(Roland Dissertori e Sarah Filippi)
di Fabiola Pulieri, Caldaro (Bz)
Il granturco, originario delle Americhe arrivò in Europa con Cristoforo Colombo e la coltivazione, già fiorente alla fine del '500, ebbe larga diffusione lungo l'Adige grazie all'Imperatrice Maria Teresa d'Austria che, dopo la bonifica del fiume, assegnò i terreni ai contadini costringendoli a coltivare il granturco, una pianta che asciuga i terreni paludosi.
Nel XVI secolo e per 300 anni i campi di granturco fecero la fortuna di molti agricoltori dell'Alto Adige che con poco sfamavano la famiglia vendendo il resto, finché le coltivazioni non furono soppiantate da vigneti e frutteti, soprattutto mele e albicocche. Per tradizione qui la polenta era servita durante la vendemmia, il più “pigro” del gruppo o della famiglia, mentre tutti gli altri si dedicavano alla raccolta dell'uva, si preoccupava di mettere sul fuoco un pentolone di acqua, portarla a bollore e versare il giusto quantitativo di polenta, girarla e rigirarla, per poi servirla durante il pranzo in vigna, sotto i pergolati, a beneficio delle tante braccia stanche e delle tante bocche da sfamare.
Un tempo, nella zona del Lago di Caldaro la polenta si mangiava anche a colazione e a merenda insieme al caffè d'orzo e ancora oggi è un piatto talmente radicato nella cucina tradizionale di Caldaro che si ritrova in moltissime ricette e abbinamenti tipici: polenta e salsicce, polenta e gulasch, polenta e gorgonzola, polenta con le uova e polenta con il latte. Nel 2010, per ripristinare e non dimenticare le vecchie tradizioni, l'associazione “wein.Kaltern – Il Punto giusto” ha deciso di riprendere la coltivazione del mais, affittare un appezzamento di terreno vicino al Lago di Caldaro e ricominciare a piantare il granoturco che, macinato, dà vita alla polenta di Caldaro una tipologia di semi composta di varietà diverse di granturco. Oggi il lavoro del campo è affidato a tanti contadini che dedicano il loro tempo libero alla coltivazione durante tutto l'anno, la semina prevede l'utilizzo dei semi originali che in pochi hanno conservato nel tempo e che sono di diverse tipologie di mais. Le piante non hanno una crescita omogenea, ma ce ne sono alcune più basse e altre più alte, alcune danno frutti più piccoli altre più grandi e “ in autunno, quando il mais è maturo, si vede che ha altezze diverse e il colore dei chicchi è diverso: giallo, bianco e qualcuno anche rossastro” racconta Roland Dissertori, agricoltore e socio della Cantina Kaltern.
A metà ottobre circa si provvede al raccolto che poi si porta al mulino. Il campo permette di raccogliere circa mille chili di granturco, una produzione marginale sicuramente, ma una volta trasformati in polenta è una quota sufficiente a coprire la richiesta della popolazione locale. Una parte viene poi venduta in sacchetti da mezzo chilogrammo oppure utilizzata da strutture ricettive locali o da ristoratori che hanno aderito al progetto e tramite i loro piatti e le loro ricette permetto la divulgazione e la conoscenza del prodotto ai turisti e a chi va sul Lago di Caldaro appositamente per assaggiare i prodotti tipici da accompagnare al vino Kaltersee. Proprio un mese fa durante una manifestazione di tre settimane, incentrata sul vino Kalterersee e sulla gastronomia locale, le strutture che hanno partecipato all'evento hanno creato 4 piatti legati al vino Kaltererrsee: la polenta, la pasta, il pesce e la carne e hanno offerto ogni giorno quattro piatti su questo tema abbinando ad ogni singolo piatto un vino di diversa annata.
“È una tradizione che sentiamo nostra, che non vogliamo perdere perché sono in pochi qui intorno al Lago a coltivare mais, la quasi totalità coltiva uva e mele e quindi questo progetto mira a mantenere in vita questo prodotto e viva una tradizione che è andata avanti per oltre 300 anni” questo il principio espresso da Sarah Filippi direttrice della Wein.Kaltern che aggiunge: “La polenta di Caldaro è perfetta con i vini Kalterersee e come si dice in Alto Adige il Kalterersee è il gusto della polenta nel bicchiere mentre la polenta è il gusto del territorio di Caldaro nel piatto”. In effetti la consistenza e il gusto della polenta del Lago di Caldaro sono diverse da tutte le altre e anche per questo motivo è giusto tutelare la biodiversità del nostro paese e di una zona famosa per altri prodotti che rischierebbe di veder svanire una tradizione antica.