Il secondo giorno al Care’s, la manifestazione in corso presso l'isola di Salina, nelle Eolie, è molto intenso. Si susseguono i congressi per affrontare tematiche come l’identità del cibo, il consumo responsabile, la gestione sostenibile delle risorse marine e l’energia sostenibile.
Nella prima parte della giornata è il tema “terra” a tenere banco. Numerosi i relatori, tra i quali alcuni imprenditori agricoli che a Salina producono capperi e vino. Carlo Hauner è uno di loro, così come Maurizia De Lorenzo dell’azienda agricola Sapori Eoliani. Per entrambi non ci sono scelte. Quella sostenibilità di cui si parla è un obbligo. In quell’isola essere agricoltori significa assecondare la terra, non usare macchine, raccogliere manualmente. Proprio Hauner racconta l’avvio della sperimentazione della coltivazione della vite anche a Vulcano, per estendere e recuperare quelle terre che un tempo erano destinate alla vite. A sostenere il valore delle persone nel processo di maturità del consumo, cosiddetto sostenibile, è anche lo chef Corrado Assenza. “Sono sostenitore del chilometro buono, perché per fare un prodotto di qualità vado alla ricerca della persona di qualità che lo ha prodotto, con il suo bagaglio di valori. Questo è fondamentale e noi cuochi abbiamo il dovere di tramandare un’eredità culturale che si basa sulla costruzione di valore. Il pensiero gastronomico nasce in cucina ma ha origine in campagna ed è destinato al consumatore – prosegue – Troppo spesso però si pensa solo all’anello finale del processo, dimenticando le origini da salvaguardare e sostenere”.
Si continua con un tema caldo: il mare. Interessanti gli interventi dei relatori partecipanti e i diversi punti di vista. Ne emerge un quadro chiaro, riassumibile nell’urgenza di trovare linee guida da attuare al più presto per una rigenerazione naturale del mare che secondo le ricerche citate da Rory Moore di Blue marine Foundation soddisfa il fabbisogno di 2 milioni di persone al mondo. La cattiva notizia però è che continuando a sfruttarlo con la pesca industriale in modo intensivo tra 30 anni non ci sarà più modo di accontentare chi ha bisogno. La soluzione? Aree marine protette. L’uso regolato attraverso queste ultima, stando ai dati di alcune ricerche aumenta del 166 per cento la quantità di pescato dentro le stesse aree marine, con una crescita della biodiversità, della grandezza dei pesci e un aumento delle economie locali del 100 per cento. In questo contesto, il contributo degli chef diventa fondamentale per contribuire a diffondere una nuova cultura dei consumi. “I menù con pesci poco noti sono la nostra sfida per comunicare la sostenibilità”, afferma lo chef californiano David Kinch.
Tanti gli interventi interessanti. Poi la voce del pescatore Antonello Randazzo di Salina che afferma: “Non avete idea dei vincoli a cui siamo sottoposti, dei nostri costi e della concorrenza che viviamo. Noi pescatori piccoli siamo sostenibili. Il problema è la pesca industriale. Mi sembrate extraterrestri. Quindici anni fa non avevamo questi problemi. Sapevamo quando pescare il tonno e il nostro mare non era sfruttato. Oggi nel Mediterraneo la pesca del tonno è una lobby. Sono d’accordo sulle aree marine protette, ma il resto dei problemi ha radici negli interessi dell’economia mondiale che tenta di far estinguere il nostro mestiere”. Ed è stato lo stesso pescatore a partecipare agli showcooking del giorno insieme a tre grandi chef, Moreno Cedroni, il peruviano Rafael Rodriguez e il giapponese Yoji Tokuyoshi, per mostrare come lo stesso pesce di grossa taglia, un tonno bianco, possa essere cucinato e trattato in modo diverso,grazie alle varie influenze culturali.
F.L.
ALCUNE FOTO DELLA MANIFESTAZIONE
(Yoji Tokuyoshi)
(Rafael Rodriguez)
(Moreno Cedroni)
(Il piatto di Tokuyoshi)
(Il piatto di Cedroni)
(Il piatto di Rodriguez)