Quasi all’unanimità Giuseppe Mannino (nella foto) è stato confermato alla presidenza del Consorzio di tutela della Doc Etna.
Trentanove voti a suo favore su quarantuno presenti, e votanti, su sessantasei associati. Segno tangibile di un consenso e di un’ approvazione sul lavoro svolto nell’ultimo triennio. Si è rinnovato anche il consiglio. Vi entrano a farne parte altri quattro soci: Francesco Cambria (Cottanera), Alberto Graci Aiello (Azienda Graci) Carmelo Marletta (Azienda Nicosia), Franco Di Miceli (Cooperativa Patria, ex Torrepalino). Già oggi, lunedì, è stata convocata la prima riunione. Sarà informale ma sui taccuini degli appunti il pennarello ha evidenziato le voci prioritarie, anzi le più urgenti. Tra le quali, “individuare gli strumenti per rendere veloce una riforma strutturale del Consorzio”. Che patisce, gode e si fregia dell’onore di una delle prime Doc d’Italia.
Da sinistra Alberto Graci Aiello, Francesco Cambria,
Carmelo Marletta e Franco Di Miceli
Correva l’anno 1968 quando ottenne il riconoscimento e ancora si porta sulla pelle certe tracce di questa antichità. “Modernizzazione” infatti è la seconda voce evidenziate sul taccuino del promemoria. Partendo da una sede reale, quella attuale presso la Camera di Commercio al centro di Catania è solo un domicilio fiscale, e le riunioni del triennio hanno avuto carattere itinerante trovando ospitalità da chi, di volta in volta, si rendeva disponibile ad accogliere le sedute consiliari. “La sede – auspica Mannino – speriamo di trovarla nel luogo più naturale, ovvero entro il territorio della Doc. Ovunque la troveremo, sarà una sede istituzionale perché intendiamo dotare i consiglieri di processori informatici del tipo Skipe per teleconferenza e deliberare dai propri uffici tutte le iniziative dell’ente”. Da adeguare poi, con una certa urgenza, lo statuto originario. Sin dai primi anni al Consorzio si associavano in maggioranza viticoltori e produttori e poche unità di imbottigliatori. All’inizio degli anni ’90 questi ultimi si contavano sulle dita di una mano, oggi rappresentano con la loro maggioranza lo zoccolo duro dell’enologia etnea. E i loro problemi vertono preminentemente sui mutamenti delle produzioni e sulle complicazione dei mercati. “Occorrono strumenti più moderni – incalza Mannino – dobbiamo dotarci di un focus per monitorare produzione, scorte di magazzino, andamenti dei mercati, omogeneità del nostro brand ed infine efficacia, ritorni ed effetti dei nostri dispositivi di comunicazione. Per fare questo, ne siamo coscienti, servono risorse umane e finanziarie e faremo di tutto per procurarcele”. In effetti non esiste un recente censimento sugli ettari vitati rientrati nel territorio Doc, né una statistica sulla reale produzione. Si continua a parlare in termini di approssimazione “circa due milioni di bottiglie Doc tra bianchi, rosati e rossi” si dice e neanche una vaga indicazione su quante di queste finiscano all’estero. Da prendere “di petto” infine il nuovo disciplinare della Doc Sicilia. “Dobbiamo ancora studiarlo, valutare se nasconde delle insidie, coglierne invece subito le nuove opportunità, adeguarci alle nuove disposizioni, che in parte sono state da noi stessi proposte e attuate. Comunque – conclude Giuseppe Mannino – voglio concludere con un sentimento: nonostante i tempi di crisi, nell’aria scorgiamo un’atmosfera di ottimismo e uno spirito di squadra insolito e molto promettente” .
Stefano Gurrera
Consorzio di Tutela dei Vini Etna D.O.C.
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