Successo per i vini rossi, ma i più ricercati dai visitatori del salone sono stati quelli dolci
Una fiera pensata essenzialmente per far conoscere agli importatori cinesi le cantine dell'area del Mediterraneo che intendono entrare nel mercato asiatico.
E viceversa. Vinisud-Asia 2013, l'appuntamento di Montpellier riproposto per la prima volta a Shanghai è stata essenzialmente un'occasione d'incontro per gli addetti ai lavori. Non molte le presenze, anche se selezionate, hanno sottolineato gli organizzatori (la notizia sarebbe stata se avessero dichiarato il contrario) e confermato gli espositori.
Nonostante la fiera si sia presentata e pubblicizzata come una vetrina dei prodotti del Mediterraneo, la stragrande maggioranza delle cantine presenti è arrivata dal sud della Francia. La cerimonia d'inaugurazione è stata un alternarsi di autorità francesi e cinesi, tra cui il console di Parigi a Shanghai Emmanuel Lenain e il vice presidente del Ccpit Shanghai (China Council for the Promotion of International Trade) Wang Lie.
Ai produttori della Linguadoca, della Provenza e delle varie regioni vinicole che costellano il corso del Rodano, si sono accodati alcuni singoli vignaioli italiani e la Regione Sicilia, che tramite l'istituto regionale del Vino e dell'Olio, ha riunito e portato a Shanghai otto cantine (qui la lista completa http://www.cronachedigusto.it/archiviodal-05042011/365-la-fiera/9873-al-via-vinisud-asia-2013-a-shanghai-protagonisti-i-vini-del-mediterraneo.html).
“Abbiamo pensato che venire in Cina con i francesi potesse essere un'occasione per attirare interesse anche verso i nostri vini”, ha detto a Cronache Giuseppe Milazzo, fondatore della casa vinicola omonima. L'azienda agrigentina ancora non esporta in Cina ma vorrebbe ampliare il mercato a Oriente, soprattutto a causa del calo del consumo di vino in Italia. “Abbiamo ricevuto alcune proposte interessanti ma dobbiamo valutare e informarci sulla serietà degli importatori. Se avessero dei bilanci certificati o altre garanzie da presentare sarebbe diverso, ma molti sembrano essere avventurieri. Qualcuno ci ha addirittura proposto il pagamento del carico in tre rate, due delle quali col prodotto già in Cina”.
Altre cantine sono invece già presenti sul mercato cinese ma cercano ulteriore visibilità in una realtà che può offrire grandi guadagni. Il passaggio fondamentale per riuscire a inserirsi sembra trovare il canale giusto e valutare attentamente le “grandi promesse” che si ricevono. Gli importatori e i distributori si stanno moltiplicando e secondo i produttori non tutti sono molto competenti. “Molti chiedono la scheda del vino, il prezzo e se ne vanno, spesso senza neanche assaggiarlo”, ci ha raccontato Hiba Salloum di Chateau Florentine, unica produttrice libanese presente. “Non poche persone appena sentono la cifra rispondono che con lo stesso importo possono comprare un vino francese, oltretutto con la bottiglia personalizzata”.
Per quanto riguarda i vini italiani, a sfruttare la reputazione di un nome conosciuto sono soprattutto i produttori di Amarone e Barolo, “il più apprezzato” secondo Bernard Verduzier, rappresentante della Parasol wine di Marsiglia che oltre ad alcune bottiglie piemontesi esponeva sul bancone vini di Provenza e Valle del Rodano.
Tutti gli espositori con cui abbiamo parlato, sia italiani sia stranieri, hanno testimoniato il maggiore interesse del pubblico verso i rossi piuttosto che verso i bianchi. Gli appassionati del vino di Shanghai sono apparsi inoltre divisi tra neofiti alla ricerca di vini più facili e molto economici e altri, spesso di educazione occidentale, desiderosi di scovare prodotti più strutturati da abbinare a piatti complessi. La parola più sentita in fiera è stata comunque 'sweet' e sui tavoli del Palazzo Mediterraneo, la sezione adibita alla degustazione libera, intorno alle 11.30 era già impossibile trovare bottiglie di vini dolci con ancora qualche goccia dentro.
Bianca Mazzinghi