di Francesco Pensovecchio
Non posso negare che la formula scelta da Dieter Kosslick per la sezione del cinema sul food del Festival Internazionale del Cinema di Berlino è quella che preferisco: film, dibattito, a seguire cena con uno chef stellato. E vini da sballo.
Il Kulinarisches Kino, alla sua settima edizione e svoltosi tra il 10 e il 15 febbraio scorso, è una sezione di difficile accesso: circa 180 persone. Animata da una vita del tutto autonoma, non segue i ritmi, il red carpet e le logiche della sezione principale del festival dove si vincono gli orsi d’oro e d’argento. Per farla breve, nonostante fossi accreditato per la competizione degli orsi, i biglietti per i film “da mangiare” li ho dovuti comprare (con fatica), ma vi assicuro che sono stati soldi ben spesi. Due di questi mi hanno toccato molto da vicino: Red Obsession di Warwick Ross, un docufilm australiano che mette in connessione il vino dei migliori Chateau di Francia con il mercato emergente cinese; e Slow Food Story di Stefano Sardo, il docufilm dell’associazione Slow Food, o più precisamente, sulla vita di Carlo Petrini, in uscita il 30 maggio prossimo e in preview durante la manifestazione Slow Fish di Genova sabato 11 maggio.
Sorvolo sulle sconcertanti, eppure note, devianze denunciate da Red Obsession cui, forse, dedicherò una recensione; ma Slow Food Story, è riuscito a toccare le corde più profonde del mio essere perché vissute da me da vicino, talvolta in prima linea. Il film di Stefano Sardo ripercorre 25 anni di storia della associazione. Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, nacque ufficialmente con il nome di Arcigola.
La sua ragion d’essere è chiara e ben raccontata: essa risiede nelle regole di produzione di cibo e nel mantenimento delle migliori abitudini di utilizzo e di consumo; dunque in opposizione alla massificazione industriale e ai pericoli da essa creati. Ritratta i concetti di sviluppo economico, di salute e benessere, anche di collettivo sociale, rifuggendo i parametri di felicità indicati dal PIL di un paese. Sembrano argomenti seri, cupi, esistenziali, per certi aspetti gravi e quasi lugubri per l’importanza verso il futuro di ciascuno. Invece, la storia narrata nel film attraverso gli occhi e la voce di Azio Citi, un piccolo e forse miglior amico di Carlo Petrini, non è una storia di lacrime e sangue, bensì una storia iniziata con una rivista che ne fu l’ispiratrice, “La Gola”, poi ufficialmente nel 1986 con ArciGola. Fu costruita con risa, lotte, bevute, politica, amicizia, coesione, vino, canti, militanza, sostegno ai vignaioli, tanta cucina e idee geniali. Una storia così incredibile poteva nascere solo in Italia. Si ripercorrono le tappe iniziali segnate dalla gioia e dal piacere nel condividere prodotti della migliore cultura contadina piemontese, ma anche quelle delle difficoltà di avviare una emittente radiofonica locale – Radio Bra Onde Rosse – perché ostacolati dalle autorità e dai carabinieri. Lezioni di civiltà e di stile, ben lontani da proclami unidirezionali. Contro i ripetuti sequestri e procedimenti penali si mobilitarono personalità del calibro di Dario Fo, Franca Rame, Roberto Benigni, Francesco Guccini, Guido Aristarco, Nuto Revelli.
Il percorso di crescita dell’associazione è segnato da pietre miliari come le collaborazioni con la Libera e Benemerita Associazione degli Amici del Barolo, il magazine Gambero Rosso, che in quegli anni era un semplice allegato del quotidiano il Manifesto, o l’ideazione del Salone del Gusto e Terra Madre con la presenza di oltre 1.000 espositori e comunità del cibo provenienti da ogni angolo del globo. Carlo Petrini è indubbiamente il soggetto fondamentale e carismatico del film, così come in Slow Food emerge un’idea politica e di società conservatrice basata sui tre concetti di “buono, pulito e giusto”. “Vivi perché mangiamo” e “sistema di produzione alimentare non sostenibile” sono due fatti inconciliabili denunciati a gran voce da Slow Food sin dalla prima ora e che fondono fluidamente teorie politiche con processi vitali ed alimentari del nostro oggi.
Il film risponde in prima istanza alle domande di cosa sia l’associazione Slow Food e chi sia Carlo Petrini. Ma è anche un esempio positivo, una modalità di approccio calmo e gioioso a grandi problemi, senza perdere di vista gli aspetti piacevoli della vita. Anzi, a proposito, per tornare al festival di Berlino e a tali aspetti piacevoli, il dibattito “Chi cambia il mondo?” con lo stesso Carlo Petrini e la cena si sono svolti presso il Gropius Mirror Restaurant. Ai fornelli lo chef Hendrik Otto, due stelle Michelin, ristorante Esszimmer del lussuosissimo Hotel Adlon Kempinski. Menù: antipasto di Cavolfiori al curry con uva disidratata e couscous al sesamo, cardamomo e cumino. Poi, “patate una volta tanto diverse” con verdure e insalatina alla erbe; per finire, conserva di prugne con spuma di formaggio di capra, crunch di cioccolata al sale e finocchio caramellato. Un finale degno di Slow Food. Il film è molto consigliato. http://www.slowfoodstory.com
Slow Food Story – 25 anni di rivoluzione gastronomica
Regia: Stefano Sardo. Durata: 70’
Cast: Carlo Petrini, Azio Citi
Produzione: Italia. Indigo Film e Tico Film. Anno: 2013