Dario Pistorio e Angelo Mascali
Quello che vedete nella foto è una preparazione cardine della gastronomia siciliana.
È un arancino di riso preparato con la ricetta classica, ovvero riso bollito in acqua, sale e condito con burro e grana e poi lasciato raffreddare. Ma la peculiarità di questo arancino sta nel fatto che gli appartiene una caratteristica che non si registrava da più di centoventi anni. Perché il riso contenitore di quel ghiotto ragù è tornato ad essere un “Riso siciliano”.
Angelo Mascari mette il ripieno
È un’Arborio di Sicilia che Angelo Mascali della pasticceria Pistorio di Catania ha preparato per Cronache di Gusto. Una delle prime confezioni di riso che l’azienda Agrirape di Angelo e Giuseppe Manna di Leonforte produttrice del riesumato riso di Sicilia sta per mettere in commercio ma che sarà difficile procurarsi perché pare siano state nella quasi totalità già prenotate. Un arancino cento percento autoctono dunque che si riappropria della sua appartenenza ovvero della tradizione originaria che riconosce la paternità tutta siciliana di questa ricetta. Anche se agli Arabi va riconosciuto il merito di averlo portato lì. Un arancino più che possiamo dire storico. È nato alle 16 e 38 di venerdì 23 dicembre a Catania in Piazza Ariosto n.16 nel laboratorio sotterraneo di uno dei bar-pasticceria simbolo della Sicilia orientale quello di Francesco e Dario Pistorio. Un arancino capricorno ascendente sagittario. Gli astro-cuochi gli hanno pronosticato un futuro favorito dalla sorte. Ha una personalità dai caratteri tipicamente sicilianissimi. Un parto che andrebbe raccontato con lo stesso stile con cui Andrea Camilleri ha raccontato gli “arancini di Adelina”. Anche loro, i cuochi del Pistorio, ci hanno messo “due jornate sane a pripararlo questo arancinu“. Ieri hanno fatto un “aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che stesi a còciri a focu lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico“.
Mascali mentre versa il riso sul piano
E oggi davanti ai nostri occhi “prìpararu u’ risotto, quello che chiamano alla milanisa (senza zaffirano pi carità!)”. Ma l’emozione più grossa è stato il vederlo versare sul piano questo “Arborio di Sicilia” . Ed è qui che l’Arancino di Adelina col “Riso siciliano” ha preso forma. Il suco della carne ca’ s’ammisca col risotto. Un’ emozione indicibile quel cucchiaio di composta che si copre con dell’altro riso a formare una bella palla. E giù nell’olio dopo una passata, prima nella farina, poi nel bianco d’ovo e pane grattato. Ultimo atto “una padeddra d’oglio” bollente lasciato fino a quando “pigliano un colore d’oro vecchio”. E anche qui c’è stato il magico momento di quando “ringrazziannu u Signuruzzo” lo si è potuto degustare.
Stefano Gurrera