sedimenti vulcanici sono mescolati a quelli calcarei.
Ma c'è di più: “Il Nerello e il Carricante – dice Scienza – danno grandi vini solo perché sono piantati qui. In altre zone non riuscirebbero a far produrre vini simili. Questo perché qui ci sono le condizioni perfette non solo di suolo, ma anche di altitudine, di pendenza, di esposizione che determinano la variabile climatica che rende questo posto unico nel mondo”. Quindi Scienza ribadisce, ok all'ampliamento della denominazione, “ma tutto va pianificato – dice – Non si può pensare di mettere a dimora vigneti ovunque sul Vulcano solo perché è l'Etna. Bisogna selezionare con cura le zone vocate”. Poi una parentesi sui palmenti, secondo Scienza non sfruttati adeguatamente: “Ci sono quelli rupestri che testimoniano la dominazione greca da queste parti e quelli realizzati tra il '700 e l’800 che testimoniano la fase industriale, quando qui si produceva tanto vino soprattutto per soddisfare i francesi colpiti dalla strage della fillossera. Non bisogna ripetere gli errori del passato. Sull’Etna ci si credeva invincibili. E si decisero di piantare vigneti a piede franco perché convinti che la fillossera non sarebbe mai arrivata. Invece arrivò e fu un disastro. E la fine della viticoltura sull'Etna. Ora, alla luce del passato, si pensi bene alle strategie da mettere in campo”.
G.V.