A Milano viene svelato il lavoro dell'Ais. Giudizi più severi per assegnare il massimo riconoscimento. E il vice presidente della Regione a sorpresa rivela un progetto per far conoscere ancora di più il Made in Italy
(Hosim Eldin Abou Eleyoun, Fiorendo Detti, Antonello Maietta)
di Michele Pizzillo
La prima novità di “Vitae 2017”, la guida dei vini realizzata dall’Ais, Associazione Italiana Sommelier, è “l’innalzamento dell’asticella per l’assegnazione delle quattro viti, il giudizio più elevato, che da questa edizione passa a minimo 91 – ha evidenziato Antonello Maietta, presidente nazionale dell’Ais in apertura della manifestazione di presentazione della guida a Milano – per l’elevata qualità del vino italiano”.
La seconda novità non l’ha prevista nemmeno Maietta, visto che ci ha pensato il vice presidente di Regione Lombardia, Fabrizio Sala e, cioè, “pensare alla traduzione della guida in altre lingue per fare conoscere meglio il made in Italy. Per la regione Lombardia ci penso io, nel frattempo prenderò contatto con altre regioni per organizzare la distribuzione della rivista nei ristoranti all’estero”. Maietta, che ha conosciuto Sala un po’ di anni fa a un tavolo dove servivano solo birra, si aspettava un intervento istituzionale e, invece, il numero due della regione che è pure titolare della delega all’internazionalizzazione delle imprese, lo ha spiazzato, passando direttamente ai fatti.
Prima c’è stato il delegato Ais di Milano, Hosam Eldin Abou Eleyoun che ha raccontato l’entusiasmo portato dai 150 sommelier impegnati nel servizio della degustazione degli oltre 500 vini previsto dopo la presentazione delle guida; poi il delegato lombardo, Fiorenzo Detti, ha espresso l’apprezzamento per il grande lavoro fatto dai degustatori; e, infine, incassato l’endorsement della Regione, il presidente dell’Ais ha avuto un’arma in più per fare sfoggio della sua fluida eloquenza che non stanca mai chi lo ascolta. Nemmeno quando è passato ad illustrare la parte tecnica del poderoso volume (2.039 pagine) – dedicato a Jean Valenti, il fondatore dell’Ais scomparso qualche mese fa – che racconta 15.000 vini prodotti da 2.000 aziende e selezionati da 1.000 sommelier dopo che hanno passato in rassegna oltre 4.000 aziende e degustato all’incirca 35.000 vini. Facendone di Vitae la più importante pubblicazione al mondo che racconta il vino e sempre nell’ottica della massima attenzione all’etica dei processi produttivi, dalla vigna alla cantina, valutando con cura particolare i vini che meglio hanno saputo esprimersi nel rispetto della salvaguardia ambientale.
(Guida e tastevin)
Entrando nei dettagli di Vitae 2017, si scopre che ai noti simboli come tastevin e vite, questa edizione si arricchisce di due nuovi simboli: la Freccia di Cupido e il Salvadanaio. “Il primo simbolo identifica quei vini che a prescindere dalla fascia di valutazione, ai degustatori hanno trasmesso un intenso valore emozionale tanto da fare scattare, appunto, la freccia dell’amore – ha sottolineato Maietta -. Il salvadanaio, anche intuitivamente, fa pensare ad un concetto di parsimonia e di risparmio, a un piccolo tesoro accumulato nel tempo con pazienza. Nel nostro caso si tratta di vini che oltre ad una spiccata qualità intrinseca, sempre presente, esprimono un esemplare valore produttivo, rapportato non solo al prezzo di vendita, ma anche alla tipologia e alle caratteristiche del territorio dal quale provengono”.
Ma uno spaccato dell’enologia italiana si è avuto nel corso della consegna dei tastevin alle aziende selezionate dalle 22 commissioni di degustazioni, visto che sia il coordinatore della commissione, sia il viticoltore premiato, hanno spiegato il vino e le motivazioni del premio. E, non sono mancate le sorprese con un ufficiale dei Carabinieri appena arrivato a Milano dalla Sicilia, da appassionato sommelier, è stato convinto dal presidente dell’Ais, essendo campano, a ritirare il premio destinato all’azienda Cuomo, visto che il marito di Marisa era in ritardo; o, la decisione della calabrese Maria Rosaria Romano, di invitare Sala a ritirare il premio destinato all’azienda Ceraudo perché nessuno era riuscito a raggiungere The Molle, la struttura milanese scelta per la manifestazione di quest’anno, anche allo scopo di invogliarlo a trascorrere le vacanze in Calabria.
