Avrà come immagine la mela di Newton la IX edizione del Salone del Gusto. Il simbolo che sintetizza il tema dei “Cibi che cambiano il mondo”.
Per la prima volta il Salone, che ad ogni edizione richiama a Torino quasi 200 mila visitatori, sarà una sola cosa (e completamente aperta al pubblico) con Terra Madre, l’incontro che riunisce le Comunità del cibo di tutto il pianeta. La rassegna, con oltre mille espositori, si terrà dal 25 al 29 ottobre al Lingotto Fiere al vicino Oval, organizzata da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino, in collaborazione con il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
A Torino si icontreranno mille espositori tra produttori riuniti nei Presidi tutelati da Slow Food e la Comunità del cibo raccolte nella rete mondiale creata nel 2004. Tra gli stand del Salone-Terra Madre si potranno scoprire patrimoni della tradizione agroalimentare come le vecchie varietà di caffè di Lowero dell’Uganda, o le fragole bianche di Pur‚n nel Cile o la pasta katta di Timbuctu e Gao in Mali.
Sei Mercati della Terra spiegheranno come si può accorciare le distanze tra produttore e consumatore. E i promotori del progetto ‘Mille orti in Africà dimostreranno come attorno a quelle piccole coltivazioni create con il supporto di Slow Food, si sono formate reti di contadini, agronomi, cuochi, studenti.
Immagine campagna Salone del Gusto-Terra Madre 2012
Nell’anno del vertice Rio+20, Slow Food porrà l’accento sul rapporto tra cibo e cambiamenti climatici: secondo il Food
Climate Research Network – è stato ricordato – il sistema agroalimentare è tra le prime cause di inquinamento e si
calcola che in Europa sia responsabile di un terzo delle emissioni di gas serra.
La manifestazione sarà un modo per sensibilizzaresul crescente fenomeno del land grabbing, l’accaparramento dei terreni agricoli da parte di multinazionali e fondi sovrani di Stati stranieri in Africa, Su America, Asia, Australia ed Europa orientale, ” un modello – denuncia Slow Food – basato sulla concentrazione delle proprietà e su monocolture intensive che impoverisce il suolo, cancella i saperi tradizionali, crea una dipendenza crescente da quattro colture (riso, mais, grano e soia)”.
C.d.G.