di Massimiliano Montes
Angiolino (nella foto) è una persona di temperamento. Il carattere deciso ed il suo viso tradiscono una vita costruita col sudore e la fatica.
Roma, 18 febbraio 2012. Alle 14.30 è previsto un incontro con Angiolino Maule riservato a pochi eletti sul tema della solforosa e del territorio. Con Angiolino ci incontriamo prima, la sala è ancora vuota, e ne approfittiamo per una chiacchierata.
“Il vino l’ho sempre amato”, afferma. “Sin da piccolo avevo l’idea di produrlo, ed allora ho aperto una pizzeria per poter accantonare un capitale con cui iniziare l’attività”.
“Ma dai”, lo incalzo, “Angiolino pizzaiolo!”.
“Si!”, sorride, “e la pizzeria andava benissimo, abbiamo guadagnato un sacco di soldi. Solo che invece di comprarmi il macchinone ho acquistato i terreni della mia azienda agricola”.
“Ed i vini naturali? Come ci sei arrivato?”.
“Beh, mio padre era un alcolista e questo ha segnato profondamente la mia vita. Dopo avere comprato i miei primi terreni, nel 1988, ho attraversato un periodo di profonda crisi. Crisi emotiva ed esistenziale. Un uomo mi ha preso per mano e mi ha fatto rivedere la luce: Josko Gravner. Devo molto a lui, è stato una guida sia dal punto di vista umano che professionale. Mi ha fatto capire l’importanza di conservare nel vino tutto ciò che la natura mette nell’uva, aromi e profumi. E mi ha insegnato tecnicamente come fare a coltivare un terreno senza violentarlo, ed a vinificare in cantina rispettando le uve ed il mosto”.
“Però, però… ti faccio una domanda. O meglio ti cito tre produttori: Gianfranco Soldera, Bruno Giacosa, Giacomo Conterno. Nessuno di loro si dichiara apertamente produttore naturale, ma i loro vini sono eccellenti. E’ possibile fare un vino di territorio con metodi non naturali?”
“Conosco personalmente sia Soldera che Giacomo Conterno, e ti posso assicurare che fermentano solo con lieviti naturali, rispettano le uve in cantina, e attuano una politica di non intervento in vigna”.
“Praticamente sono dei naturali non ufficialmente dichiarati?”
“Si”.
“Un’ultima domanda, su una questione ormai annosa. Perché non riunificare le due principali associazioni di vini naturali in Italia, Vinnatur, la tua, e Vini Veri? Qual è il problema?”
“Bea” (presidente del Consorzio Vini Veri).
Comincia la degustazione e ci vengono serviti due vini, due versioni di Sassaia 2007 (Garganega 85%, Trebbiano 15%) ottenute dalle stesse uve, con identici metodi di vinificazione. Una ha un residuo di 18 mg/l di solforosa totale, l’altra non ha solforosa aggiunta. Ci vengono serviti alla cieca, noi non sappiamo cosa c’è nei nostri calici. Eppure all’unanimità decidiamo che il vino nel calice a sinistra ha un profilo aromatico più ampio, intenso, profondo. Quello nel calice a destra è più chiuso, più sottile. Scopriamo poi che il primo era quello senza solforosa.
Altra prova alla cieca, ci vengono serviti due calici di Pico 2009, una splendida Garganega in purezza, provenienti da due differenti vigneti: Taibane e Faldeo. Anche in questo caso l’unanimità della platea percepisce sensibili differenze tra i due, nonostante siano entrambi grandi vini.
Al termine della degustazione la gente è entusiasta. Segue Angiolino che si incammina verso i banchi aperti al pubblico, dove lo aspetta il figlio Alessandro, e dove lui continua ad esternare tutta la sua passione. Vulcanico, come il territorio dove vive e lavora.
La Biancara di Angiolino Maule
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