Non ci stanno e insieme decidono di fare sentire le proprie ragioni, di difendere la loro categoria e di spiegare il loro modo di fare il vino.
Non ci stanno alle analisi sul vino naturale pubblicate in due editoriali da Eleonora Guerini, Michel Bettane e Thierry Desseauve pubblicati sul Gambero Rosso nel numero di gennaio, e che accusano i vigneron di “spacciare la loro bibita per la verità del terroir”. Hanno firmato in centinaia e sono i produttori che fanno parte di: associazione Renaissance Italia, Vinnatur, associazione Vi.Te e consorzio Viniveri.
Stanchi delle ennesime bollature e dubbi sulla qualità dei vini naturali, sui loro presunti difetti e sui metodi di produzione. Così ribattono in un passaggio della lettera: “La parte tecnica della polemica è davvero indifendibile: quali sarebbero i metodi “nuovi, ‘naturali’ e innovativi” utilizzati per stabilizzare i vini naturali? La lunga permanenza in botte sulle fecce (una pratica usata da secoli, dall’Etna alla Loira)? Nello scritto di Bettane e Desseauve si dice addirittura che con la vinificazione naturale “tutti i vitigni e i territori finiscono per somigliarsi perché i cattivi lieviti indigeni con i quali sono realizzati, così avidi di cannibalizzare quelli buoni se il vinificatore li lascia fare, sono gli stessi in tutto il pianeta”! La tesi implicita in questa singolare affermazione sarebbe che una “selezione” di lieviti, ovvero una piccola parte dell'intera popolazione dei lieviti stessi, generi una “varietà” di effetti maggiore. Perdonateci l’ironia, ma sarebbe come dire che bisogna eliminare tutti i tasti neri del pianoforte (quelli “alterati”) se si vogliono comporre opere più complesse…E non parliamo neanche della vigna, dove – lo scrivete voi stessi – il fatto di limitare al massimo o di escludere del tutto diserbanti, pesticidi, fertilizzanti è un semplice atto di buonsenso”.
Sul tanto discusso termine “naturale”, che vede spaccarsi in due fazioni di pensiero critica e produttori, i vigneron tengono a precisare: “…crediamo che sia comunque sensato, addirittura fondamentale parlare della maggiore o minore “naturalità” di un vino, visto che la legge permette di aggiungere al mosto una quantità impressionante di sostanze, diverse decine. Se fosse possibile indicare in etichetta le sostanze aggiunte all’uva (o anche solo le sostanze che il produttore decide di non utilizzare), ognuno avrebbe gli strumenti per giudicare quanto un vino sia effettivamente naturale”.
E avanzano una loro ipotesi sulla natura delle critiche o degli “attacchi” mossi al mondo del biologico e del biodinamico.
“Non crediamo sia un caso il fatto che la crisi, per il settore del vino naturale (settore minuscolo, sia chiaro), si avverta in modo molto meno evidente. Sarà questo il motivo per cui questo piccolo mondo artigiano sta subendo tanti attacchi, e per cui si cerca sempre più insistentemente, violentemente di screditarlo?”
Poi reclamano il confronto: “Noi siamo convinti che un atteggiamento critico sano ed aperto debba essere quello del confronto, della volontà di capire un fenomeno in espansione esaminandone pregi e difetti (non pensiamo affatto di non averne) e informando il pubblico in modo obiettivo, invece di gridare a ogni piè sospinto le parole “difettoso”, “volatile”, “ossidazione””.
La polemica scoppia a poche settimane gli appuntamenti nazionali con i vini naturali in programma ad aprile.