Il bulletto della scuola.
Ecco a cosa è stato paragonato il Bordeaux. L’icona di Francia, il vino da sempre status symbol per tanti wine lover e ricercato da tanti collezionisti di tutto il mondo, di fatto intimidisce la maggior parte dei consumatori. Sull’appeal che oggi esercita il Bordeaux, che non sta vivendo bene in questi ultimi tempi, a livello di quotazioni, e che riceve i favori dai facoltosi asiatici, riflette Jason Wilson, autore delle guide di vino Planet of the Grapes. In fondo, esprime gli stessi pensieri che alcune penne del vino condividono con i loro lettori da qualche tempo.
In un suo articolo si chiede se il re dei rossi sia ancora in grado di conquistare i consumatori di oggi, come fece, a metà degli anni ‘80, con i wine lover statunitensi in piena epoca parkeriana. Troppo impegnativo, troppo costoso, l’uno si confonde con gli altri perché appaiono tutti con la stessa veste grafica, stessa etichetta, simili illustrazioni sulla bottiglia, tanto che, scrive in modo ironico Wilson, si arriva alla fine ad avere una sfilza, una serie di “Château du Something Something, Château du Blah Blah Blah, Château du Frenchy French”.
Wilson fa le sue considerazioni alla luce di confessioni esternate da amici bevitori e ristoratori. Oramai il vino è percepito solo come frutto di un certo snobbismo e alcuni autorevoli critici lo hanno anche definito come un Blockbuster di Hollywood. Come riporta l’autore dell’articolo, ci sono stati addirittura certi Bordeaux che sono stati fischiati quando ad alcune aste si è annunciato il valore di partenza. E in certe prestigiose ed esclusive carte dei vini è l’illustre assente. Pontus Elofsson, il sommelier e consulente di vino del Noma di Rene Redzepi, al rosso francese ha bandito l’ingresso al ristorante. Wilson, poi, lamenta anche il piglio elitario di chi produce Bordeaux o degli estimatori, e racconta nell’articolo un dialogo avuto con Il principe Robert Luxembourg di Château La Mission Haut-Brion per il quale “non è ammissibile che chi scrive o si intende di vino non abbia mai approfondito il Bordeaux e il suo territorio”. Poi, riporta anche l'ansia da prestazione dei produttori stessi, piccoli o grandi che siano, che devono produrre Bordeaux che siano all'altezza a tutti i costi, da massimo dei punteggi. La riflessione di Wilson approda alla considerazione finale sul rapporto qualità/prezzo. Il Bordeaux rimane sempre il pilatro dell'enologia mondiale ma gli enoappassionati di oggi si orientano su vini più facili, ben fatti e più abbordabili, si avvicinano alle etichette senza preconcetti, incuriositi anche da quelle che provengono da Nuovo Mondo o dai mercati emergenti.
Qui l'articolo integrale in lingua originale riportato da Wine Searcher: cliccare qui.