Fragolina di Ribera e Sciacca
Un prodotto eroico la fragolina di Ribera e Sciacca.
A settembre si fregerà del riconoscimento Presidio di Slow Food. Uno “scudo” quanto mai necessario per un frutto ad altissimo rischio di estinzione. Sono 40 i piccoli produttori che la salvaguardano tra Sciacca, Ribera, Caltabellotta e Menfi. E solo 2 le aziende di trasformazione.
E’ una fragolina non comune. Non solo per le qualità uniche che la caratterizzano, come il profumo molto intenso e il gusto che ha una dolcezza e freschezza persistente, ma perché ha tanto bisogno di cure. Non è allevata in serra ma solo in campo a cielo aperto, estremamente sensibile al clima (letale lo scirocco, che spesso si abbatte sull’Isola), agli attacchi di oidio e ragno rosso, arduo difenderla con il risultato che spesso l’intera produzione va perduta. Fruttifica una sola volta all’anno, solo per 30 giorni e va consumata entro le 20 ore dalla raccolta. Da questi dati più che una produzione eroica quella della fragolina sembra essere fuori ogni logica di mercato. Eppure c’è chi vi scommette, per portare avanti, anche se a fatica e con pochi margini, un pezzo di storia del territorio che altrimenti cadrebbe nell’oblìo. Perché la coltivazione di questa fragolina è una delle più antiche dell’Isola, rinomata nel passato tanto da essere fonte di ricchezza per molti coltivatori.
Racconta Antonio Tornambe’, uno dei soci dell’azienda Scyavuru di Ribera che produce la confettura di fragolina. “Era la ricchezza del territorio. Lo è stata da sempre. Prima si riusciva a spuntarla per i costi di manodopera meno proibitivi, faceva reddito”. Lavorare nei campi non è infatti facile e richiederebbe abilità fisica, delicatezza e profonda conoscenza della pianta. “Per raccogliere la fragolina bisogna chinarsi a terra cercando di non danneggiare la pianta e quelle attorno, ci vuole estrema cura nel trattarla. Siamo completamente lontani dalla coltivazione in vaso delle serre. Bisogna poi essere accovacciati sempre nello stesso modo. Non è certo facile. La manodopera è fondamentale per questo tipo di coltivazione e ha altissimi costi”, spiega.
Sul mercato arriva ad un prezzo medio di 10 euro al Kg. Ma è appunto il mercato il più grande ostacolo alla sopravvivenza della fragolina. Prima di tutto per la vita utile del prodotto, di pochissime ore, e per le variabili che giocano sulla costanza della fornitura del prodotto. Ecco perché la trasformazione è diventato il modo migliore per poterne apprezzare le qualità. Infatti nel presidio rientrerà proprio la confettura. “E’ stata valutata e approvata dalla commissione di esperti di Slow Food – anticipa il produttore -. Viene prodotta alla vecchia maniera, a cielo aperto. Non viene lavorata con la pectina ma solo con farina di semi di carruba, prodotto naturale che esalta la freschezza della fragolina. E poi aggiunta di limone”. Sullo scaffale arriva ad un costo medio tra i 7,50 e i 9 euro. “Solo con questo prodotto possiamo garantire un futuro alla fragolina. Ma tutto l’onore, e lo dico a nome di noi trasformatori, va ai coltivatori. Per noi davvero piccoli grandi temerari che vanno difesi e sostenuti”.
C.d.G.