di Michele Pizzillo
Il primo desiderio lo esprime Luciano Ferraro, dal video, presentando la guida “I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia 2021”: il ritorno all’allegro assembramento che ha sempre caratterizzazione questo evento, con vignaioli premiati mischiati ad un pubblico di appassionati.
E, lasciare ad una sorta di antiquato modo di comunicare, una manifestazione che celebra uno dei prodotti, il vino, che più degli altri, invoglia alla convivialità. Chissà se ci rifaremo l’anno prossimo. Intanto ci siamo persi di vedere dal vivo la premiazione dei migliori vini d’Italia secondo Luca Gardini e quindi i tre 100/100 di quest’anno e, cioè il Barolo docg Ravera 2016 di Elvio Cogno, l’Alto Adige bianco doc Appius 2015 della Cantina di San Michele Appiano e Giulio Ferrari riserva del Fondatore 2008 delle Cantine Ferrari. A seguire altri 97 grandi campioni con 10 che hanno rasentato la perfezione (99/100), altrettanti hanno conquistato i 98/100, 21 invece sono a 97/100, 16 a 96/100, 12 a 95/100, 20 a 94/100, rispettivamente 5, 4 e 1 a 93, 92 e 91/100. E, sono praticamente rappresentate tutte le regioni, con la Toscana che guida la classica con 23 vini, il Piemonte con 17, a quota 7 troviamo Alto Adige, Emilia Romagna, Lombardia e Sicilia, seguono con 6 vini Campania e Friuli Venezia Giulia, il Veneto con 5, con 3 Abruzzo e Marche, con 2 Basilicata, Puglia e Trentino e con una presenza Sardegna e Valle d’Aosta. La tradizionale sfida tra Barolo e Brunello di Montalcino, registra il primato il campione piemontese della vendemmia 2016 con 13 presenze mentre il grande della Toscana, vendemmia 2015 conquista 9 posizioni.
La novità – e non e la sola come abbiamo gia anticipato> – dell’edizione 2021, è una selezione, sempre di Gardini, di vini naturali, con 6 vini che conquistano il primo posto con un punteggio di 97/100. E, cioè, i friulani Josko Gravner e Paraschos, entrambi con Venezia Giulia igt Ribolla Gialla però il primo con la vendemmia 2011 e il secondo con quella del 2016 nonché Radikon con Venezia Giulia igt Jakot 2014 e Zidarich con Venezia Giulia igt Prulke 2018 e, infine, Dettori con Romagna rosso igt Tuderi 2015 e Fattoria La Vialla con Toscana bianco igt barriccato 2018. Un’altra curiosità potrebbe essere la suddivisione per regioni dei vignaioli descritti da Ferraro e Gardini. Che sono 19 della Toscana, 13 del Veneto, 10 del Piemonte, 7 della Lombardia e della Sicilia, 6 delle Marche, 5 del Trentino, 4 di Alto Adige, Campania e Friuli Venezia Giulia, 3 di Emilia Romagna e Umbria, con 2 presenze Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Sardegna e Valle d’Aosta e con una sola presenza Lazio, Molise e Puglia. Ci sono vignaioli noti ed altri meno noti e tutti, comunque, con qualche pratica verde adottata nel proprio vigneto per renderlo sempre più sostenibile.
Infine, i 5 grandi premi. Alla vignaiola dell’anno, Camilla Lunelli (o, Lady Ferrari?), volto della comunicazione delle Cantine Ferrari. Scrivono gli autori della guida “Alta e dritta come una parete rocciosa delle sue Dolomiti trentine, è la donna del vino che quest’anno ha fronteggiato il nuovo scenario provocato dal Covid, con tenacia e idee innovative. Come la presentazione dell’ultimo nato della Riserva Giulio Ferrari, l’annata 2008: un evento virtuale organizzato in coincidenza del 2 giugno, la festa della Repubblica, a indicare che il vino della sua famiglia ha accompagnato la storia d’Italia. Anche nei momenti più difficili e bisognosi di stimoli per la rinascita del Paese. Ha tre figli (di 7, 11 e 13 anni) e due vite. Prima di salire sul ponte di comando della cantina simbolo del Trentodoc, ha lavorato come cooperante per le Nazioni Unite, tra gli ex ribelli del Niger e i bambini soldato della Somalia. Poi e arrivata la telefonata dello zio Gino: “Torna, c’è un posto per te”. “Volevo aiutare l’Africa – racconta – ma i migranti si possono aiutare anche qui. Creando lavoro. Mi sento eticamente a mio agio”.
