La castagna Mosciarella è un nuovo Presidio Slow Food.
Si tratta della castagna dei monti Prenestini che viene essiccata nelle tradizionali casette nei boschi. Un procedimento lungo per un prodotto che è nel cuore delle comunità di Capranica Prenestina e di San Vito Romano. La mosciarella delle casette di Capranica Prenestina sarà a Terra Madre Salone del Gusto 2022, in programma a Torino, nell’area di Parco Dora, dal 22 al 26 settembre. “Lo sai che cosa ricordo della raccolta delle castagne? Di quando, da bambino, ci andavo con i miei nonni: mentre raccoglievano i frutti caduti dagli alberi, intonavano qualche canto. E in un’altra parte del bosco c’era sempre qualcuno che rispondeva con la strofa successiva”. Loris Pergolini è giovanissimo, classe 1999, e quei momenti li ricorda bene. Così tanto da aver fatto della castanicoltura una professione. Ora è diventato il referente dei produttori dell’ultimo Presidio Slow Food in ordine di tempo a venire lanciato nel Lazio, quello della Mosciarella delle casette di Capranica Prenestina, una cinquantina di chilometri a est di Roma.
Il Presidio sarà presentato ufficialmente a Terra Madre Salone del Gusto 2022 venerdì 23 settembre alle ore 16, all’interno dello spazio della Regione Lazio. La manifestazione internazionale organizzata da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino dedica ai frutti spontanei (e in particolare al mondo delle castagne, risorsa importante per le zone montane anche per le funzioni che svolge nell’ecosistema pedemontano) un’area del Sentiero della Biodiversità. Terra Madre vedrà anche la nascita ufficiale della rete dei castanicoltori italiani, di cui fa parte anche la Mosciarella. Scopri qui il programma di Terra Madre Salone del Gusto, a Torino, Parco Dora, dal 22 al 26 settembre.
Mosciarella non è il nome della varietà di castagna, bensì quello del prodotto che si ottiene dall’essiccatura del frutto: un procedimento lungo ma indispensabile per conservare le castagne nel freddo inverno che, da queste parti a oltre 900 metri d’altitudine, non si fa attendere. La lavorazione avviene nelle casette, i piccoli locali in pietra costruiti nei boschi, dove vengono bruciate le ramaglie della potatura dei castagni e la spulla (cioè i resti delle bucce di castagne dell’anno precedente): il fumo e il calore sprigionato asciugano le castagne novelle, affumicandole leggermente. Una volta disidratate, vengono spinte all’esterno delle casette e sottoposte alla battitura, cioè alla separazione del frutto dalla buccia secca. A quel punto, quindi, sono pronte per essere consumate in zuppe o trasformate in farina.
(Nello scatto di Francesco Sottile, l’esterno delle tradizionali casette in pietra nel bosco di Capranica Prenestina, nelle quali avviene l’essiccatura delle castagne)
“Il castagneto ha sempre avuto uno spazio importante nel cuore della comunità – aggiunge Pergolini –. Tradizionalmente, già dopo i festeggiamenti per il patrono di Capranica Prenestina, cioè San Rocco che si celebra il 16 agosto, il pensiero andava ai castagneti”. Le prime attività di manutenzione, la pulitura, la potatura negli anni in cui occorre farla, “e poi da settembre e ottobre si tornava a frequentare assiduamente il bosco fino alla raccolta delle castagne, che durava un paio di settimane”. Succedeva fino a una ventina d’anni fa, all’inizio del millennio. Poi, come in tanti altri piccoli borghi appenninici, molti castanicoltori hanno cessato l’attività e i più giovani sono andati a vivere e a lavorare altrove: il forte spopolamento ha portato all’abbandono di molte case e di gran parte dei terreni del bosco. “Non tutti, però, hanno lasciato – sottolinea Pergolini –. Qualcuno è rimasto: sono loro i veri custodi dei castagneti. Altre persone, tra quelle che erano migrate verso la città, hanno continuato a prendersi cura dei castagni nel tempo libero. È stata quella la nostra fortuna”.
Nel 2011, poi, la vera svolta: insieme alle amministrazioni locali di Capranica Prenestina e di San Vito Romano, viene avviato un progetto di recupero del bosco che porta, nel 2019, al riconoscimento dei 166 ettari del castagneto Prenestino come Monumento Naturale, cioè come area dal rilevante valore naturalistico e culturale. “Il riconoscimento come Monumento Naturale ha fatto sì che le persone riscoprissero il valore del castagno e dei suoi frutti – spiega Rosaria Olevano, referente Slow Food del Presidio della Mosciarella delle casette di Capranica Prenestina –, un valore un tempo noto a tutti: poteva capitare che le altre coltivazioni andassero male, ma le castagne in casa c’erano sempre, erano una garanzia alimentare”. Diventare Presidio Slow Food, continua lei che è anche direttrice del Museo civico naturalistico dei monti Prenestini, “è lo stimolo per guardare alla mosciarella con occhi nuovi. Questo riconoscimento ha già generato l’interesse di alcuni proprietari di castagneti”.
A proposito di proprietà: il bosco, come accade in gran parte della superficie forestata in Italia, non è demanio pubblico, bensì di proprietà di privati. “Abbiamo avviato un censimento per invitare chiunque abbia una particella di bosco di proprietà a segnalarcelo – continua Olevano –. In questo modo siamo arrivati a conoscere i proprietari di circa il 40% del totale”. Il lavoro, però, è molto faticoso: “I 166 ettari di superficie totale del castagneto Prenestino sono divisi in circa 440 proprietà. Stimare la percentuale di terreno davvero coltivato a castagno è difficile, ma attualmente possiamo ipotizzare circa il 10-15% del totale”. E così oggi nel castagneto, al momento della raccolta, non c’è più quell’aria di festa che si respirava fino a qualche anno fa, quella convivialità scanzonata con cui i castanicoltori lavoravano un tempo. “Molti appezzamenti coltivati non sono nemmeno contigui, quindi quando si raccoglie capita di non incontrarsi” ammette Loris Pergolini. Ma la strada è quella giusta: i produttori che oggi aderiscono al Presidio sono quattro, ma non tarderanno a crescere di numero.
Ora che il progetto di salvaguardia e di valorizzazione del prodotto è avviato, ci sarà anche più tempo per dedicarsi a una ricerca approfondita che sappia rispondere a una domanda che non ha ancora una risposta certa: perché si chiama mosciarella? “Una questione ancora irrisolta – conclude Pergolini –. Moscia non lo è, perché rimane consistente: chi è più vecchio di me dice che potrebbe essere un nome d’importazione, successivamente riadattato al dialetto locale. Un giorno ci occuperemo di risolvere il mistero”. L’area di produzione del Presidio Slow Food della mosciarella delle casette di Capranica Prenestina coinvolge i territori dei comuni di Capranica Prenestina e di San Vito Romano (Città Metropolitana di Roma).
C.d.G.