di Simone Cantoni
“Proteifórme”, aggettivo: detto di persona, essere vivente, cosa o concetto astratto aventi – come riporta il vocabolario Treccani – la capacità di assumere diversi aspetti o atteggiamenti.
Così come Pròteo (il rapporto di derivazione lessicale è palese), la divinità marina della mitologia greca che aveva la facoltà (appunto) di prendere qualunque forma di animale o la forma di un elemento – fuoco, vento o acqua – per sottrarsi a chi lo interrogava. Tra gli esempi possibili: un attore proteiforme (in grado di sostenere con molta facilità e naturalezza parti diverse); un ingegno, un’intelligenza, un temperamento proteiforme. Ecco, l’ultima applicazione calza a pennello su una tra le peculiarità più significative di un genere birrario attualmente al centro dell’attenzione, da parte di pubblico e critica: quello delle Italian Grape Ale.
LA IGA, IN DUE PAROLE
Elemento fondante della tipologia è l’impiego, accanto a un convenzionale mosto di cereali, di una quota di materiale fermentabile (fino al 40% sul totale) di natura uvacea (quel “Grape” nella denominazione non è equivocabile): acini tal quali o il loro mosto (anche concentrato, a caldo o a freddo), da poter conferire in momenti diversi dell’iter di cotta (bollitura, centrifuga; stadio iniziale, intermedio o finale della fermentazione); inoltre si contempla la possibile cooptazione di lieviti di estrazione enologica; e ancora nessuna preclusione è posta circa protocolli di maturazione in legno, a fini micro-ossidativi o anche acidificativi o contaminativi (mediante l’intervento di microrganismi “non convenzionali”). Si tratta della prima tipologia ufficialmente registrata (nel 2015) come italiana, in quanto frutto specifico delle doti di “ingegno birrario” precipuamente espresse dal nostro Paese. E tra i motivi dell’interesse cui abbiamo appena fatto cenno c’è anche la discussione – svoltasi entro il Beer Judge Certification Program, ma inevitabilmente anche al di fuori – in ragione della quale, a fronte dello sterminato catalogo di vitigni ed esperienze vinicole esistente a livello globale (e fruibili in ricetta), ha portato lo stesso BJCP a far evolvere la designazione IGA: che, dopo lo spartiacque del 2021, si mantiene invariata in ordine all’uso sul suolo della madrepatria; e che invece passa a un più ecumenico e generale (nonché generico) “Grape Ale” nel resto del mondo.
UN PERIMETRO ORGANOLETTICO ASSAI LARGO
A prescindere da come la si pensi circa la “vexata quaestio” attualmente in corso, il punto che interessa, qui e ora, è l’impossibilità a ricondurre il profilo sensoriale di una IGA entro uno schema più o meno chiaramente definibile, quale quello, ad esempio, di una Pils o di una Irish Stout. Nel caso delle Grape Ale, le materie prime di cui potersi avvalere e le procedure da poter percorrere sono tali e tante, da dar luogo a soluzioni organolettiche di una varietà davvero impressionante. Così, volendo esplorare questo tema, ci siamo divertiti a porre, in assaggio comparativo, sette espressioni di IGA: diverse per fattura, anagrafe e obiettivi del rispettivo autore…
SETTE SFUMATURE DI IGA
Il primo bicchiere in mescita è quello della “Felsina White Iga” targata “Podere la Berta” Castelnuovo Berardenga, Toscana). Il mosto di cereali viene avviato a fermentazione con inoculo di lievito French Saison; quindi, ai tre quarti (grossomodo) della conversione zuccherina, viene aggiunto (al 20%) mosto di Chardonnay, da uve diraspate, pigiate e tenute per 48 ore sulle bucce a freddo, prima della rimozione di vinacce e fecce. Colore dorato chiaro; aromi fruttati (mela, pera, cotogna, banana) e speziati (chiodo di garofano); corpo leggero e finale snello, gusto lievemente acido e chiusura altrettanto lievemente tannico-amaricante. Annata 2021; gradi alcolici 6.5; IBU 18.
Seconda entrata è la “Felsina Red Iga”, a firma del medesimo produttore e “figlia” della stessa gestazione, con due (significativi) punti di differenza: in pista abbiamo grappoli di Sangiovese; e il mosto da essi derivante interviene in quota pari al 12% della massa liquida totale. Colore ambrato di primo ingresso; aromi fruttati (susina e, in minor misura, ribes rosso), legnosi (corteccia, matita), tostati (nocciola, calotta di dolce da forno); corpo leggero, finale snello, gusto dolceacido, con una digressione tannico-amaricante decisamente meno pronunciata rispetto alla “sorella”. Annata 2021; gradi alcolici 6.5; IBU 18.
