L’Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia presenta al Sol di Verona un’etichetta di Olio Extra Vergine di Oliva che fa presente il paradosso dell’ultima normativa comunitaria sulla commercializzazione dell’olio.
Riporta l’origine in tutto e per tutto siciliana del prodotto, dall’ulivo, alle olive, al processo di lavorazione e confezionamento.
Un messaggio chiaro dell’ente che adesso dovrà occuparsi anche di certificazione dell’olio sull’Isola. Una presa di posizione per difendere l’identità territoriale dell’oro verde e della sua storia millenaria contro leggi che vorrebbero, con un colpo di spugna, livellare il valore determinante la qualità: la terra d’origine.
Secondo quanto disciplinato dall’UE, e poi normato in Italia, si impedirebbe di indicare la provenienza territoriale dell’olio.
E qui appunto starebbe il paradosso o l’”assurdità”, come tiene a precisare una nota dell’Istituto. Come previsto da queste leggi un prodotto fatto negli USA potrebbe riportare in etichetta un riferimento alla Sicilia, inducendo il consumatore a credere erroneamente che si tratti di un prodotto siciliano mentre l’Olio Extra Vergine di Oliva realmente prodotto da una filiera totalmente siciliana, dall’ulivo al confezionamento finale, non potrebbe ricomunicare in etichetta che si tratta di un prodotto siciliano autentico. Una legge che non difenderebbe affatto il Made in Italy dal fenomeno della contraffazione di cui è vittima all’estero.
“Si continua a considerare l’olio solo un ammasso di grasso piuttosto che un prodotto da tutelare e valorizzare sia per la sua identità sia per le sue caratteristiche qualitative. Questo è il risultato dell’internazionalizzazione. Non possiamo disciplinare i diametri dei fagioli e dimenticare che siamo nello scenario internazionale dove l’identità conta più di tutto il resto. Troppo diritto produce ingiustizia”, commenta il direttore dell’Irvos e dirigente all’assessorato regionale all’Agricoltura Dario Cartabellotta.
La provocazione ben chiara sull’etichetta che porterà l’Istituto a Veronafiere sottolinea che il prodotto è destinato esclusivamente alla esportazione in paesi extra UE dove si applicano le norme di commercializzazione dei prodotti alimentari vigenti in quei paesi. Sottolineando come invece l’applicazione delle normative comunitarie danneggino il prodotto stesso.
“Con questo ultimo regolamento europeo sull’olio extravergine è come se avessero fatto il regolamento del vino sfuso, secondo il quale a secondo da dove lo si acquista e lo si manipola o lo si tratta c’è comunque il prodotto finale. L’Unione da un lato ha spinto molto per migliorare la qualità facendo nascere le denominazioni protette, ma con questo ultimo regolamento ha decisamente fatto un passo indietro”.
C.d.G.