(Fabrizio Sala e Antonello Maietta)
Da annotare, anche, la scelta di Michel Vallet del Feudo di San Maurizio, di salvare dall’estinzione del vitigno Vuillermin, con la produzione della Doc “Valle d’Aosta Vuillermin 2014”. Solo 4.000 bottiglie di un vino che ha rischiato di perdersi. O la decisione della commissione piemontese coordinata da Fabio Galli di ricordarsi di Christoph Kuenzli, lo svizzero che ha reinterpretato il Boca con una rivoluzionaria lavorazione delle uve Nebbiolo. Mentre per la Lombardia il premio va a Castello Bonomi “perché i proprietari hanno impostato la loro produzione di Franciacorta, senza nessuna sudditanza con le produzioni francesi” ha detto il sommelier Luigi Bortolotto mentre Lucia Paladin ha ringraziato dicendo che è bello essere premiati in casa propria. Invece per Albino Armani si è arrivato a parlare di archeologia viticola perché sta portando avanti il progetto conservatoria per recuperare i vigneti storici del Veneto. Invece dal Trentino, la mitica Elisabetta Foradori manda la figlia Mirta a raccontare la bella storia di Granato che rappresenta anche il riscatto del Toroldego che adesso è coltivato con i metodi dell’agricoltura biodinamica. Invece in Friuli Venezia Giulia a rilanciare le uve Verduzzo è Alvaro Pecorari che già qualche decennio addietro parlava di cuvée e, quindi prosegue per la sua strada con il Tal Luc special cuvée. Leonardo Taddei della Toscana ha voluto premiare un modello di azienda e di vino che nasce nel 1962, il Chianti classico Il Poggio riserva 2011 di Castello Monsanto dove, rivela Laura Bianchi, c’è il più grande archivio del Chianti classico. Passando per l’Umbria, il ricordo di un nome storico, Lungarotti, è sempre attuale e, quindi, di premiare chi ha valorizzato il Sangiovese senza tentennamenti con il Torgiano rosso Rubesco vigna Monticchio riserva 2011 che degustandolo, porta alla memoria le colline umbre, ha detto Chiara Lungarotti. Anche nelle Marche la scelta è su un vino pensato e realizzato da Giacomo Tachis per Umani Ronchi, Pelago, frutto di un uvaggio di Cabernet sauvignon e Montepulciano.
(Antonello Maietta, Francesco Vallone e Giuseppe Baldassarre)
E, a proposito di Montepulciano, c’è Nicodemo di Notaresco che continua a modificare la pergola abruzzese che invece di 4 tralci adesso ne ha due e, contestualmente, è un convinto sostenitore della scelta di imbottigliare nell’area di produzione il vino prodotto. Poi c’è Marisa Cuomo, con il simpatico incidente che ha costretto il presidente dell’Ais a consegnare il premio ad un ufficiale dei carabiniere. Altre storia di vino è la scelta di Giuseppe Baldassarre di Ais Puglia di premiare il Graticciaia e l’azienda Vallone dove Francesco continua a custodire la vinoteca che rappresentata 30 anni di storia del vino in Puglia. Per i vulcanici della Basilicata coordinati da Davide Scapigno, il vino che rappresenta il vulcano è Don Anselmo di Paternoster che continua ad essere richiesto dappertutto. Mentre in Calabria il primo ad usare il Montonico in uvaggio e non per produrre un vino dolce, è stato Roberto Ceraudo. In Sicilia l’azienda liquoristica Illva Saranno, fa rivivere il mito di donna Franca Florio con il Marsala superiore semisecco ambra Donna Franca riserva e viene giustamente premiato dalla commissione coordinata da Orazio Di Maria perché la cantina attira ancora miglia di turisti da tutto il mondo. Invece in Sardegna c’è il mito dei centenari a cominciare dal fondatore di Argiolas, Antonio, che anche quando aveva superato i 100 anni, continuava a dare consigli sulle iniziative da intraprendere.