Abbiamo girato in lungo e in largo il capoluogo ligure per scoprire le focacce più buone assaggiate con il clima più adeguato. Ecco la nostra top ten
di Fiammetta Parodi
Secondo la ricetta ufficiale, la focaccia non è altro che farina, acqua, lievito, estratto di malto, olio extravergine di oliva e sale; ma per i genovesi è molto, molto di più.
Argomento di conversazione ricorrente (al non raro quesito “qual è la migliore?” seguono accesi dibattiti su quelle nuove, in ascesa, e su quelle vecchie, in decadenza) e fedele compagna di buona parte della vita genovese: al bar, la mattina, col caffè (i più eroici “pucciano” quella alla cipolla – universo parallelo meritevole di autonoma trattazione – nel cappuccino); a scuola (nei gloriosi anni ‘90, al liceo Colombo, 1000 lire per una slerfa [striscia]: madeleine proustiana per generazioni di classicisti); nelle riunioni di lavoro di serissimi professionisti, a stemperarne la solennità; con un bicchiere di vino bianco, all’ora dell’aperitivo. In casa e al ristorante, poi, certo, assieme al pane.
O semplicemente così, per strada, senza premeditazione alcuna: se al cigolio del forno che si schiude e al suono fesso della teglia poggiata sul bancone ogni virtuoso proposito dietetico vacilla, è al giungere di quel profumo inebriante che, definitivamente, crolla.
Non ama viaggiare, la nostra fugassa, e, se i tentativi di riproduzione fuori dai confini liguri sono sempre vani, spesso anche la sua deportazione ad opera di sprovveduti foresti (gli stessi che incautamente sogliono chiamarla pizza bianca [e qui son brividi di dolore]) risulta fallimentare: giunta a destino, non resta infatti loro che uno sbiadito e gommoso ricordo di ciò che era in origine.
Ma anche a casa sua è umorale, e cambia al cambiare del vento e dell’umidità, con risultati profondamente diversi.
E noi allora è proprio a Genova, in una limpida e secca giornata – anzi, in più giornate, ché la scienza ha i suoi tempi – che intraprendiamo un lungo e ipercalorico viaggio alla ricerca del suo archetipo, quello cioè di una focaccia soffice, non bagnata sotto e croccante sopra; unta, ma non bisunta (e, per carità, senza quello sgradevole retrogusto di olio che è costato la retrocessione ad alcune famosissime); mai scipita, ma ben salata (anche molto, all’uso – non si bada alla salute qui). Che sia alta o bassa, chiara o scura, poco importa, non sono canoni fissi ma gusti personali.
Tra le sue oltre trecento case che sono quei panifici piccoli, grandi, centrali, periferici, storici e moderni (e alcuni bar con produzione propria) ne abbiamo selezionate – grazie a ricerche, suggerimenti ed esperienza personale – quarantuno. E da queste – tutte degustate con attenzione liturgica (ché proprio dalle messe cinquecentesche pare provenga) – ne abbiamo escluse ben trenta, valutandone, anche, ma non solo, l’idoneità a resistere nel tempo: perché se è (abbastanza) vero che “calda è sempre buona”, è alla prova della durata che le certezze si sgretolano o si consolidano.
La nostra focaccia ideale, al passare delle ore, deve infatti restare fragrante – non gommosa, stantia o bagnata – e una croccantezza superstite la proietta di diritto verso il podio.
Alla luce di questi rigorosi stress test vi proponiamo dunquele nostre dieci classificate (più una fuori concorso: off, come direbbero i milanesi), non senza indicare, particolare importantissimo (in caso non si fosse capito), l’orario indicativo dell’ultima sfornata del giorno, perché, questo certamente sì, “calda è sempre meglio”.
Gli amanti del metodo leggeranno di seguito i criteri – ferrei – adottati per limitare quanto più possibile la nostra arbitrarietà valutativa.
Gli appassionati delle note a piè di pagina troveranno in calce le trenta non classificate.
Tutti gli altri possono invece saltare subito alla classifica, che, come si conviene, parte dall’ultima posizione per risalire.
