di Francesca Landolina
Per tutti ormai sono i “Volcano Boys”, i tre fondatori di Volcano Gin, Alessandro Malfitana, Diego Pollicina e Stefano Lo Giudice.
Abbiamo parlato diverse volte dei tre giovani, dai timidi ma decisi esordi con la nascita del primo gin dell’Etna, passando per i riconoscimenti internazionali e finendo con le piccole iniziative sociali come la campagna di crowdfunding dedicata al Centro Veneto Progetti Donna, un’associazione che ogni giorno offre ascolto e accoglienza alle donne vittime di violenza. Eppure, i tre continuano a scalare la montagna del successo nel settore dei distillati, e lo fanno con un nuovo prodotto, decisamente autoctono e singolare: il gin rosato omaggio all’Etna e al suo vino. “Il gin, in generale, trionfa in assoluto nel mercato italiano e internazionale – racconta Alessandro Malfitana, sommelier – a scapito di un crollo della Vodka per esempio. C’è una continua richiesta di gin particolari e noi abbiam voluto ideare una nuova ricetta che esprimesse in modo ancora più incisivo il terroir Etna. Volcano Gin Rosè è un gin più morbido, adatto anche ad un palato femminile, si può considerare tale anche per un minore livello alcolico. Siamo soddisfatti del risultato e felici dei più recenti riconoscimenti”.
La grande popolarità della categoria dei gin rosé viene reinterpretata infatti in modo innovativo, senza utilizzare frutti o fiori rossi, ma attraverso una ricetta unica che include la lavorazione delle uve ed un vino di contrada Etna Rosso Doc, il Petto di Dragone della cantina Gambino. Il nuovo Volcano Rosè prende spunto da una tecnica di lavorazione vitivinicola chiamata “Sur Lies”, ovvero l’affinamento del vino sulle fecce nobili formate dai lieviti dopo la fermentazione. Nel caso specifico, quelle di Nerello Mascalese destinate alla produzione dell’Etna Rosso Cru “Petto Dragone” prodotto dall’azienda Gambino. A seguire un ulteriore affinamento con una porzione di vino finito che ha terminato il suo invecchiamento all’interno di botti in legno di rovere francese da 2,5 ettolitri. Grande attenzione è stata riservata al packaging che riprende le forme del Volcano Etna Dry Gin ma si rivela con un’etichetta rivisitata nei suoi colori, che mette in risalto il binomio tra distillato e vino. Anche il tappo di Volcano Etna Rosé gin è una costante opera d’arte: disegnato a mano e realizzato con sabbia vulcanica etnea da artigiani locali, questa volta si presenta bianco. Il lapillo pomice viene portato in questo caso ad altissima temperatura facendo fuoriuscire la componente minerale solforosa che forma una patina bianca; una volta frantumata e polverizzata si procede all’impasto lavico permettendo ancora una volta che un pezzetto d’Etna possa viaggiare in tutto il mondo con ogni bottiglia.
Se ne producono circa quattromila bottiglie, ciascuna ad un costo di circa 55 – 60 euro. Ma in totale sono 12mila le bottiglie di Gin prodotte dai tre ragazzi etnei, che, custodi delle loro ricette, producono artigianalmente nella più antica distilleria siciliana del Cavaliere Giuffrida, ai piedi dell’Etna. Volcano Etna Rosé Gin nasce dall’incontro tra la straordinaria cultura enologica etnea – e le botaniche dell’Etna quali il ginepro, la ginestra, la nocciola, l’arancia amara e il finocchietto selvatico. Un avvincente progetto realizzato grazie al prezioso supporto del presidente Maurizio Lunetta e Simona Florio del Consorzio tutela dei vini Etna Doc. E ha raggiunto già importanti riconoscimenti, come la menzione al Merano Wine Festival con l’Award Rosso di The Wine Hunter. A questa si è aggiunta la comunicazione ufficiale del premio Ampolla d’Oro, attribuita a Volcano Gin Dry dalla guida Spirito Autoctono. “Siamo davvero felici- raccontano i fondatori di Volcano-. Quando abbiamo iniziato questa avventura lo abbiamo fatto con lo spirito di dedicare il progetto al nostro territorio speciale; siamo stati per anni all’estero e tornare qui facendo sentire il carattere dell’Etna al mondo è il traguardo più bello che potessimo desiderare”. I prossimi progetti da realizzare? “Vogliamo entrare nelle più prestigiose enoteche all’interno dei grandi marchi della Gdo, senza trascurare l’Ho.re.ca. Per il resto il nostro sogno nel cassetto lo tireremo fuori presto, perché ci crediamo. In sintesi, fare di questo progetto il nostro lavoro a tempo pieno e questo significa crescere, diventare autonomi totalmente”.