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La novità

Il gin prodotto in Italia: la “folle” idea di alcuni produttori di grappe

08 Settembre 2015
gin gin

Comincia a parlare italiano il gin, il distillato nato nei Paesi Bassi, nel ‘600 e oggi tra i prodotti portabandiera di Londra.

Stanno nascendo piccole produzioni con aromi mediterranei, in Italia come in Spagna, per questi calici forti, chiari, tipicamente incolori, prodotti dalla distillazione di un fermentato ottenuto da frumento ed orzo in cui viene messa a macerare una miscela di erbe, spezie, piante e radici: i cosiddetti botanicals. Tra questi, le bacche di ginepro che caratterizzano il profumo e il gusto e danno il nome al distillato. Bacche, peraltro, molto diffuse nei boschi e sottoboschi italiani. E proprio guardando al patrimonio di biodiversità dei boschi del Trentino, che Bruno Pilzer, distillatore di grappe del territorio dal 1957, ha cominciato a pensare al gin.

''Io sono nato con la grappa – racconta Pilzer – e in Val di Cembra c'è una lunga tradizione di distilleria. Accanto alle grappe da monovitigno, io e mio fratello Ivano nel 2003 abbiamo intrapreso la strada della diversificazione dando il via alla produzione di un brandy con nove anni di invecchiamento e le acquaviti di frutta. L'idea di fare gin ci è venuta all'estero: il mercato è molto attento a questo prodotto-simbolo inglese che trova espressioni anche in tutto il mondo, Australia compresa. Noi siamo una piccola realtà, e col Gin Pilz (fungo in tedesco) non vogliamo tradire le nostre origini. Anzi, nella nostra ricetta il grosso arriva dai boschi trentini e l'acqua è di qualità essendo delle Dolomiti. In distilleria inoltre la produzione di gin e di grappa vanno d'accordo perché in gin si può fare in qualunque momento, a prescindere dall'arrivo di vinacce, e così occupiamo lo stabilimento in più periodi. L'esperienza del taglio della testa e della coda per ottenere un distillato forte, ma di qualità torna poi utile anche per il gin. Che, essendo un prodotto internazionale, può essere di traino – auspica Pilzer – per aprire il mercato della grappa. Il nostro gin parla poi anche ai giovani. Mio figlio gioca a curling, e l'etichetta trasparente evoca la pista ghiacciata in questo gioco complicato dove ghiaccio e gin funzionano bene insieme''.

Anche in Veneto, nell'altopiano di Asiago, la distilleria storica della famiglia Poli si sta cimentando col gin, producendo artigianalmente il Marconi 46 da un'infusione di bacche di ginepro, uva moscato, pino mugo, pino cembro, menta, cardamomo e coriandolo. Mentre l'altoatesino Roner crea un ponte tra le Alpi e il Mediterraneo col suo gin, lo Z44, dove le pigne incontrano i fiori d'arancio.

Prende invece il simbolo di Madrid, l'orso, Ginbear, il gin tonic 100% madrileno messo a punto da Javier Pulido, Master of Spirits e docente alla scuola “Alambique de Santa Marta”. ''Mi piace molto il gin – dice il giovane produttore spagnolo – anche se in giro c'è molta porcheria. Per dimostrare che si può lavorare bene un prodotto sempre più richiesto per i cocktail raccogliamo a mano la frutta, e utilizziamo solo alcol di alta qualità rettificato al 96% per poi distillare in alambicchi di rame. In macerazione vanno circa 20 ingredienti che spaziano dalla spezie alla frutta locale. Ma il segreto è il riposo, minimo un mese per far unire gli aromi. La Spagna – sottolinea Pulido – è il primo Paese al modo per consumo di gin tonic, il terzo per consumo di solo gin. Le nostre prime 6mila bottiglie, uscite a gennaio 2015, sono ricche di aroma mediterranei. E questo piace ai consumatori ma anche ad altri produttori di alcolici, al punto da registrare il sold out nei corsi per produrre gin. I più interessati, i sudamericani''.

C.d.G.