di Maria Giulia Franco
La presenza di sale nell'uva, con effetto antiossidante e disinfettante ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno di affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello che si produceva 2500 anni fa.
Si chiama “Nesos” il vino “marino” che nasce da un esperimento scientifico “archeoenologico” unico al mondo, condotto all'isola d'Elba (ne avevamo parlato in questo articolo). E' stato realizzato dall'azienda elbana Arrighi, che da 10 anni si occupa di vinificazione in anfora, in collaborazione con Attilio Scienza, ordinario di viticoltura dell'università di Milano e Angela Zinnai e Francesca Venturi del corso di Viticoltura ed enologia dell'Ateneo di Pisa. Nesos è stato presentato a Firenze nell'ambito di PrimAnteprima. Il progetto ripercorre, dopo 2500 anni, il mito del vino di Chio, piccola isola dell'Egeo orientale, considerato ai tempi un prodotto di lusso che veniva “esportato” e venduto anche nei mercati di Marsiglia e Roma.
Quello di Chio era dolce e alcolico, unica garanzia per sopportare i trasporti via mare, ma aveva qualcosa che gli altri vini del tempo non avevano, un segreto che i produttori custodivano gelosamente e che rendeva questo prodotto particolarmente aromatico: la presenza del sale derivante dalla pratica dell'immersione dell'uva chiusa in ceste, nel mare, con lo scopo di togliere la pruina dalla buccia ed accelerare così l'appassimento al sole, preservando in questo modo l'aroma del vitigno. L'uva utilizzata è l'Ansonica: un'uva bianca tipica dell'Elba, probabile incrocio di due antiche uve dell'Egeo, il Rhoditis ed il Sideritis. Le uve sono state immerse in mare per cinque giorni a circa 10 metri di profondità e il sale marino per osmosi è penetrato anche all'interno, senza danneggiare l'acino. Il successivo passaggio avviene in anfore di terracotta. La presenza di sale nell'uva, con effetto antiossidante e disinfettante, ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa.
Di questo vino, vendemmia 2018, sono state prodotte solo 40 bottiglie. Mentre nelle prossime annate si prevede di arrivare fino a 120 bottiglie. Dalle analisi fatte dall'Università di Pisa è emerso che il contenuto in fenoli totali del vino marino è il doppio rispetto a quello prodotto tradizionalmente; questo grazie alla maggiore estrazione legata alla parziale riduzione della resistenza della buccia. D'altra parte gli antichi vini greci dell'isola di Chio partivano via mare alla volta di Marsiglia, passando dallo stretto di Messina e facendo tappa a Piombino e all'isola d'Elba. Come i vini di Lesbo, Samos o di Thaso, quello di Chio era dolce e alcolico – unica garanzia per sopportare i trasporti via mare – ma aveva qualcosa che gli altri vini non avevano, un segreto che i produttori di Chio custodivano gelosamente e che rendeva questo vino particolarmente aromatico: la presenza del sale derivante dalla pratica dell'immersione dell'uva chiusa in ceste, nel mare, con lo scopo di togliere la pruina dalla buccia ed accelerare così l'appassimento al sole, preservando in questo modo l'aroma del vitigno.