1. Il clima. Mai in giornate piovose o troppo umide (che alterano la lievitazione e riducono la croccantezza); mai e poi mai quando soffia lo scirocco; sì invece al cielo terso e al vento secco.
2. L’orario. Solo la mattina, ché la focaccia si mangia di mattina (è credenza popolare non suffragata da alcuna base scientifica, questa, ma chi siamo noi per contravvenirvi?).
3. Il metodo. Un pezzo, scelto sempre nel medesimo punto della teglia, assaggiato poco dopo essere stata sfornata (non immediatamente a sola salvaguardia di aromi e saporie non già del palato, ché quello, ove necessario, l’avremmo anche immolato). Un altro – adeguatamente raffreddato e premurosamente trasportato (ché rinchiuderla ancora calda è focaccicidio) – esattamente otto ore dopo, per verificarne la resistenza.
4. La tecnica. Mangiata a testa in giù (non noi, ma lei), cioè capovolta, come insegnano i saggi (e, anche qui, chi siamo noi per …).
5. Ingredienti. Strutto sì, strutto no; olio d’oliva, extravergine, di sansa; fiocchi di patate (sì, avete letto bene). Non abbiamo pregiudizi negativi, noi, e non ci siamo pertanto lasciati condizionare dagli ingredienti, appresi solo dopo aver assegnato il voto. Con buona pace dei mugugnoni [brontoloni] possiamo anticipare che l’utilizzo di materie di qualità s’è comunque percepito prima di averne riscontro documentale, ché le papille gustative a qualcosa servono.
6. Il caso. Ogni focaccia sfornata è diversa dall’altra: una manciata di secondi in più o in meno in lievitazione o in cottura possono cambiarne radicalmente colore e spessore (è d’uso infatti chiederla più chiara o più scura, più alta o più bassa).
Tuttavia, visto che la fugassa è riflesso della vita, cioè non è mai semplice, ma, ugualmente, in qualche modo se ne deve pur uscire, abbiamo deciso di adottare un criterio destinista, assaporando cioè quella che il fato ha voluto proporci senza formulare alcuna specifica richiesta.
7. Il voto. Se la resistenza all’impietoso scorrere del tempo non può esser trascurata, non dimentichiamo tuttavia come la focaccia nasca e sia vocata a deliziarci nell’immediato, ancora calda. Il punteggio assegnato in questo ultimo frangente incide dunque sul voto finale più di quello conferito allo scoccare delle successive otto ore (precisamente, 10/10 contro 5/10). [E no: non amiamo le cose semplici].
Bene, eccoci pronti.
10. Le fantasie di Giò – Via San Luca, 50 r
Focaccia soffice, molto sottile, dal colore chiaro con riflessi ambrati; decisamente unta – forse un po’ troppo – su una superficie croccantissima (8.8).
Otto ore dopo resta morbida, sebbene lievemente gommosa, ma purtroppo perde completamente croccantezza, peccato (6.7).
L’ultima viene sfornata alle ore 19.30, e il voto finale è 8.10.
9. Casa del pane- Via Innocenzo IV, 19 r
Altezza media, colore ambrato, untuosità media-bassa e sale ben dosato. Molto soffice, con crosta croccante e friabile (9).
Al passare del tempo mantiene sofficità ma, anche lei, purtroppo, non presenta più traccia alcuna di croccantezza (6.6). Ri-peccato.
Per mangiarla calda bisogna arrivare entro le 18.
Voto finale: 8.20
8. Pizza Sbrano – Via Barabino, 94 r
Altezza media e colore ambrato, non troppo unta e ben salata. Sembra quasi stirata ed è tanto croccante da restare in posizione orizzontale se afferrata da un’estremità. Ha quelle microbollicine in superficie che son per noi ottimo presagio gustativo (9.1).
Allo scadere dell’ora x è leggermente stantia, ma conserva una lieve croccantezza (6.5).
Non esiste un orario dell’ultima sfornata: qui, per la gioia dei nottambuli, si va avanti 24/24.
