E annuncia l'acquisto di 35 ettari di noccioleto in Alta Langa. Poi saranno vigne per un vino bianco
Angelo Gaja non usa mezzi termini. “Il Vinitaly? Non basta. Serve un grande fiera del vino a Milano, una ogni due anni”.
Lo dice al Corriere della Sera alla vigilia di due grandi appuntamenti: quelli di Verona (dal 9 aprile) e di Düsseldorf, il ProWein (dal 19 marzo). Gaja ama sempre sorprendere come quando invocò il numero chiuso nelle Langhe per i turisti che non conoscono Beppe Fenoglio o quando chiese ai vignaioli siciliani di “lasciar perdere i fondi pubblici, scommettendo su se stessi” (leggi qui). È quasi una provocazione intellettuale anche il suo stand al Vinitaly: “Da molti anni – racconta – non porto il vino, offro bicchieri vuoti, Riedel. È un messaggio di sobrietà, un invito a non oltrepassare i limiti. Quando stappavo bottiglie si formavano code lunghissime, se provavo a far entrare nello stand un cliente importante, sorpassando gli appassionati, nella fila si scatenava il caos. Il Vinitaly è una fiera popolare, consolidata – spiega Gaja – ed è giusto che sia così. In questi anni Giovanni Mantovani, il direttore generale di VeronaFiere, ha fatto un ottimo lavoro, anche all’estero. Non ho nulla contro il Vinitaly. Ma abbiamo bisogno di un appuntamento dedicato ai professionisti del vino, senza l’assalto popolare come a Verona. Un appuntamento che ci metta al centro del mondo. Milano, con la sua vitalità, è la città giusta in questo momento. Non sto parlando di una alternativa al Vinitaly, ma di un nuovo traguardo per il vino italiano”.
Poi annuncia un nuovo investimento, l’acquisto di 35 ettari in Alta Langa, con un noccioleto e, fra qualche tempo, anche vigne per vini bianchi: “Ho pensato alla famiglia e ai prossimi decenni”.
C.d.G.