Due turisti in visita in città chiedono il dolce tipico siciliano. Che però arriva “quasi fosse stato investito da un tir”
di Giovanni Franco
Il cannolo è uno dei dolci simbolo della Sicilia. Si narra che furono le donne dell'Harem del Castello delle donne del signore dell'allora “Qalat-an-Nisa” (Caltanissetta) a preparalo per la prima volta. Leggenda? Chissà.
Di certo c'è, secondo gli storici, che le sue radici risalgono alla dominazione araba in Sicilia (dal 827 al 1091). Mentre un anonimo siciliano riportato dal Pitrè cantò così le lodi di questa leccornia:”Beddi cannola di Carnalivari; Megghiu vuccuni a lu munnu 'un ci nn'è. Su biniditti spisi li dinari; Ognu cannolu è scettru d'ogni Re. Arrivinu li donni a disistari; Lu cannolu è la virga di Mosè: Cui nun ni mangia si fazza ammazzari, Cu li disprezza è un gran curnutu affè!”. Il dolce era apprezzato già dagli antichi romani: “Tubus farinarius, dulcissimo, edulio ex lacte factus”, lo definì Marco Tullio Cicerone quando era questore in Sicilia, a Lylibeum (l'odierna Marsala), prima di diventare console romano.
Per omaggiare il dolce siciliano, il 2 febbraio 2014, gli informatici Paolo e Fabrizio Capasso e i videomaker Fabio Leone e Antonella Barbera con l'aiuto di pochi altri amici e l'autorizzazione speciale degli enti preposti al volo, tra cui Enac Palermo, Enav Roma, Aeronautica Militare e 41esimo Stormo Sigonella, hanno effettuato il lancio di un pallone sonda dalla Rocca di Cerere ad Enna contenente “un cannolo siciliano”. Il dolce è stato poi ulteriormente reso famoso per fatti di cronaca legati alla famosa foto nella stanza di Totò Cuffaro e in alcune scene di vari film. Per chi arriva in Sicilia diventa insomma quasi d'obbligo mangiarlo. Come ad omaggiare un'antica tradizione e fare un tuffo nel passato della storia culinaria. E così è stato anche l'altra sera in compagnia di alcuni amici in questi giorni impegnati a scattare fotografie nell'Isola.
Durante la loro tappa a Palermo siamo andati a cena insieme. Hanno chiesto di andare a mangiare in un posto che cucinasse pietanze tipiche locali. Dopo avere assaggiato un antipasto di panelle e di polpettine di melenzane, abbiamo divorato un ottima pasta alla norma (pomodoro, melenzane e ricotta salata). Poi è stata la volta del dessert. Giuseppe Cardoni ha chiesto il cannolo. “Che non sia scomposto…”, ho subito aggiunto io. Richiesta non accolta. Quando il mio amico ha visto quella poltiglia di cialde e ricotta è rimasto deluso. Filippo Sproviero seduto accanto a lui, nisseno di nascita che da anni vive in Umbria, ha sorriso ed ha detto: “Sembra che questo dolce sia stato investito da un tir”. Ecco ora io vorrei sapere, prima che si giunga alla cassata scomposta e al pane con la “meusa” trasformato in non so cos'altro, a chi è venuta l'idea di scomporre il cannolo e lasciare delusi i miei amici? Ha fatto bene allora l'altro commensale Luigi Loretoni a ordinare un altro dolce non tipico siciliano. Dopo averli lasciati in albergo mi è rimasto impresso nella memoria lo sguardo di Filippo mentre mangiava il dolce che ha provato a fare assaggiare agli altri seduti intorno al tavolo. Non ha accettato nessuno.