“Le roi s’amuse”, il re si diverte.
Così avrebbe formulato, tratto da un suo romanzo, l’incipit, o il titolo, di un resoconto giornalistico, se Victor Hugo fosse stato ospitato giovedì sera alle Cantine Rotari, uno dei Marchi in portafoglio del Gruppo Mezzacorona. Dove un altro re “allegorico” l’AlpeRegis, nome che evoca la figura regale di Rotari, il grande sovrano longobardo famoso per il suo Editto, e il richiamo al territorio alpino che ha contribuito a renderlo leggendario.
Personaggio diverso, questo AlpeRegis, dal protagonista di quel dramma da Hugo scritto, (gl’italiani lo conoscono attraverso il Duca di Mantova, tra i protagonisti principali del Rigoletto di Francesco Maria Piave e Giuseppe Verdi) che ha dominato la scena divertendosi oltre misura. Ma al padre del Romanticismo francese non sarebbero mancate le armi per descrivere una serata da Belle Époque, tale ci è sembrata l’atmosfera, le luci soffuse, l’eleganza delle signore, quel pacato alito euforizzante, la percezione di una nuova visione, di un ottimismo del mondo e della vita sopra le righe generato dall’evento che stava prendendo corpo. Victor Hugo forse non arrivò a vivere neanche un minimo lasso di tempo di questa epoca ma di certo contribuì molto ad inoculare il germe che gli diede vita. Epoca non solo di piaceri materiali ma soprattutto di un nuovo percepire il senso delle cose e i piaceri dell’anima.
Quelli della Mezzacorona nel raggiungere il cuore e il senso delle cose, hanno una certa dimestichezza. E non solo nel produrre un ottimo metodo classico, ma anche nell’ interpretare un territorio, nel declinare la qualità, nel capire gli umori dei mercati e come conquistarli. Non si spiegherebbe altrimenti il successo e la costanza di un’azienda che da anni occupa i primi posti dell’ hit parade (tra volumi e valori) delle aziende produttrici. Alcuni numeri che lo certificano: 2.600 ettari di vigneto, tutti in Trentino Alto Adige, da cui si ricavano 400mila quintali di uva di qualità e 320mila hl di vino generanti un fatturato che, nel 2011, ha toccato i 63 milioni di euro. Una solidità di un’azienda che da giovedì sera si è appuntata al bavero una nuova stelletta.
Fabio Rizzoli
AlpeRegis è pensato interamente in chiave del loro terroir, con il marchio “Trentodoc” che oggi costituisce la loro prima “esaltazione”, e le regole e i doveri che questo ne implica, tutti legati al territorio e al vitigno che maggiormente li rappresenta, lo Chardonnay, ovvero la varietà che ha trovato nell’area dolomitica le ideali condizioni per la perfetta espressione del suo carattere. Vendemmiato, rigorosamente all’antica, cioè a mano, e scegliendo una tipologia di vinificazione che non altera la sua anima: la versione Extra Brut esalta meglio anche il lavoro svolto prima in vigna e poi in cantina. E niente liqueur de tirage “perché a volte è invadente – si giustifica l’equipe degli enologi – e ruba spazio agli aromi tipici del territorio, della varietà e a quelli ottenuti in seguito alla lunga rifermentazione in bottiglia”. Che per questo AlpeRegis si è prolungata per quarantotto mesi sui lieviti a cui hanno aggiunto un anno di affinamento in bottiglia. Il risultato finale? Perlage elegante, omogeneo e persistente, colore giallo tenue con sfumature paglierine molto delicate. Profumo che colpisce per le sue note varietali intense ed eleganti di frutta matura, mela Golden e ananas. Un naso complesso che a volte trova anche note di crosta di pane e di pera coscia. “Merito – dicono – delle notevoli escursioni termiche durante la maturazione dell’uva e dal lungo affinamento in bottiglia sui lieviti”. Fragrante ed equilibrato l’impatto gustativo con stile asciutto e minerale tipico di uno spumante di montagna e degno della migliore tradizione Trentodoc. Caratterizzante anche il ritorno piacevolmente morbido su note di frutta agrumata, e secca quali noci e nocciole. Lungo e persistente il finale.
Elaborato progettualmente su un pensiero a banda larga che non escludeva le cucine dei mercati internazionali, l’AlpeRegis si adegua molto bene sia a quasi tutta la cucina italiana che a quella internazionale, e in particolare orientale. E il menu della cena celebrativa ne ha fornito una prova convincente grazie alle creazioni degli chef Marcello Franceschi (per la cucina del territorio) e Simona Bontà, che si è cimentata invece con delle suggestioni culinarie orientali. Ecco spiegato il claim di AlpeRegis: un Trentodoc “unico, autentico, audace, contemporaneo, cosmopolita, regale”.
Testo e foto di Stefano Gurrera
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