Al Boroli Wine Forum, il consueto appuntamento. Ospiti d'eccezione che hanno puntato la loro attenzione sull'internazionalizzazione del mondo enologico
È un appuntamento che si ripete di anno in anno dal 2009. Tanto che ormai è stato definito il “G8” del vino, un appuntamento con i big del vino.
Ad Alba, anche quest'anno il Boroli Wine forum che è nato da un’idea di Silvano Boroli e del figlio Achille per affrontare annualmente i temi legati al mondo del vino, attraverso un dibattito aperto tra produttori, associazioni e stampa internazionale.
Evento unico nel panorama italiano, il Forum ha avuto sin da subito l’obiettivo di costruire una vera e propria piattaforma d‘informazione per tutti i pubblici di riferimento, per mettere in luce lo “stato dell’arte” di un settore e favorire lo scambio di opinioni tra addetti ai lavori e critica internazionale. Silvano ed Achille Boroli nel creare questa manifestazione hanno risposto ad una necessità risentita da tutto il mercato ovvero far conoscere il mondo del vino e la sua cultura attraverso le parole dei produttori, promuovendo i diversi territori come patrimonio unico del nostro Paese.
Al centro di tutto le imprese grandi e piccole con le loro grandi storie da raccontare – non solo dall’Italia ma anche dall’estero – che ogni anno partecipano a questo appuntamento parlando in prima persona, attraverso la descrizione dei loro vini e del territorio da cui provengono. Così come nella prima edizione si parlava del vino come “motore di sviluppo” dell’economia, in questa VI° edizione si è parlato del “valore della comunicazione” che permette di individuare le direttrici di crescita interna e le tendenze di consumo dei mercati esteri, al fine di valorizzare l’autenticità e la qualità della produzione italiana. Un settore, quello del vino, tra i più dinamici dell’economia italiana che grazie ad appuntamenti come il Boroli Wine Forum dimostra quanto sia indispensabile “fare sistema” per vincere le sfide del future.
Enrico Viglierchio del castello Banfi: “Da diversi anni assistiamo ad una graduale crescita culturale del consumatore, sia italiano che internazionale, sempre più esigente, competente ed informato. Questo è sicuramente uno stimolo in più per i produttori che devono saper sempre più valorizzare i caratteri distintivi dei loro vini ed, allo stesso tempo, guardare con un approccio sempre più internazionale alla competitività dei loro prodotti ed alle diverse dinamiche evolutive dei mercati. Se da un lato il vino è un prodotto che accresce il Pil e il fatturato dell’agroalimentare italiano, dall’altro si registra una diminuzione dei consumi sul mercato nazionale, e questo evidenzia la necessità urgente di modernizzare la cultura del vino, facendo diventare i giovani “amanti” di questo prodotto e facendo loro conoscere la cultura a cui appartiene”.
Margareth Henriquez, presidente della Krug Champagne: “Il rapporto tra qualità del prodotto ed emozione provata dal consumatore è la chiave per riuscire a vincere la sfida nel mercato, una sfida che si vince solo con la reputazione ed un profondo senso di responsabilità. Se il lusso è un’emozione allora questa esiste solo se scaturisce dalle radici di un marchio, dalla sua storicità e dal percorso che ha compiuto per arrivare sino ad oggi. Ecco perché è importante “stare vicino ai consumatori” portandoli verso le aziende o meglio dentro le aziende stesse, per offrire un’esperienza diretta con il prodotto e far comprendere come si è arrivati a quel determinato prodotto, a quella unicità”.
Giovanni Geddes da Filicaja, de Ornellaia, propone dal 2006 una bellissima iniziativa, la Vendemmia d’artista: “Arte e vino hanno condiviso un legame particolare attraverso la storia. Desiderio nostro è quello di fortificarlo dando vita ad un progetto pluriennale che possa avvicinare il pensiero degli artisti internazionali all’espressività che il vino è capace di donare. Ogni anno un artista di fama internazionale sarà incaricato di realizzare un’opera d’arte che catturi l’essenza del vino, l’individualità dell’annata e la sua specifica personalità. Il progetto intende così legare al carattere specifico dell’annata e del luogo di origine ad un Opera d’Arte site specific e speciali etichette diverse ogni anno. Ogni anno una selezione di queste bottiglie con etichette esclusive progettate e firmate personalmente dall'artista, vengono inserite in aste Sotheby’s, sia benefiche che commerciali, estremamente ricercate da collezionisti di Arte e Vino, con devoluzioni benefiche verso fondazioni d'arte di tutto il mondo”.
