E pensare che nel dicembre 2002, quando il Senato diede il primo via libera alla devolution, le cronache del tempo raccontano di un Bossi brindante a champagne nello studio di Roberto Calderoli.
Niente prosecco autarchico, le battaglie etnico-gastronomiche sarebbero arrivate molto dopo. All’epoca le bollicine d’oltralpe erano le più appropriate per salutare una svolta storica. Ancora champagne volle il senatur per un’altra occasione importante: il suo matrimonio con Manuela Marrone. Era il secolo scorso, 1994, allora per il leader leghista i francesi erano soprattutto discendenti dei Galli e quindi parte del grande popolo celtico, dove la mitologia leghista pretende esistano le radici etniche dei lumbard. Oggi la musica è completamente cambiata, di fronde alla poca solidarietà di Asterix e compagni di fronte all’emergenza immigrazione, Bossi manda al diavolo le comuni radici nordiche e rispolvera lo spirito dei Vespri siciliani auspicando una guerra commerciale. «Si fa bene» a boicottare i prodotti francesi. «Anche i francesi hanno boicottato il latte padano. Chi la fa l’aspetti…». Ha detto Umberto Bossi conversando con i cronisti a Montecitorio. Non siamo di fronte a uno scatto di nervi della politica italiana che da anni osserva i francesi comprare uno dopo l’altro tutti i gioiellini italiani (ultimo in ordine di tempo Bulgari comprato da LVMH e la scalata di Lactalis a Parmalat bloccata dal colbertismo del ministro Tremonti). La battuta del senatur piuttosto si colloca sulla scia di uno dei suoi golden boy, il governatore del veneto Luca Zaia che già aveva lanciato l’idea di boicottare i prodotti francesi. Il boicottaggio e l’appello all’autarchia è una battaglia cavalcata dalla Lega negli ultimi anni a ondate mediatiche. Abile in questo soprattutto Zaia che quando presidiava il dicastero dell’agricoltura, oltre a prendersela con ananas, prodotti extracomunitari e ristoranti entici, è riuscito scalzare lo champagne dai brindisi televisivi di fine anno imponendo le bollicine nazionali. Inutile negarlo il prodotto francese più invidiato è sempre stato lo Champagne con cui lo spumante italiano è da un paio d’anni sul testa a testa. Quest’anno l’Italia ha aumentato le sue importazioni di champagne con un incremento del 5,6% passando da 6.803.419 bottiglie del 2009 alle 7.183.113 (dati del Comitè Champagne, CIVC). Ma anche su vino, formaggi e prodotti di alta moda c’è battaglia perenne. Sul vino l’Italia è più autarchica che per le bollicine, resta fedele a Barolo e Falanghina e non Bordeaux e Chablis. Nel 2010, infatti dalla Francia ha importato vino per 26,5 milioni di euro e ne ha esportato verso la Francia ben 64,3 milioni. Ancora meglio vanno i formaggi con esportazioni italiane a 105 milioni di euro e importazioni dalla Francia della metà 52,5 milioni: come dire Mozzarella e Parmigiano battono Roquefort e Camembert. Bene anche i prodotti tessili: nel 2010 l’Italia ha esportato verso la Francia per 800 milioni di euro e ne ha importati per 271,7 milioni (dati Ice), anche se molti marchi italiani sono diventate prede di maison parigine (da Ferrè a Fendi, da Gucci a Bottega Veneta). Insomma da una guerra commerciale abbiamo ancora da perdere visto che la bilancia commerciale Italia-Francia al momento va proprio bene con l’Italia in vantaggio e un saldo attivo pari a circa 8,6 miliardi di euro. In assoluto l’Italia esporta merci verso la Francia per circa 39 miliardi e importa dalla Francia merci per 30,3 miliardi.
La polemica