Terzo giro: “Nature Terra” della scuderia Opperbacco (Notaresco, Abruzzo). Al mosto di cereali (tra i quali un farro locale crudo, per il 30% sul totale) viene aggiunto (al 20%) un mosto da acini di Montepulciano d’Abruzzo pigiati e svinati in birrificio: è dunque la loro naturale microflora residente a dettare le direzioni del processo fermentativo. Colore granato con riflessi corallo; olfattività rustica con note brettate, legnose (corteccia, muschio), balsamiche, fruttate (lampone, ribes rosso) in versione lattica, da yogurt variegato; corpo leggero, vigorosa dorsale lattico-citrica, finale asciutto dotato di una leggerissima sterzata tannico-amaricante di grande eleganza. Annata 2019; gradi alcolici 6.9; IBU 10.
Quarta bevuta, la “Elea 2016” firmata da “Birrificio Sorrento” (con sede nell’omonima città campana). L’impasto di cereali viene avviato a fermentazione con inoculo di lievito neutro; e, dopo 24 o 36 ore (in funzione della speditezza con cui avanza il processo), riceve l’abbraccio (in quota pari al 20%) di un mosto fiore di Aglianico: nel senso che le uve, diraspate, vengono pressate e forniscono il loro estratto liquido sostanzialmente senza contatto con le bucce. Colore tra dorato carico e ambrato tenue; aromi “caldi” (pasta di nocciole e mou, pera Kaiser matura e mela al forno, miele), ma provvisti di venature anche più fresche, di timbro balsamico (tamerice) e floreale (acacia); corpo medio-leggero, acidità gentile, finale lievemente amaricato. Annata 2016; gradi alcolici 7.5; IBU 38.
La quinta ripresa vede come protagonista la stessa birra, ma dell’anno precedente: ovvero la “Elea 2015”. Qui le note maderizzanti della sorella minore (di cui si riprende il colore, ma con un coronamento di schiuma imponente) vengono sostituite da un’incisiva proiezione contaminativa: la piattaforma odorosa (da “piccola Orval”) compendia temi brettati, muffiti, fruttati (albicocca e cotogna); quella gustativo-palate vede la corporeità filiforme esaltare la copresenza di toni aciduli e amaricanti, nonché l’esuberanza della bollicina. Annata 2015; gradi alcolici 7.5; IBU 38.
Sesta prova: ecco la “Garganauta” di Lucky Brews (Vicenza). Cardine della cui ricetta è un 12% di mosto da acini (biodinamici) di Garganega: i quali, diraspati e subito pressati, rendono un mosto fiore che (senza trattamenti) viene aggiunto a quello di cereali durante la fase della sua centrifugazione, a fine bollitura; infine, la “sostanza zuccherina mista” viene affidata alla cura fermentativa di un vorace lievito Saison. Colore dorato; arco olfattivo complesso: miele, fiori (acacia, biancospino), note rustiche (brettate in particolare) e di vegetale aromatico (salvia selvatica), il tutto sotto l’ombrello di una piacevole liquorosità etilica; corpo leggero, finale secco, bilanciamento gustativo di profilo dolceacidulo, chiusura delicatamente amaricata. Annata 2018; gradi alcolici 8.3; IBU 15.
Gran finale col “botto” alcolico: in cattedra “Il Tralcio” del “Birrificio del Forte” (Pietrasanta, Lucca). La quota parte del pigiato uvaceo (estratto, da grappoli di Sangiovese, con breve permanenza sulle bucce) sale al 30%: la massa viene stabilizzata a freddo e assemblata al mosto birrario per poi avviare una fermentazione congiunta, inizialmente con un lievito brassicolo (Trappist high gravity), quindi con uno enologico (Bayanus). Colore ramato pieno; aromi panificati (brioche), tostati (nocciola, legno da botte), mielati, fruttati (banana matura, uva passa, ribes rosso) e selvatici (Brettanomyces); corpo leggero, finale secco dotato di una consapevole curvatura tannica, bel calore alcolico, dal carattere avvolgente e non surriscaldante. Annata 2018; gradi alcolici 11.8; IBU 8.
PODERE LA BERTA
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BIRRIFICIO OPPERBACCO
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BIRRIFICIO DEL FORTE
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BIRIFICIO LUCKY BREWS
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BIRRIFICIO SORRENTO
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