Ernesto Gentili
Mancano pochissimi giorni all’uscita della Guida ai Vini d’Italia 2013 de L’Espresso curata da Ernesto Gentili insieme a Fabio Rizzari
Un’edizione ricca di novità in libreria dal 5 di ottobre e che verrà presentata l’11 ottobre a Firenze al mercato di San Lorenzo. E’ stata stilata dopo una lunga sessione di degustazioni che ha visto per mesi passare sul banco d’assaggio ben ventimila vini. Gentili stesso ci dà qualche anticipazione sulle performance dell’Italia del vino e sulle Eccellenze 2013, la top classifica, quella dove figurano solo i migliori in assoluto, i vini che hanno ottenuto un punteggio tra i 18 e i 20 ventesimi.
Come ha trovato l’Italia del vino?
“Diciamo che da qualche si è intrapreso un percorso sempre attento a valorizzare i mille caratteri che sono parte del vino italiano. Rispetto ad alcuni anni fa è aumenta la quantità di vini di maggiore personalità e originalità. Non parlo solo di vitigni autoctoni, ma di quei casi dove c‘è un territorio e una mano dell’uomo capace di dare caratteri forti. Però, abbiamo riscontrato che, in maggioranza, i vini che hanno dote di carattere sono di origine autoctona”.
Rispetto agli anni passati la tendenza delle cantine è quella di puntare sugli autoctoni?
“In certe regioni è più evidente che in altre. In buona parte dell' Italia c’è questo tipo di indirizzo, l’obiettivo è quello di realizzare vini che hanno maggiore originalità e che non siano collegabili a un tipo di impronta internazionale. E’ chiaro quindi che è piu facile realizzarli con vini originali che diano delle caratteristiche poco replicabili in altre situazioni. C’è questo tipo di ricerca, ancora non è vistosa ed evidente, ogni anno però si fa un passo in avanti, le aziende tendono a dare più importanza a quel vitigno che dieci anni fa usavano per il taglio. Pensiamo a quello che si sta facendo con il Frappato, in Sicilia”.
Ha riscontrato qualche novità, nuove tendenze nel modo di fare vino?
“Qualche sorpresa c’è sempre. E’ vero anche che il vino ad un certo livello non si realizza dall’oggi al domani, per il pubblico vi sono sicuramente grandi sorprese, per noi invece sono realtà che osserviamo da un po’ di anni, produttori che in determinate zone stanno facendo bene. Comunque posso dire che la sorpresa arriva dai bianchi, hanno superato il gap sui rossi che c’era venti anni fa”.
In cosa sono migliorati e perché secondo lei si sta puntando sui bianchi?
“C'è più attenzione nel farli. E' sempre il mercato a dare questo tipo di indicazioni. In sostanza il mercato nazionale della ristorazione, negli ultimi quindici, venti anni, ha preso una determinata direzione nella proposta della cucina, orientandosi alla leggerezza, basandosi più sul pesce. Questo ha portato anche ad un boom degli spumanti e delle bollicine, non solo italiche. C’è stata una rivalutazione del bianco anche perché ha un costo più accessibile rispetto ad un rosso medio. Questo ha dato la spinta ai produttori a fare bianchi con maggiore attenzione. Prima si facevano bianchi formali, didattici, corretti, oggi invece li troviamo di grande carattere, abbiamo la fortuna di avere tante varietà in Italia”.
C’è una regione in particolare che si è distinta con i bianchi?
“Penso alla Campania. Ha dato ottimi risultati con il Greco di Tufo, la Falanghina. Poi ci sono le regioni classiche la terra del Soave o il Friuli. Ma la Campania sta dimostrando una marcia superiore rispetto al passato. Sta dando vini originali e di un certo carattere”.
Sui rossi che ci dice?
“Il Brunello, il Barolo e il Barbaresco, rimangono i migliori rossi italiani. Le migliori performance di questa edizione si attestano su quei vini. Abbiamo trovato interessanti anche piccole produzioni limitate di vini dolci. Ogni regione ha tipologie di vini dolci particolari e originali, una ricchezza che supera quella francese, per esempio, le cui tipologie di vino dolce sono limitate ai passiti, ai moscato passiti o a vini da vendemmie tardive o ottenuti da uve con muffe nobili. In Italia c’è una tradizione legata a questi vini e noi la sosteniamo. Per esempio mi viene in mente il Marsala, che non riesce a sfondare sul piano dell’immagine, e ogni anno cerchiamo di portarlo all’attenzione del pubblico. Purtroppo il suo status è stato buttato giù da operazioni commerciali di basso profilo. Nell’immaginario collettivo viene associato ad un tipo di vino che non è il vero Marsala. Per trent’anni hanno circolato questi tipi di Marsala. Perché sia successo tutto questo è complesso da definire, ma dobbiamo anche pensare che nel nostro Paese non c’è una forte tradizione nel bere vini di tale calibro, gli stessi Porto non hanno un grande mercato come invece lo hanno in Francia, per esempio. Questo non significa che non si debba insistere con il promuoverlo. Mi capita che quando lo faccio assaggiare agli amici rimangono stupiti”.
Qualche annata interessante?
“Il discorso dell’annata è legato al clima e al vitigno. Si vive in una fase climatica un po’ estrema e questo ha comportato un calo di rendimento di certe tipologie e l’emergere di altre. In alcune zone di latitudine elevata, come il Piemonte o la Valle Isarco, quindici anni fa si aveva più difficoltà a raggiungere certe maturità. In zone come la Maremma il Merlot, che è una varietà precoce, oggi va in surmaturazione. Ci sono annate come la 2009 che ha dato qualche eccesso di calore, e, in alcune zone, ad alcuni vitigni la possibilità di esprimersi al meglio. Comunque sarà interessante vedere i vini che usciranno dall’annata 2010, la più fresca dal 2006 al 2011. Su molti bianchi l’annata 2010 ha dato buoni risultati, ma è da seguire con curiosità su certi rossi, che acquisteranno probabilmente più eleganza”.
Pensando ad una pagellina delle regioni?
“Piemonte e Toscana restano le due regioni che si mantengono su un alto livello. Il Sud ha conquistato qualcosa in più. La Puglia è una regione che è salita, la Sicilia tiene bene. Nel Sud ci sono originalità assolute, più di quanto si possa trovare al Nord. Il potenziale dei vitigni del Sud è tutto da scoprire”.
Passiamo alle etichette d’Eccellenza. In questa edizione quante ne avete elette?
“L’anno scorso erano duecentoventicinque italiane. Quest’anno ce ne saranno sei o sette in più”.
Ce ne anticipa qualcuna?
“Vi anticipo le grandi conferme. La Toscana con il Brunello Poggio di Sotto 2006, il Piemonte con il Barolo 2008 di Giacomo Conterno e andando a Sud un’eccellenza campana, il Pietracupa Fiano d’Avellino 2011”.
Ecco alcune delle etichette che rappresentano l'eccellenza per la Guida ai Vini d'Italia 2013 de l'Espresso:
Brunello di Montalcino Poggio di Sotto 2006
Barolo 2008 Giacomo Conterno
Fiano d’Avellino 2011 Pietracupa
Spaccaforno Eloro Doc 2010 Riofavara