Tempio di Giunone – Parco della Valle dei Templi di Agrigento
Una cantina che ama l’archeologia, un paesaggio montuoso che delimita l’altopiano, il tempio di Giunone austero e solenne sullo sfondo.
Sotto di esso un vigneto antico da cartolina (poco più di due ettari) che si trova proprio nel cuore del Parco della Valle dei Templi di Agrigento. Da queste uve è nato un vino siciliano dal grande carattere sotto lo sguardo esperto di Tonino Guzzo, l’enologo siciliano che con la Cooperativa Viticoltori Associati di Canicattì ha condiviso il progetto del “Vino dei Templi” seguendo uno stile produttivo intimamente legato al terroir. Una vera operazione che privilegia il territorio, la loro, e il cui frutto è un rosso dal colore intenso che solo le terre di mare sanno dare.
“Le autorità del Parco – dice Tonino Guzzo raggiunto telefonicamente – hanno affidato a CVA la conduzione delle attività agronomiche sui vigneti impiantati nella valle, la vendemmia e la vinificazione delle uve prodotte. E il risultato è Diodoros”. Un vino dalle caratteristiche singolari. “E’ prodotto con Nero D’Avola (85%), Nerello Capuccio e Nerello Mascalese – continua Guzzo – i suoli sabbiosi e ricchi di argilla di questa zona, dove la vite viene coltivata a spalliera, sono ideali per il Nero d'Avola mentre le aggiunte del Nerello Cappuccio e del Nerello Mascalese gli conferiscono una grande eleganza, acidità e freschezza”.
Il vino ormai vinificato e che verrà posto in barrique sarà presentato alla stampa e agli addetti ai lavori il prossimo venerdì alle 10,30 presso la sede del Parco Archeologico (Casa San Filippo – via Panoramica dei Templi, Agrigento), ma sarà in commercio alla fine del 2014. Inizialmente verranno prodotte quattromila bottiglie. Una parte della produzione, secondo l’accordo siglato con l’Ente Parco, verrà commercializzata con il marchio Diodoros che dà il nome alla bottiglia. Ma qual è la filosofia produttiva che si cela dietro questo nuovo vino? Tonino Guzzo non ha dubbi: “ Questi vigneti sono unici perché inseriti in un sito archeologico e in una zona particolarmente vocata per la viticoltura. L’intento è quello di dare vita ad un grande vino naturale. I solfiti che sono stati impiegati , ad esempio, sono davvero minimi: in questo modo si riesce a dare un grande risalto alle potenzialità di queste uve davvero straordinarie”.
Rosa Russo