di Fosca Tortorelli
“Per noi il vino è un intreccio tra storia, natura e cultura e crediamo sia doveroso da parte di chi lo produce continuare ad alimentare i princìpi che distinguono questo liquido così magico da ogni altra bevanda”.
Con queste parole Pierpaolo Messina dell’azienda Marabino, a Noto in provincia di Siracusa, sintetizza il continuo fermento che alimenta la sua realtà produttiva. Da qui l’idea di un nuovo vino, Il Soleggiato, un prodotto che profuma di antico, ma di grande contemporaneità. Un risveglio primaverile portatore di luce e di sole, una spinta propulsiva che ha guidato Pierpaolo nel guardare oltre, rivolgendo gli occhi al passato ma proiettando lo sguardo verso il futuro. Un’idea nata dal suo amore per i vini ossidativi, come i marsala e i vin june, ma la voglia di spingersi oltre e creare qualcosa di unico. Come lui stesso sottolinea: “Volevo creare un vino ossidativo tutto mio, con l’uva del mio territorio e con un protocollo produttivo diverso, che non copiasse nessuno. Negli anni ho fatto diverse prove per tentare di produrre un vino ossidativo, ma il moscato è ostinato e non vuole mai ossidarsi, botti scolme, perpetue ecc, ma non riuscivo ad ottenere cosa cercavo, dal 2009 ci provavo ma senza riuscire. Sfogliando un vecchio libro di enologia degli anni ‘70 mi soffermai su una curiosa tecnica: il soleggiamento del vino, con cui i vini guadagnano dall’azione del sole. Una pratica che agli occhi di molti parrebbe assurda, ma che alla fine permette invece di produrre qualcosa di unico nel suo genere. Ho unito le varie prove di moscato ossidativo a botti scolme accumulate negli anni in una vasca d’acciaio – una vasca perpetua di più vendemmie – che colmo ogni anno con vino fresco che è stato almeno 36 mesi in legni di varie essenze e successivamente ne prelevo una piccola percentuale che metto in damigiana al sole. Ho iniziato le prime prove acquistando delle damigiane, e facendo evolvere il vino posto al sole nel nostro baglio di pietra bianca di modica. I tempi di esposizione al sole si sono allungati sempre di più. Il vino migliorava e assumeva sempre più complessità mantenendo i sentori varietali. Dopo ben dodici mesi di esposizione al sole non abbiamo notato più variazioni evolutive. Così è nato il nostro Soleggiato perpetuo”.
Una tecnica antica che sfrutta il calore e la luce della Val di Noto, che racconta attraverso il vino l’energia di contrada Bonivini. Le uve di muscatedda passite al sole, fermentano spontaneamente con le bucce per ottenere un vino secco che evolve per anni in botti, segue un invecchiamento in acciaio utilizzando il tradizionale metodo perpetuo, con travasi di piccole parti di vino nuovo in vasca con vini invecchiati di più vendemmie, il vino conclude il suo processo produttivo con un lungo periodo di esposizione al sole in damigiane di vetro. Non va preso come un vino da fine pasto, non solo per la gradazione alcolica contenuta, di appena 12,5%, ma per la grande freschezza che racchiude; l’idea è quella di un vino d’aperitivo o da pasto, dove il varietale del moscato è ben riconoscibile, anzi ne guadagna in complessità attraverso lo stile ossidativo. Le prime note che emergono sono di impronta floreale e aromatica, poi arrivano le nuances speziate di impronta orientale e intriganti suggestioni di mallo di noce, che ritroviamo rafforzate anche in retrolfazione. Il sorso è coinvolgente, di grande freschezza e con un bel salato finale, che di induce a volerne sorseggiare ancora; un vino stimolante e solare.