C’è un futuro tutto da scrivere e uno “zero a zero”, per usare un termine calcistico, da cui ripartire. Per una gara di ritorno tutta da affrontare e da vincere.
L’aceto balsamico di Modena Igp si proietta nell’immediato futuro. Il lockdown sanitario causato dall’emergenza sanitaria da coronavirus ha fermato i consumi nel canale del’Horeca, uno di quelli più importanti per il consorzio. Ma ha aumentato i consumi nella Gdo. “I dati vanno analizzati sotto due aspetti – dice Federico Desimoni, direttore del consorzio aceto balsamico di Modena Igp – Da un lato ci sono le aziende di distribuzione del settore horeca che sono ferme e per loro è un disastro. Dall’altro lato registriamo l’aumento nei canali della Gdo. Il nostro settore non è in crisi, ma molte aziende lo sono”. Il consorzio dell’aceto balsamico di Modena Igp è composto da una cinquantina di aziende. Di queste 40 sono produttori, le restanti si occupano della produzione di mosto. Ogni anno vengono prodotti tra i 95 e i 97 milioni di litri di aceto balsamico di Modena Igp e il valore al consumo è di oltre 900 milioni di euro (alla produzione circa 350 milioni di euro). Dell’intera produzione, tra i 15 e i 17 milioni di litri di aceto balsmico di Modena Igp, vengono venduti all’industria alimentare che ne ricava prodotti derivati, come salse e condimenti. Il 90 per cento della produzione è destinata all’export. La metà di questa quota varca i confini dell’Europa. E il 30 per cento di questa quota viene destinato ai mercati degli Stati Uniti e del Canada, che sono grandi consumatori di aceta balsamico di Modena Igp.
“Un prodotto, il nostro, che piace molto da queste parti e si adatta molto bene alla loro cucina – spiega il direttore – Viene utilizzato in molti modi diversi e si adatta a varie preparazioni. C’è una reputazione molto alta del nostro brand ed una penetrazione molto alta del nome “balsamico”. Ormai il nostro prodotto ha sostituito l’aceto di vino per condire insalate e verdure. Un passaggio che abbiamo notato anche nei ristoranti. Si è passati dunque dalla percezione di un prodotto premium, a quello di uso quotidiano. Oggi non c’è città o paese, piccolo o grande che sia, in cui nel supermercato o mini-market non si trovi una bottiglia di aceto balsamico. E questo dà un po’ le dimensioni del fenomeno”. La questione più importante per l’aceto balsamico di Modena Igp, riguarda però è quella dell'”italian sounding”. Sono tantissimi i prodotti che “scimmiottano” o usano impropriamente il termine balsamico. “In questo momento – spiega il direttore – abbiamo sette o otto cause in attivo proprio su queste vicende. E sul nostro bilancio le questioni legali pesano e non poco. Se è facile, grazie alle normative, avere ragione nei paesi europei, non è così semplice, anzi è quasi impossibile, avere a che fare con queste cause nei paesi extraeuropei. In questi territori, infatti, noi pensiamo molto di più a campagne di comunicazione ad hoc per far comprendere ai consumatori le differenze che esistono tra un prodotto originale e quello contraffatto”. Le bottiglie originali dell’aceto balsamico di Modena Igp hanno sempre il riferimento a Modena e al suo teritorio, oltre ad avere i loghi dell’Unione europea e del consorzio. “Ma raramente – dice Desimoni – viene usurpato il nome Modena o contraffatto il logo del consorzio”.
Il consorzio sta puntando molto non solo sulle comunicazioni, ma anche sugli incontri esperenziali, dove si degusta l’aceto: “E già questo è complesso – dice il direttore – perché c’è sempre l’idea che il termine “aceto” sia legato a qualcosa che non si beve. E quindi quando in degustazione diciamo “assaggiamo” la gente rimane un po’ meravigliata. Ma poi comprende che il termine aceto si riferisce solo alla parte acida del prodotto. All’assaggio questo muro di diffidenza crolla, perchè in bocca si sente subito la parte dolce e morbida del mostro, in un equilibrio incredibile con la parte acetica”. Nessuna guerra con i cugini della Dop: “Stiamo parlando non solo di due prodotti diversi – dice Desimoni – ma anche di numeri diversi. Loro fanno tra gli 8 e i 10 mila litri l’anno di prodotto. E poi l’aceto balsamico tradizionale è fatto solo con mosto cotto e prevede lunghissimi periodi di affinamento. Condividiamo gli stessi territori, però, e i rapporti sono molto stretti. Stiamo cercando di fare un percorso di promozione insieme”. Obiettivo a breve termine, per il direttore, è quello di reperire fondi pubblici per aiutare le aziende in crisi. Mentre a medio e lungo termine, al consorzio stanno studiando delle strategie per affrontare al meglio le cause legate alle imitazioni e alle evocazioni del termine balsamico oltre a far conoscere ancora meglio il prodotto con l’organizzazione di degustazioni esperenziali. E il consiglio per gli abbinamenti: “Quello con le fragole e il Parmigiano Reggiano sono must – dice il direttore – ma il mio consiglio è quello di provarlo con il gelato. Gusti: direi fragola e panna, ma scegliete un aceto balsamico molto denso, ossia che abbia una dose elevata di mosto cotto, e che vi sorprenda per la sua dolcezza”.
