Quando acquistiamo un prodotto Dop, vogliamo avere la certezza di comprare un prodotto originale, sano e controllato.
Ecco perché il lavoro dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale della Sicilia è fondamentale. Per evitare di incappare in frodi, e soprattutto per tutelare la sicurezza del consumatore finale. A coordinare l’attività, il direttore sanitario Santo Caracappa e il dirigente Aldo Migliazzo che hanno avuto la felice intuizione di snellire la procedura per la certificazione dei prodotti, incentivando i produttori ad affiliarsi ai consorzi per offrire ai consumatori un prodotto che dia garanzie di qualità e sicurezza alimentare. Oggi continuiamo la nostra rassegna dei dieci prodotti certificati dall'Iszs. Dop l'Arancia di Ribera Dop, è il turno del Pistacchio di Bronte. Poi analizzeremo la situazione della Vastedda della Valle del Belice, il Piacentinu ennese, il pomodoro di Pachino, la pesca di Bivona, l’uva da tavola di Canicattì, il limone di Siracusa, il ficodindia dell’Etna e il salame di Sant’Angelo di Brolo.
IL PISTACCHIO DI BRONTE
(Un particolare di una pianta di pistacchi)
Partiamo dai numeri: i produttori di piastacchio nella zona del consorzio (riconosciuto dal ministero) sono 400, I confezionatori, invece, sono 24. C'è una particolarità però. Non tutto il pistacchio raccolto diventa Dop. A volte i produttori stessi lo declassano a “Igp Sicilia”. Nel 2014 e nel 2015, gli ultimi dati disponibili all'Istituto Zooprofilattico, sono stati raccolti 1.500 tonnellate di pistacchi. Ma non tutto è stato certificato Dop. La produzione è biennale. Quindi bisognerà attendere il 2018 per avere i rifierimenti del 2016 e del 2017. Il Pistacchio, da disciplinare del consorzio, può essere prodotto solo nei comuni di Bronte, Adrano e Biancavilla, tutti in provincia di Catania. Qui, il territorio, è disseminato di pistacchieti: alberelli dai rami fragili e collosi a causa della resina si diramano come radici al contrario e, miracolosamente, fuoriescono dalle rocce laviche. La raccolta si effettua a mano, tra agosto e settembre. Ed è difficilissima. Da queste parti il pistacchio c'è sempre stato. Ma “di Bronte” è diventato una celebrità solo negli ultimi dieci anni.
(Un albero di pistacchio)
Oggi un chilo di “oro verde” può costare da 40 a 100 euro. Ed è incredibile se si pensa che, fino a poco tempo fa, veniva venduto al prezzo del frumento. Poi però, il pistacchio è diventato il protagonista di alcuni piatti. Ed ha fatto innamorare tanti chef stellati. Ed è diventato un successone. Il rischio è che questo territorio non riesca a soddisfare le esigenze di un mercato che reclama sempre più pistacchio. Ma occhio a non farvi ingannare. Non tutto il pistacchio in commercio è “di Bronte”. Quindi imparate a riconoscerlo.
(La raccolta del pistacchio)
Quello Dop ha una forma tipicamente allungata, sono chicchi quasi appuntiti. Se lo acquistate con il guscio, fate caso alle estremità del frutto, quasi mai molto pronunciate e rivolte all’insù. La forma sarà invece concava, a protezione del frutto. Il colore deve essere un bel verde intenso. La pellicina della buccia ha un colore che tende al violaceo, con riflessi verde chiaro. Diviso a metà, il pistacchio mostrerà il tipico colore verde smeraldo causato dall’elevata concentrazione di clorofilla, alle volte acceso, altre più tenue, mai giallo. Il gusto del pistacchio di Bronte tende al dolce sia al palato che subito dopo nelle vie retronasali. In commercio non si troverà mai quello salato. Perché la componente aromatica è così spiccata e persistente da non necessitare di salature.
G.V.