di Ambra Cusimano
Prima di addentrarci nel racconto sul vino protagonista di questo articolo, sarebbe doveroso un breve accenno alla stravagante storia dietro quei vini che portano il nome “Brutal”.
Brutal Wine Corporation è un movimento vero e proprio nato nel 2010 dall’idea di tre amici, Laureano Serres, Joan Ramón Escoda, Anthony Tortul (due spagnoli ed un francese) produttori di vino con la medesima “fede”: rispetto del frutto; produrre a impatto zero in vigna e in cantina; prediligere i vitigni autoctoni; produzione limitata. I vini con questa etichetta sono decisamente non convenzionali, quelli della terra nuda e cruda, prodotti da persone col cuore contadino, naturale, quasi e per l’appunto, brutale. Quest’anno un vino bianco prodotto sull’Etna è diventato il primo Brutal della Sicilia. Il nome del suo produttore è Salvatore Giardina, originario di Randazzo e proprietario del ristorante Vitis a Castiglione di Sicilia aperto nel 2017 insieme al patron di Cave Ox, Sandro Dibella .
“Dopo aver trascorso parte della mia vita in giro per lavoro, una decina di anni fa ho preso una decisione: era giunto il momento di tornare nei luoghi della mia infanzia e di costruire il mio futuro in un territorio dalle grandi potenzialità – racconta Salvatore – Ho iniziato producendo olio d’oliva nella zona del randazzese e dopo cinque anni ho preso in affitto una casa con vigneto annesso a Piano Dario. Da qui è nato il desiderio di produrre un vino tutto mio e di dare vita alla mia azienda sotto il nome di Masseria Case Rosse”. Salvatore ha cominciato producendo un vino rosso da uve di Nerello Mascalese, “Inquieto”, appoggiandosi alla cantina di due amici vignaioli della zona, Federica Turillo e Cesare Fulvio (Masseria del Pino). Le uve che invece hanno contribuito alla produzione del Brutal provengono da un piccolo vigneto a quota mille situato a Santa Caterina (Randazzo) di proprietà di un amico di Salvatore che attualmente si trova all’estero.
“Ho proposto a questo amico di raccogliere l’uva di questo vigneto e farne un vino a sé stante per capire il potenziale della vigna – raccota Salvatore – I ragazzi di Masseria del Pino avevano da poco ritirato un massello in legno di castagno dell’Etna fatto fare su misura per loro da un mastro bottaio. Lì abbiamo messo tutta l’uva bianca raccolta a Santa Caterina. Si tratta prevalentemente di Grecanico, Grecanico dorato, Carricante e Catarratto. Dopo averla pigiata l’abbiamo trasferita in una vasca e lasciata macerare a contatto con le bucce per tre giorni. Quando è partita la fermentazione l’abbiamo pressata e fatta vinificare una parte in acciaio ed una quantità minore in damigiana di vetro per circa 8 mesi. Successivamente il vino è stato assemblato e lasciato affinare per cinque mesi in bottiglia”.
Di questo bianco sono state prodotte poco più di duecento bottiglie, il numero massimo secondo il disciplinare dei Brutal. E’ un vino verticale, caratterizzato da una spiccata sapidità e mineralità, ricco ed avvolgente. Un vino sincero, degno di essere chiamato “Brutal”. E Salvatore conclude: “Chi assaggiava questo bianco rimaneva piacevolmente colpito e questo mi ha spinto a pensare che avesse la stoffa dei Brutal. Non è stato facile entrare in contatto con i ragazzi della Brutal Wine Corporation, ma dopo qualche tentativo sono riuscito nel mio intento. I tre fondatori hanno provato il mio vino e hanno ritenuto che fosse adatto per portare la loro etichetta. Sono molto orgoglioso perché per me è un prodotto che esprime in maniera del tutto schietta e onesta le potenzialità del territorio etneo”.