La ricetta “segreta” dell’aceto balsamico Igp
Precisiamo una cosa. Si conoscono perfettamente gli ingredienti per produrre aceto balsamico di Modena Igp. E questi sono mosti d’uva, aceto di vino e aceto invecchiato di almeno dieci anni. Il disciplinare del consorzio stabilisce le percentuali minime e massime di ogni ingrediente. Ma ogni azienda ha le sue percentuali segrete custodite da centinaia di anni e tramandate da padre in figlio. Ecco perché le ricette della produzione di aceto balsamico sono “segrete”. Luva dei mosti proviene esclusivamente dai vitigni di Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni. Al mosto vengono aggiunti aceto di vino, nella misura minima del 10%, e una aliquota di aceto vecchio di almeno 10 anni. La percentuale minima di mosto d’uva è pari al 20% della quantità totale di prodotto da avviare all’elaborazione. L’elaborazione dell’Aceto Balsamico di Modena avviene con il classico metodo di acetificazione mediante l’impiego di colonie batteriche selezionate oppure lenta in superficie o lenta “a truciolo”. La fase successiva è quella dell’affinamento: sia quest’ultima che la prima, si svolgono all’interno di barili, botti o tini o di legno pregiato, quali rovere, castagno, quercia, gelso e ginepro. Il periodo minimo di affinamento è di 60 giorni, conteggiati a partire dal momento in cui le materie prime, miscelate tra loro nella giusta proporzione, sono avviate all’elaborazione. Al termine dell’affinamento, il prodotto ottenuto viene sottoposto a un esame, analitico e organolettico, affidato a un gruppo di tecnici e assaggiatori esperti: è questo lo step da superare affinché il prodotto possa essere certificato come Aceto Balsamico di Modena. Una volta trascorsi 60 giorni di affinamento in tini di legno, l’Aceto Balsamico di Modena può essere sottoposto a un ulteriore periodo di invecchiamento. Se questa fase si dilunga per più di tre anni, il prodotto finito potrà fregiarsi della classificazione “invecchiato”.
Le differenze con l’aceto balsamico tradizionale Dop
L’uva per ottenere il mosto deve essere prodotta nella provincia di Modena senza superare i 160 quintali all’ettaro, in modo da garantire la qualità della stessa. Si possono usare solo le varietà tipiche, e cioè Lambrusco (tutte le varietà), Ancellotta, Trebbiano (tutte le varietà), Sauvignon, Sgavetta, Berzemino e Occhio di Gatta. Il mosto si ottiene dalla pigiatura delle uve e deve essere naturale, senza nessun additivo. La pigiatura deve essere soffice e non deve superare il 70% del rapporto mosto/uva in modo da ottenere solo mosto fiore, dal gusto pulito e gradevole. Poi viene trasferito nei tipici paioli di cottura dove, a oltre 80 °C, deve cuocere lentamente concentrandosi e acquisendo il tipico colore bruno. Si ottiene così il Mosto Cotto. In questa fase si esegue la schiumatura che prevede la pulizia con un colino di tutte le impurità. Il maestro dell’acetaia travasa nelle damigiane il mosto cotto ottenuto. I lieviti indigeni e presenti naturalmente in acetaia iniziano la fermentazione alcolica e lo zucchero viene trasformato progressivamente in alcool. Così si ottiene il Vino Base. La fermentazione va controllata per evitare che sia troppo tumultuosa e per evitare gusti indesiderati. L’esperto maestro inizia la fase più difficile tra l’inverno e la primavera, travasa il Vino Base nelle botti di legno definite botti madre, dove viene mescolato con almeno un terzo di Aceto balsamico Tradizionale di Modena Dop invecchiato e ricco di aceto batteri. Inizia così la fermentazione della parte alcolica in aceto e si ottiene il cosiddetto Aceto Base. Solo quando il prodotto avrà raggiunto la giusta acidità, di solito anche dopo uno o due anni, può passare nelle tipiche batterie di legno. Le batterie devono essere di legni diversi e in genere di dimensioni diverse, ordinate in scala. Nel periodo invernale e primaverile si fanno i tipici travasi per ripristinare il livello del prodotto nelle botti che durante l’estate è evaporato. Si comincia riempiendo la botte più piccola con quella più grande vicina e si prosegue in direzione della botta più grande. Alla fine la botte più grande può essere riempita con l’Aceto Base proveniente dalle botti madre. Le botti non devono mai essere riempite più di 3/4 per garantire il maggiore contatto con l’aria.
G.V.