di DoctorWine
L’origine del pinot bianco è stata per molto tempo discussa, ma oggi sembra appurato che, come anche il pinot grigio, derivi da una mutazione genetica del pinot nero.
Eppure per decenni questo vitigno è stato confuso con lo chardonnay – con il quale ha in comune diverse caratteristiche – tanto che fino a una quindicina di anni fa veniva identificato come pinot-chardonnay.
A seguito della fillossera con il reimpianto delle viti la confusione in merito ha portato a vigneti in ampie aree del settentrione con entrambe le varietà insieme, o l'una al posto dell'altra, per la scarsa attenzione dei vivaisti. Per questo motivo, solo negli anni ‘80, fatta ormai chiarezza, è comparso negli albi delle Doc. Originaria della Germania, dove riesce ad esprimere i migliori risultati qualitativi in senso assoluto, quest'uva è diffusa in Alsazia ed nelle zone vinicole del nuovo mondo. In Italia è coltivata in Lombardia, Veneto, in Friuli e in Trentino Alto Adige. Nel Settecento i Lorena, granduchi di Toscana, ne incoraggiarono la diffusione nella regione: oggi si ritrova nella Doc Pomino, anche se è abbastanza diffuso come vino da tavola di pregio.
I più apprezzati Pinot Bianco sono comunque quelli provenienti dalle zone più vocate del Friuli e dell'Alto Adige, dove il vitigno riesce ad esprimersi, grazie anche alle basse rese per ettaro, come un grande bianco, grasso e strutturato, ma anche di grande mineralità ed eleganza. Esprime le sue migliori caratteristiche nell'arco di qualche anno dopo la vendemmia.
Perfetto per la spumantizzazione, lo ritroviamo nelle cuvée degli spumanti più apprezzati, come quelli di Friuli, Trentino e Franciacorta, ottimo sostituto del francese pinot meunier negli spumanti metodo classico.
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