di Clara Minissale
Il 2015 è stato un anno molto positivo per la vastedda del Belice dop.
Questo formaggio di pecora a pasta filata, uno dei pochi rappresentati del genere, deve il suo nome alla forma che acquisisce dopo la filatura, quando viene sistemato in piatti di ceramica, le “vastedde” appunto, che gli danno il formato finale. Piace a tutti per la sua versatilità e i numeri forniti dal Consorzio sono di grande incoraggiamento per i produttori. “La vastedda – spiega il presidente Massimo Todaro – nell’ultimo anno ha avuto un incremento di produzione del 15 per cento con 26 tonnellate di formaggio prodotto a fronte delle quasi 17 del 2014”.
Insomma il mercato c’è e mostra di volere crescere anche grazie alle campagne portate avanti dallo stesso Consorzio per fare conoscere e apprezzare questo formaggio. “È un prodotto che piace e che per la sua versatilità – continua Todaro – trova grande impiego anche in cucina. A differenza di altri suo fratelli nobili come ad esempio il pecorino, che è più da pasto-fine pasto, la vastedda, che è anche un presidio Slow food, dà il meglio anche in piatti elaborati e sono numerosi gli chef siciliani che la utilizzano nella preparazione delle loro pietanze”. I produttori attualmente sono sette in un territorio che si estende in tre province, Palermo, Agrigento e Trapani. Perché sia vastedda dop, il formaggio deve avere un diametro compreso tra 15 e 17 centimetri e un’altezza dello scalzo tra 3 e 4 centimetri. Il peso deve essere compreso tra 500 e 700 grammi, in relazione alle dimensioni della forma, e presentare una superficie priva di crosta, di colore bianco avorio, liscia e compatta.
“Anche i gruppi della grande distribuzione mostrano interesse per il nostro prodotto e lo scorso anno nei supermercati abbiamo venduto cinque mila vastedde”.