Monica Bianca, Pansale, Lacconargiu, Licronaxiu. Ancora, Bovali mannu, Niedda manna, Girò, Nieddu polchinu: vitigni autoctoni minori, ricco patrimonio di biodiversità che ha pochi eguali al mondo, ma è poco valorizzato. Ora arrivano i primi risultati di un progetto triennale di ricerca che sta rivalutando queste e altre uve destinate altrimenti a diventare solo rami secchi da eliminare.
“Akinas, Anticas Kastas de Ide pro Novas Arratzas de inu de Sardinna” (Antiche varietà autoctone di vite per ottenere nuove tipologie di vino in Sardegna), ideato da Agris Sardegna, coinvolge il dipartimento di Biotecnologia e Bioscienze dell'Università Bicocca di Milano e il centro di Ricerca per l'Enologia Cra-Eno di Asti. Nei giorni scorsi a Villasor sono stati illustrati i primi risultati. Oltre a salvare dall'oblio un patrimonio tanto vasto, i primi prototipi di vino hanno svelato delicate e intense gamme di profumi e sentori in grado di dare quel tocco di pregio in più ai vari Cannonau, Vermentino, Carignano.
Molto particolari alcune note olfattive dei vini ottenuti: effluvi di miele, acacia, agrumi, ciliegia, ma anche banana e frutti tropicali. Sapori nuovi uniti a quelli tradizionali ottenuti grazie a sconosciuti vitigni autoctoni, varietà di uve minori date per scomparse o di cui non si conosceva l'esistenza.
Qualche esempio? “Il Nigheddu presorju – spiega all’Ansa Gianni Lovicu, ricercatore dell'Agris e coordinatore scientifico del progetto – potrebbe dare colore a certi vini un po’ smunti, la Mora bianca apportare sentori fruttati, tipicamente tropicali e floreali ai vini bianchi. C'è poi la Barriadorgia, varietà coltivata nel Goceano: ad Ozieri, dove la chiamano Alvarega, dà un eccellente vino bianco che comitati locali hanno cominciato a commercializzare. Con queste varietà riscoperte non è più necessario andare a ricercare uve internazionali per dare personalità alle nostre produzioni. Conoscere la biodiversità viticola sarda sta diventando un imperativo che molti produttori stanno sposando con entusiasmo”.
“Noi – rileva Lovicu – stiamo lavorando per caratterizzarla geneticamente e chimicamente, evitando che possa essere oggetto di pirateria genetica, e poi ottenerne dei vini, veri e propri prototipi, che possano suggerire idee e prodotti alle aziende sarde”.
Al momento sono stati censiti circa 150 vitigni. Tanti altri sono ancora allo studio. “La biodiversità é una risorsa economica concreta per l'Isola – prosegue l'agronomo – pensare di avere numerosi vitigni autoctoni e non utilizzarli è come far rombare il motore di una Ferrari, senza farla correre”.
C.d.G.