La Sicilia mette in cantiere un nuovo progetto e punta sulla frutta secca.
Arriva il piano di settore del mandorlo, nocciolo, noce, pistacchio e carrubo. Il settore sta attraversando una crisi non indifferente. Nonostante la nostra regione sia una delle più importanti produttrici europee. Ma ci sono pochi operatori che producono e commercializzano questi prodotti. Non solo sul mercato nazionale, ma anche estero. Ecco perché il prezzo della produzione non è remunerativo. Poca costanza degli approvvigionamenti e quasi impossibilità di reperire il prodotto fresco. Ecco perché gli operatori reperiscono la frutta secca in altri paesi. Servirebbe una filiera nazionale, che porti alla diminuzione del consumo ed all’aumento della domanda. E quindi, anche ad un’equa distribuzione del valore aggiunto tra gli operatori della filiera. Ma servono politiche di sostegno, una crescita della professionalità, oltre che l’aggiornamento delle tecniche di coltivazione, produzione e l’ammodernamento degli impianti di lavorazione. Servono azioni concrete e fondamentali per un settore. Tra quelle previste, un osservatorio, in grado di raccogliere ogni giorno informazioni e dati statistici aggiornati.-
Dario Cartabellotta e Rosaria Barresi
Per farsi un’idea di quante siano le aziende produttrici in Sicilia, quanto producono ogni anno ed i prezzi. Servono, però, azioni di ammodernamento delle tecniche produttive, un rilancio dell’impiego della frutta secca, anche nel settore della trasformazione, una filiera vera e propria e lo studio di nuove tecniche agronomiche per migliorare la qualità. Ma qui devono intervenire i produttori. Perché, secondo lo studio portato avanti da Dario Caltabellotta, dirigente generale del dipartimento interventi infrastrutturali dell’assessorato regionale all’agricoltura e dalla collega Rosaria Barresi, i produttori dovrebbero cominciare ad istituire delle vere e proprie associazioni, oltre che un marchio collettivo che garantisca al consumatore la qualità. In Sicilia solo il consorzio della Mandorla di Avola e l’associazione dei mandorlicoltori di Agrigento, Caltanissetta ed Enna sono le eccezioni di un comparto che si sta dimostrando troppo solo ed abbandonato ad un triste destino. Il piano ha la volontà di definire le linee guide di un settore che non “se la passa bene”, attraverso l’aumento della conoscenza e della professionalità per l’innalzamento sia della qualità che della quantità di produzione della frutta a guscio. Per questo, per rilanciare il settore, il piano prevede azioni mirate sulle risorse genetiche della frutta, il miglioramento genetico e delle scelte varietali, la propagazione ed il vivaismo, la multifunzionalità, la meccanizzazione e le fonti rinnovabili, impianti e tecniche colturali e la difesa ed il controllo dopo il raccolto.
In Sicilia si coltiva oltre la metà di tutta la mandorla prodotta in Italia (55 %, 21 mila ettari). Soprattutto nelle province di Agrigento (29 % del totale), Caltanissetta (21 %), Siracusa (19 %) ed Enna (18 %). Complessivamente queste quattro province producono l’87 % della mandorla siciliana. Le altre provincie insieme, fanno il 13 %. Diversa la situazione del nocciolo. Messina la fa da padrone, con il 78 % della produzione regionale. Seguono Catania e Palermo. La Sicilia rappresenta il 18 % della produzione nazionale con quasi 13 mila ettari di coltivazione. In Italia, discorso diverso per le noci, che ogni anno fa registrare un calo di produzione del 7 %. Questo perché, nel nostro Paese, il noce è stato sempre considerato da frutto e da legno, e di conseguenza ci si è specializzati tardi nella produzione da frutto. Cosa non fatta nei paesi leader della produzione, come la Cina, gli Usa, l’Iran e la Turchia. Rimane solo l’indicazione geografica protetta della noce di Sorrento. Ma ben poca cosa per un settore che necessita di un rilancio importante.
La Sicilia vanta la quasi totalità della produzione di pistacchio a livello nazionale, con il 98 % del totale. Ci sono circa 3.500 ettari di terreno coltivato a pistacchi. Catania è la provincia dove se ne producono di più (89 %). E come esempio di qualità, basta citare il pistacchio di Bronte, che ha ottenuto il riconoscimento Dop nel 2009. Per quanto riguarda le carrube, Siracusa e Ragusa sono le province dedite alla coltivazione di questo frutto, con il 99,8 % del totale regionale e quasi 10 mila ettari di territorio. Ora, però, servono interventi concreti per rilanciare un settore della immense possibilità.
Giorgio Vaiana