di Clara Minissale
Se dobbiamo valutare lo stato di salute della ristorazione siciliana con gli occhi degli ispettori della Guida Michelin, il risultato è deludente.
Ed è un verdetto che risulta ancora più mortificante nell’anno in cui quasi tutto il Sud Italia fa un balzo in avanti importante, nell’anno in cui la Guida ha dimostrato grande attenzione per il meridione. La presentazione della Rossa avvenuta martedì sera, fotografa una Sicilia con una sola nuova Stella, il Gagini a Palermo. Una stella che premia l’impegno degli ultimi anni del gruppo Virga-Milano e la cucina di Mauricio Zillo. Ma la new entry compensa la Stella perduta del ristorante La Fenice dell’hotel Villa Carlotta di Ragusa che non ha più lo chef Claudio Ruta. Dunque eravamo e restiamo a quota sedici ristoranti stellati. È da alcuni anni che la Sicilia non fa più registrare quei balzi in avanti che ci avevano inorgoglito qualche anno addietro. Dunque, fatti i dovuti complimenti al Gagini, rimangono alcune riflessioni un po’ amare.
I ristoranti due stelle Michelin, negli ultimi anni si sono dimezzati passando da quattro a due. Ciccio Sultano, chef del ristorante Duomo a Ragusa Ibla, uno dei due bistellati, giusto qualche giorno fa, in una intervista a Cook, l’inserto gastronomico del Corriere della Sera, ha dichiarato che se non arriveranno le tre stelle entro il 2025, lui lascerà l’attività. Un’ affermazione forte, in pieno Sultano style, che però non ha sortito, almeno per quest’anno, il risultato sperato. E ci auguriamo che non abbia indispettito ispettori e vertici della Rossa, chiamati in causa in maniera così diretta. Il gruppo degli chef trentenni, quelli che definivamo la nouvelle vague della cucina siciliana, ormai dovrebbero essere delle certezze, eppure appaiono piuttosto statici, soprattutto se li si paragona ai colleghi del sud – Campania, Calabria, Puglia, Sardegna – che invece hanno fatto mostra di intraprendente vitalità. E le donne poi?! Chef non pervenute, ad eccezione di Martina Caruso.
È vero, l’anno che abbiamo attraversato è stato pesantissimo, ma lo è stato per tutta Italia, nessuno escluso. Dunque, cosa succede nell’Isola delle materie prime eccellenti, nella patria della biodiversità, in uno dei regni della viticoltura?È come se qui si giocasse in un campionato minore. Probabilmente la risposta va cercata nel fatto che sono pochi gli imprenditori che sono davvero disposti a scommettere su questo settore, a fare investimenti con un fine preciso, mettersi in gioco per ottenere la Stella. Non è un caso, infatti, che la maggior parte dei ristoranti stellati in Sicilia appartenga ad hotel o strutture ricettive che aiutano ad ammortizzare meglio i costi. La Michelin premia sì la buona cucina, ma è ovvio anche che questo non è l’unico fattore in gioco.
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