Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La provocazione

Ecco il decalogo (semiserio) del buon chef. Edoardo Raspelli: “Vi racconto le mie 10 regole”

18 Agosto 2016
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Continua il nostro “viaggio” alla scoperta dei decaloghi (semiseri) del buon cliente, buon maître, buono chef, buon sommelier e buon pizzaiolo.

Oggi un notissimo personaggio della televisione, come Edoardo Raspelli, giornalista e tra i più bravi ed apprezzati critici enogastronomici (tanto che voci di corridoio affermano che si sia assicurato gusto ed olfatto per 500 mila euro), ci aiuterà a stilare un decalogo con le regole del buon chef. Il comandante della cucina, lavora spesso all'oscuro dai clienti, ma dalla riuscita dei suoi piatti dipende il successo del ristorante. 
Terzo appuntamento, dunque, con la nostra serie dei decaloghi, dopo quello sul buon cliente con Alessandro Pipero (leggi qui) e del buon maître con Enzo Vizzari (leggi qui).

Un buono chef rispetta le regole delle 3 T
Ho depositato uno slogan che spesso mi viene scopiazzato, si tratta della regola delle 3 T. Lo uso anche per gli chef: Terra, territorio e tradizione. Nei piatti che presentano devono esserci in giuste dosi queste tre componenti
 

Un buono chef dice stop alla fantasia sregolata
Fantasia al potere si diceva, ma qui mi pare che si stia esagerando. Gli chef, adesso, prendono una ricetta, accostano ingredienti spesso casuali e la stampa gastronomica fa complimenti a go go. Quando, molto spesso, i piatti sono davvero orripilanti
 
Un buono chef non usa nel menu “paroline strane”
Ok, leggere mousse va bene. Ma non tollero leggere schiuma, aria, fumo, arrosto di (qualche cosa non identificata). Ne ho le scatole piene. Una terminologia terrificante
 
Un buono chef non pensa di esser il più bravo, se lo fa dire
Stop al nazionalismo. I nostri vini… I nostri oli… Ecc ecc… Valorizziamo il nostro territorio, utilizziamo i nosri prodotti e che siamo i più bravi facciamocelo dire dagli altri.

Un buono chef non fa paragoni 
Cucina e basta. Non pensa ai colleghi francesi o spagnoli. Se lo fa con i prodotti regionali prima e nazionali poi, è meglio

Un buono chef dice basta ai prezzi alle stelle
Bisogna tenere conto di tutte le persone. Lo stesso discorso vale per noi giornalisti che dobbiamo tenere conto non dei vertici, ma di tutti: a me non frega niente di mangiare da Bottura o da Cracco. Io giro, dalla Sicilia e dalla Lombardia, cerco di trovare dei posti che siano alla portata di tutti. La ristorazione punti al vertice, ma non faccia inutili voli pindarici.
 
Un buono chef fa capire alla gente cosa gli ha dato da mangiare
Bisogna stare molto attenti. Lo chef deve istruirsi e deve istruire la gente, deve raccontare, attraverso quel prodotto che gli sta servendo, il territorio dove è stato prodotto

Un buono chef usa un linguaggio nel menu sempre chiaro
Non  scrive “spaghetti a modo mio”, “lasagne della nonna”. Basta. Si dica con chiarezza che tipo di piatto stiamo mangiando
 
Un buono chef va in televisione, ma si ricorda di essere un artigiano della cucina
Ok ai vari masterchef o similari, ma gli chef si ricordino che il loro mestiere principale è dare piatti alla gente. Non credetevi poeti, siete dei buoni artigiani, andate pure in tv, ma accertatevi di aver fatto scuola e, soprattutto, che i vostri discepoli che lasciate in sostituzione nel vostro locale, siano alla vostra altezza

Un buono chef non diventa cuoco dall’oggi al domani
Non tutti possono diventare chef, così come non tutti possono diventare critici gastronomici. Ormai tutti utilizzano strumenti come Tripadvisor e si sentono grandi giornalisti e critici. Io mi ritengo il critico gastronomico più largo e più bravo, ma non so cucinare. Così come Vittorio Sgarbi è il migliore critico d’arte, ma non sa dipingere

Giorgio Vaiana