Che l’alimentazione rappresenti un tassello importante che contribuisce alla qualità della vita è risaputo, o dovrebbe esserlo.
La curiosità di indagare su questo e su altri fattori di benessere sociale ha dato vita al “Rapporto BES 2013”, studio realizzato da Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) e dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica). A tal scopo l’indagine considera 12 aree di analisi per dimensionare il livello di “benessere equo sostenibile” della società italiana: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi. Come si inserisce l’alimentazione in questo scenario? Il suo posto è nella sezione relativa alla salute, in quanto strettamente legata alle abitudini alimentari e alla qualità della vita che ne consegue. Fin qui tutto lineare, tutto fila. Si può pensare che in Italia sia facile mangiare bene, i prodotti di qualità sono a nostra disposizione, il paniere alimentare è ricco e variegato. L’Italia è la culla della dieta mediterranea, quindi non si dovrebbero avere sorprese. Invece non è così.
Innanzitutto, si scopre che meno di 2 italiani su 10 sanno che le linee guida per una sana alimentazione raccomandano il consumo quotidiano di almeno 4-5 porzioni di frutta, verdura e legumi freschi , così come indicato dall’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran). Ne consegue che ben 8 su 10, quindi, non assumono una giusta quantità di questi alimenti. In Italia nel 2011, infatti, solo il 18,4% della popolazione consuma quotidianamente una proporzione adeguata di frutta, verdura e legumi, indispensabili per la corretta alimentazione. E qui sbucano anche le “proverbiali” differenze tra nord e sud, che si tenta sempre di contraddire ma in questo i caso i numeri parlano chiaro. I residenti del nord si mostrano più attenti al consumo di frutta, verdura e legumi: nel 21,1% dei casi rispettano le dosi consigliate, superando, perciò, la media nazionale. Le regioni meridionali, vocate alla coltivazione di questi prodotti che fanno, superano questa media? I conti non tornerebbero. Infatti, solo il 14,4% dei residenti delle regioni del mezzogiorno rispettano le dosi consigliate.
Ma lo stile di vita alimentare si abbina necessariamente con l’attività fisica. Ed ecco la seconda sorpresa. Davanti ad una domanda su quanti italiani possano essere obesi e sedentari, non avremmo azzeccato la risposta: in entrambi i casi in media 4 su 10 sono obesi e sedentari, concetti che spesso viaggiano a braccetto. Qui il dubbio su come si comporta la popolazione del nord e del sud. Se si parlava solo di alimentazione si poteva immaginare (sbagliando) che il clima mite delle regioni meridionali poteva favorire la produzione ed il consumo di frutta e verdura. Ed ora, se si parla di sedentarietà? Il risultato, purtroppo non cambia. Il mezzogiorno è pigro! In Italia uno stile di vita sedentario riguarda il 40,3% della popolazione (dai 14 anni in su) e l’obesità il 44%. Il picco è al sud: la metà dei residenti è pigra ed obesa. Cioè il 54,4% della popolazione meridionale che conduce una vita priva di attività fisica è in sovrappeso. Nelle regioni del nord, invece, i sedentari sono “solo” il 29,5% della popolazione, obesa nel 41,9% dei casi. Se, poi, ci si sofferma sui target di popolazione per età, si scopre, purtroppo, che sono i giovani, il futuro della società, i più sedentari e i meno attenti alla dieta, ed in questo caso a prescindere dal luogo in cui si trovano. Insomma, ne esce un mezzogiorno poco attento alla qualità della vita alimentare e pigro, che dimentica quella dieta mediterranea che fa parte della propria identità culturale.
L. B.