Voto finale: 8.23
7. Forno dell’Olmo – Via Molassana, 58r
Focaccia di altezza media e dal colore ambrato, non molto unta. Soffice e leggera con crosta croccante e friabile. Tecnicamente ineccepibile, ma le manca un quid pluris per far breccia nel nostro cuore (o forse, semplicemente, un po’ di sale?) (9)
Dopo otto ore resta più che mangiabile e, sebbene lievemente stantia, un flebile ricordo di croccantezza ne risolleva le sorti (6.8).
Ultima sfornata non oltre le 12.30: il pomeriggio la serranda è abbassata.
Voto finale: 8.26
6. Panificio Voglia di Pane Macrí – Via Cavallotti, 26 r
Colore ambrato-scuro e altezza media. Molto unta in superficie, soffice sotto e croccantissima sopra. Salata, con la crosta cosparsa delle nostre amate microbolle. La ricetta è quella tutelata dal Marchio Collettivo Focaccia Genovese e garantisce dunque l’utilizzo di olio extravergine di oliva di ottima qualità (che, infatti, si avverte) (9.5).
Alla prova del tempo, purtroppo, ci delude un po’: il sapore resta ottimo, ma la consistenza è piuttosto gommosa (6).
L’ultima teglia esce alle 19.30, se siete fortunati anche dopo.
Voto finale: 8.33
5. Bar Murena – Via XX Settembre, 157 r
Una focaccia ambrata di medio spessore per l’unico bar della nostra top ten. Decisamente unta (ma di extravergine di alta qualità, così come gli altri ingredienti) con superficie non croccantissima ma cosparsa di grani di sale a compensare. Molto fragrante e compatta (8.7).
La prima ad avere la meglio nella lotta contro il tempo: non è stantia, nè bagnata, nè tantomeno gommosa, e i grani di sale giocano decisamente in suo favore: strategia vincente (7.7).
L’ultima viene sfornata intorno alle 16, ma non sempre.
Voto finale: 8.36
4. Claretta – Via Posta Vecchia, 12 r
In questo storico forno decisamente retrò la focaccia è piuttosto alta, di colore chiaro/ambrato, poco unta e croccante. Come la ben più giovane concorrente che la precede (e forse la emula?) è il sale grosso che ne costella la superficie a decretarne fama e fortuna, e noi non dissentiamo, anzi (9).
Inoltre, in un mondo gastronomico dominato dall’asettica plastificazione antiunto, da Claretta la focaccia viene invece ancora avvolta in quella antica carta spessa e grigia che lascia trasudare l’olio ovunque; e a noi, che siamo sia romantici che ribelli, questa cosa piace assai.
Dopo otto ore è ancora soffice e fragrante, e anche qui i grani di sale si rivelano un buon alleato della croccantezza (7.5).
L’ultima viene sfornata prima delle18 (senza garanzia alcuna perché potrebbero anche essere le 11).
Voto finale: 8.50
[OFF] Priano – Via Camozzini, 69 r (Genova Voltri)
Questa focaccia merita un racconto a sé perché ha un’identità tanto peculiare da averne generato una precisa sottospecie, la famosissima “Focaccia tipica Priano”, appunto.
Molto bassa e chiara, con buchi così allungati da sembrare tagli (infatti è “tirata” mentre la si inforna), pochissimo olio, latte nell’impasto (sì, sì) e, soprattutto, cosparsa di farina di mais (la cosiddetta polentina) a renderla tanto croccante da ricordarci quasi una focaccia secca.
No, la focaccia di Priano non rispetta alcuna delle nostre archetipiche regole! Ma oramai eravamo lì, all’estremo confine ponentino della città, e appena sfornata il nostro autocontrollo si è inabissato: troppo buona per resisterle (9). A quel punto non abbiamo potuto esimerci dal valutarne la resilienza, che ha conquistato un 8: passa il tempo e lei, quasi, non cambia.
Il nostro cieco rigorismo, tuttavia, ne impone l’esclusione: la valutiamo, sì (con un ponderato 8.66), ma nel circuito off, fuori categoria.
Qui si sforna solo al mattino, entro le 12, circostanza da ricordare prima d’intraprendere il lungo viaggio.
