di Clara Minissale
Che il cardo sia rinomato per le sue virtù depurative, protettive e antiossidanti è abbastanza noto.
Che alcune di queste sue proprietà vengano trasferite e amplificate nel miele di ape nera sicula è scoperta più recente. “Si tratta di un aumento di antiossidanti che va da 300 a mille volte in più”, racconta Carlo Amodeo, allevatore e apicoltore a cui si deve la salvezza dell’Apis mellifera siciliana e che ha messo a disposizione una parte della produzione di miele di cardo delle sue api per poter effettuare gli studi sulle sue proprietà. “Quello che è emerso – aggiunge Amodeo – è che alcune sostanze nel miele di ape nera risultano in alta concentrazione e non si tratta di studi improvvisati ma di sperimentazioni fatte dall’Università di Palermo”. A portarle avanti è stata Luisa Tesoriere, professore ordinario del Dipartimento di Scienze, Tecnologia, Biologia, Chimica e Farmacia che ha studiato i mieli di varie specie botaniche. “Abbiamo sottoposto vari mieli ad azione gastrodigestiva simulata, lo stesso processo, cioè di quando li mangiamo, perché questo potrebbe aumentarne o diminuirne il processo salutistico ed il risultato migliore lo hanno ottenuto quelli di cardo e aneto”. Il miele di cardo ha avuto una performance migliore anche rispetto al miele di manuca, considerato “gold standard” per le proprietà salutistiche antibatteriche.
(Carlo Amodeo)
“Nel nostro studio – continua la docente – abbiamo recuperato quella parte di miele che entra veramente in contatto con lo stomaco e la cosa che ci ha sorpreso è che il miele di cardo, nonostante non avesse un contenuto di fenoli altissimo, avesse invece una attività antiproliferativa superiore sulle cellule tumorali. Il nostro test è stato condotto solo su cellule intestinali e solo in vitro quindi ancora questo studio non ci consente di dire che il miele di cardo di ape nera sicula ha proprietà antitumorali, ma certamente può essere usato come coadiuvante. Diciamo che porta le cellule verso uno stato che le rende più protette e si candida ad essere studiato come efficace chemio protettore”.
Ma questo non è l’unico risultato scientifico importante che vede come protagoniste le api nere sicule. Perché Claudia Genovese, chimico ricercatore del Cnr dell’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo di Catania – che si occupa di analisi di composti biologicamente attivi presenti nelle piante tipiche dell’ambiente mediterraneo con lo scopo di preservarne e valorizzarne la biodiversità e individuare molecole di interesse nutraceutico – ha testato che i valori di fenoli e flavonoidi nel miele di ape nera sicula sono più del doppio di quelli del miele della più comune ape ligustica. “Abbiamo analizzato miele di cardo da biomassa. Abbiamo creato un ambiente idoneo alla ricerca che stavamo conducendo e abbiamo fatto il confronto tra i due prodotti. L’ape sicula ha determinato un aumento significativo di diverse caratteristiche di qualità del miele rispetto alla ligustica, tra cui: il contenuto minerale, con un incremento del 53 per cento, il contenuto di fenoli e flavonoidi totali, con incrementi rispettivamente del 122 e 76 per cento, la capacità antiossidante con un incremento pari a 439 per cento. Poi abbiamo fatto un test anche sui mieli commerciali prodotti da entrambi i tipi di api e anche in questo caso il miele di ape nera è risultato con valori superiori. Il nostro intento – spiega la ricercatrice – era capire quanti dei composti bioattivi del cardo venissero trasferiti al miele e abbiamo potuto appurare che come capacità antiossidante, quello di ape nera è di gran lunga superiore rispetto a quello di ligustica. Tutto questo, naturalmente, nell’ottica della biodiversità, non fa che aumentare l’interesse per l’ape nera, sulla quale sono state fatte ancora poche ricerche, oltre ad ampliare le conoscenze sull’aspetto nutraceutico che possiede il suo miele”.
(Ape nera)
E sempre in tema di proprietà del miele della laboriosa ape nera sicula, un altro studio, condotto dal biologo palermitano Sergio Sapienza che ne ha fatto oggetto della sua tesi sperimentale di biologia molecolare, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico di Palermo, ha riguardato il miele di aneto e le sue proprietà antibatteriche. “Abbiamo selezionato ceppi di batteri molto resistenti agli antibiotici che sono in grado di organizzarsi in una sorta di pellicola – spiega Sapienza – e abbiamo verificato come il miele di aneto ne inibisse la crescita riuscendo ad ucciderli. Un’efficacia che è continuata anche diluendo il prodotto con solo il 7 per cento di miele e il 93 per cento di soluzione acquosa. Questi risultati – commenta il biologo – sono molto simili a quelli ottenuti dal miele di manuca che è l’antibatterico più pubblicizzato al mondo. A questo punto abbiamo cercato di capire quale componente del miele avesse questo effetto e abbiamo appurato che sono dei peptidi. Naturalmente questi studi dovrebbero essere approfonditi – conclude Sapienza – per potere avere altre informazioni utili sulle proprietà di questo miele, sulla sua efficacia e sul suo impiego”. “Si tratta di tre studi – commenta Carlo Amodeo – che già dimostrano le straordinarie potenzialità del miele della nostra ape nera ma che avrebbero bisogno di essere portati avanti e approfonditi affermarne la validità scientifica”.