di Annalucia Galeone, Taranto
A Taranto, il 22 dicembre, la festa di Santa Cecilia è una giornata speciale. Segna l'inizio dell'Avvento e dei festeggiamenti natalizi.
Tradizioni religiose e pagane si mescolano per dare vita a un perpetuarsi di usanze ricche di significato. Ancor prima dell'alba le bande di musici percorrono le vie diffondendo melodie natalizie e le pastorali. Contemporaneamente nelle case si frigge per fare le pettole, sfiziose palline di pasta lievitata. I bar e i panifici li offrono gratuitamente ai passanti mattinieri. Si racconta che una massaia tarantina distratta lasciò lievitare troppo l'impasto del pane nel giorno di santa Cecilia e decise di farne frittelle da immergere nell'olio bollente. Le pettole sono una tipica preparazione del sud, cambiano i nomi, ma le ritroviamo anche in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia. Nel sud della Puglia le forme sono tondeggianti, a nord si allungano. Per l'impasto anticamente veniva usata una tecnica alquanto violenta, la massa dev'essere maltrattata con movimenti energici e veloci, questo per rompere la maglia glutinica e rendere il prodotto più adatto ad essere fritto. La ricetta tarantina non prevede l'uso delle patate in parte del Salento e nella Daunia si. Per la versione tarantina occorrono: un chilo di farina, un cubetto (25 grammi) di lievito di birra, non meno di 600 millilitri di acqua tiepida (spesso si aggiunge altra acqua per rendere l'impasto più morbido), sale, un pò di zucchero e olio evo.
Per un chilo di farina '00' nella variante si aggiungono tre patate medie lessate, sbucciate e schiacciate. La patata rende la pettola più morbida e soffice all'interno con la creazione di alveoli di aria molto ampi, senza risulta più compatta, l'uso dello zucchero fa si che, per effetto della reazione di Maillard, si crei una crosticina croccante e dorata all'esterno. Devono essere gustate calde: nella versione dolce cosparse di zucchero, miele o vincotto, le varianti salate prevedono l'inserimento nell'impasto di ingredienti come l'acciuga, il cavolfiore, il baccalà, le olive e chi più ne ha più ne metta.