3. Panificio Santa Rita – Via Colombo, 38 r
La prova che non dei soli belli è il mondo. Dal piccolo forno Santa Rita – così vicino al Mercato Orientale da esserne per gli avventori tappa obbligata – trovate una focaccia senza strutto che, effettivamente, può apparire meno appetibile di altre (non fosse per le solite microbollicine di superficie che a noi “dicono sempre bene”); apparire, appunto. Piuttosto bassa, di colore chiaro/ambrato, media untuosità, buchi irregolari e casuali. All’assaggio, però, ci sorprende: sofficissima sotto e croccantissima sopra. Molto salata, compatta ma leggera. Insomma, da 9.5 appena sfornata (non oltre le 16.30).
Dopo otto ore conserva parte della sua originaria croccantezza, senza traccia alcuna di gommosità. Brava (7.7).
Voto finale: 8.90
2. Panificio Elettrico – Via Quinto, 50 r
Confessiamo con candore che questo forno – meno famoso di altri – ci stava sfuggendo, ma grazie ad un autorevole consiglio il pericolo è scampato.
La fugassa de l’Elettrico (nome curioso del quale eravamo intenzionati a chiedere lumi, se al varcare la soglia la celestiale visione non avesse distolto la nostra attenzione) è come piace a noi, esattamente come piace a noi: bell[issim]a e buon[issim]a. Chiara con riflessi ambrati, piuttosto sottile, salata, con buchetti regolari nei quali trova riparo un olio di qualità (ma solo lì, ché il resto della crosta rimane asciutta e croccantissima); soffice, con microbollicine, tante microbollicine, tantissime microbollicine in superficie. Insomma, da 9.7.
È dunque lei la primatista dell’ “appena sfornato”, che guadagna tuttavia solo la seconda posizione perché sulla lunga distanza, pur restando ottima, perde un po’ di croccantezza (voto 7.5).
Il voto finale è dunque 8.96 e l’ultima sfornata alle 19.
1. Antico Forno della Casana – Vico Casana, 17r
Eccoci dunque giunti alla prima posizione, occupata dalla focaccia di questo forno nel cuore pulsante del centro storico. L’altezza è media, il colore chiaro e ambrato, la consistenza proprio quella che stavamo cercando: sofficissima sotto e croccantissima sopra; olio e sale, poi, sono dosati con sapienza. Appena sfornata è buona, anzi ottima, sebbene non la migliore che abbiamo incontrato (guadagna infatti un 9.3). A traghettarla al vertice della classifica è però la sua attitudine straordinaria a resistere nel lungo periodo, così straordinaria che dopo otto ore la ritroviamo soffice quasi come appena sfornata e con un’inusuale e rarissima croccantezza, tanto da meritarsi un8.5 (noi crediamo di aver carpito il suo segreto, ma non ve lo sveliamo perché non ne siamo certi e, soprattutto, temiamo le reazioni dei puristi…).
Voto finale: 9.03
Focacce testate ma non classificate (da est a ovest, all’incirca)
[1] Panificio Le Palme; [2] Forno Centrale; [3] Paolin; [4] Il vecchio mulino; [5]Bar Trattoria da Chry; [6]Il Forno di Piazza Ragazzi; [7] Panificio Fonnesu; [8]A Pestun’a cua sa; [9] Panificio Delizie K&C; [10]Panbon; [11]Antico Forno di Borgo Pila; [12]Panificio focacceria Mario; [13] Panificio Manzella; [14] Sansò; [15]Le dolcezze salate di Angelo; [16]Fokaccia 100%; [17] Panificio Patrone; [18] Pan per focaccia; [19] Focaccia e dintorni; [20] Focacceria Titty e Fede; [21] Pane e tulipani; [22] Sebastiano; [23] Le bontà del grano; [24] Banchetto associazione Panificatori di Genova e Provincia (itinerante); [25] Panificio Diego; [26] Pan Retrò; [27] Il forno di San Nicola; [28] Coq Noir Cafè; [29] Panificio Cecconi; [30] Marinetta.