Il vignaiolo dell’anno è Claudio Tipa, di Poggio di Sotto, dove – dice – “il Brunello arriva da solo, come avesse una energia propria”. Quando Claudio Tipa parla della sua cantina di Montalcino, il tono si fa dolce, le parole si ammorbidiscono, sottolineando che “in quella cantina sono entrato la prima volta durante la vendemmia: profumava, me ne sono innamorato. Ho chiamato mia sorella e mio nipote Ernesto Bertarelli (patron di Alinghi) e l’abbiamo comprata”. E’ stato cosi anche a ColleMassari, in Maremma, nella Doc Montecucco. Dopo ColleMassari ha conquistato, nel 2001, Grattamacco, nella Bolgheri dei grandi rossi. Poi è sbarcato a Montalcino, dove possiede anche Tenuta San Giorgio. Di innamoramento in innamoramento, ha creato un gruppo del vino tra i più quotati d’Italia.
Pasquale Forte è il vignaiolo verde, in una vallata dell’Orcia, una volta selvaggia e sconcertata. “Per volontà di uomini bene determinati, diverrà tutta una serie di vigne verdi (rosso-arancio in autunno) e di oliveti verde tenero”. Cosi, con visione profetica, Luigi Veronelli tenne a battesimo l’avamposto vinicolo di Pasquale Forte, che viene da un altro settore. Ora ha una rete di stabilimenti che si occupano soprattutto di energia verde. Ed e riuscito a trasformare Podere Forte in un grande laboratorio biodinamico in cui si studia l’energia della terra per indirizzarla alla produzione di grandi vini. Non solo: ha salvato Rocca d’Orcia, borgo incantato ma quasi del tutto privo di abitanti, aprendo il ristorante (stellato) Pelilla. E, a più di 20 anni dall’arrivo in Val d’Orcia, è pronto a sbarcare a Montalcino, recuperando il Palazzo Vescovile e aprendo un nuovo podere. Un’iniziativa che lo pone al vertice dei vignaioli più attenti alla salvaguardia e alla tutela di natura e arte.
I giovani vignaioli sono Davide e Massimo Lorenzi che rappresentano il volto gioioso della Romagna. Tra i vignaioli italiani, i Lorenzi sono quelli che hanno trasformato la simpatia in strumento di marketing. Vendono i loro vini con il sorriso, trattano i loro clienti come se li ricevessero a casa, con la tavola imbandita e i piatti della tradizione preparati dalla mamma, cuoca imbattibile. La loro azienda è giovane. Ottaviani è alla terza generazione, dopo la fondazione del nonno Enio. Ma sono stati loro, con i cugini Marco e Milena Tonelli, a lanciarla. In poco più di una decina d’anni sono riusciti a rendere produttivo il loro slogan “Facciamo il vino per gli amici”. La loro base e a San Clemente di Rimini, il sole e la lunga estate della Riviera si riflettono nelle loro bottiglie. La loro nuova cantina, tutta trasparenze e cemento, racchiude il carattere deciso e romagnolo dei vini in questo angolo d’Italia consacrato alla dolce vita.
“Il produttore estero dell’anno per l’edizione 2021 della nostra guida – dicono Ferraro e Gardini – è un vignaiolo transfrontaliero. Con una parte del vigneto in Slovenia e l’altra in Italia, lungo quel confine che per molti anni ha rappresentato la linea di divisione di due mondi, uno dei simboli della guerra fredda novecentesca. Ora, da una parte e dall’altra, il vino e il mercato uniscono i produttori italiani e sloveni. Lo sloveno Marjan Simcˇicˇ punta sull’essenzialità: la sua forza è far esprimere al meglio, senza trucchi, la terra su cui lavora. E’ un alfiere del vino naturale, uno dei primi del Nordest. «Vino naturale – e il suo credo – non deve significare vino imperfetto, bisogna lavorare sul terreno e sulla vigna per ricavarne il meglio». I suoi sono vini puliti, diretti, frutto di anni di sperimentazioni e di prove. Marjan ha aperto strade nuove nella ricerca di una qualità sempre più alta dei vini sloveni, conquistando buona parte dell’Europa. “I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia 2021” è in edicola dal 30 settembre – e vi resterà per due mesi – allegata al Corriere della Sera, al costo di 12,90 euro.