Pio Boffa di Pio Cesare: “Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio che “comunica da solo” con le sue colline, i Paesi, l’intrecciarsi delle colline tra loro, come lingue di terra irregolari, i paesaggi sempre diversi, la Gente la più grande risorsa dei nostri territori. Penso all’unicità dei Vitigni: soprattutto al Nebbiolo, non solo per la differenza fra Barbaresco e Barolo, ma anche per la diversità tra collina e collina, tra versante e versante, tutto è diverso in alto, in mezzo, al fondo di ogni collina. Ogni pezzo di terra è molto diversa dalle altre, per zona, per esposizione, per composizione del terreno. Per noi è importante portare i consumatori nel nostro territorio per far vedere e provare tutto quello che facciamo. Qui si riesce a percepire la vera essenza della nostra terra”.
Roberto Voerzio: “In cantina abbiamo sempre lavorato in modo tradizionale nella semplicità totale in tutte le varie fasi, dalla vinificazione all'imbottigliamento, senza nessuna interferenza, lasciando spazio alla diversità dei “terroir”, permettendo a ogni vigneto di dare il suo vino. La nostra produzione è limitata: con poco più di 20 ettari produciamo, in base all'annata, dalle 40.000 alle 60.000 bottiglie Da oltre vent'anni i nostri vigneti vengono lavorati nel massimo rispetto della natura. Un vino nasce con grandi qualità, non è il tempo che lo fa diventare grande, ma il tempo sicuramente esalta le grandi qualità iniziali. Per questo diciamo che il nostro Barolo, la Barbera d'Alba riserva Pozzo dell'Annunziata e il Merlot andrebbero bevuti non prima di 5-6 anni di affinamento in bottiglia per poi evolversi lentamente nell'arco di 20-30 anni purchè conservati nelle condizioni ottimali. Il Dolcetto d'Alba, il Nebbiolo Langhe e la Barbera d'Alba Cerreto, pur essendo vini più semplici, possiedono un'ottima attitudine all'invecchiamento di media durata. In 25 anni abbiamo avuto moltissime soddisfazioni: sicuramente tra le più importanti, quella di essere riusciti ad entrare nel cuore di molti appassionati dei più grandi vini rossi del mondo”.
Larry Turley della Turley Wine Cellars: “Il valore della comunicazione è inestimabile per le Turley Wine Cellars. In primo luogo, dobbiamo avere chiaro che cosa stiamo cercando di comunicare: qual è la storia che vogliamo raccontare? Che cosa rende il nostro vino diverso dagli altri non solo in California, ma anche nel resto del mondo? Che cosa ci rende unici e quindi meritevoli di un assaggio? Nel quadro complessivo, la California è ancora molto “acerba” quanto a vinificazione; non abbiamo né i secoli di storia né la tradizione del Vecchio Continente. La nostra storia nel nuovo mondo, specialmente per ciò che concerne l'ovest americano, trova origine nella sete di scoperta e avventura. Ed è questo che ci rende curiosi e coraggiosi, e ci mantiene in uno stato di evoluzione costante. Dobbiamo farci forti di queste caratteristiche, non certo cercare di nasconderle. Perché possiamo arrivare a fondare una nostra tradizione, dobbiamo celebrare ciò che ci distingue senza cercare di essere qualcosa che non siamo. Per noi di Turley le risorse più importanti e speciali restano i vigneti”.
C.d.G.
Ecco i “big” presenti al Boroli Wine Forum di quest'anno:
Enrico Viglierchio
Giovanni Geddes da Filicaja
Larry Turley
Margareth Henriquez
Pio Boffa – Foto Murialdo
Roberto Voerzio