di Giorgio Vaiana
Peperone crusco. Questa prelibatezza ormai è diventata un vero e proprio fenomeno. Sono sempre di più gli chef (stellati e non) che lo mettono tra gli ingredienti dei loro piatti, ma sono tanti anche i golosi che non possono più fare a meno di questa leccornia che vanta anche il marchio Igp.
Il peperone crusco di Senise, infatti, è protetto da un consorzio e da un relativo disciplinare. A capo c’è Enrico Fanelli, titolare di un’azienda a Senise in provincia di Potenza. “E’ vero – dice il presidente – il peperone crusco sta vivendo un momento d’oro. E il suo successo lo si deve anche a Matera, quando lo scorso anno è stata eletta Capitale europea della cultura. Perché tutti i turisti che sono arrivati a Matera hanno provato questa prelibatezza e se ne sono innamorati”. Il peperone crusco è un prodotto di nicchia. Del consorzio fanno parte 9 aziende e si coltiva in 20/25 ettari di terreno da cui si ottengono circa mille quintali di prodotto essiccato. Le zone di produzione dei “Peperoni di Senise” sono individuate nelle aree limitrofe al comune di Senise che comunque si affacciano per gran parte sulla Valle del Sinni: Franca villa S.S., Chiaromonte, Valsinni, Colobraro, Tursi Noepoli, San Giorgio Lucano; e sull’Agri: Sant’Arcangelo, Roccanova, Tursi, Montalbano Jonico e Craco.
Non sono tanti quantitativi, considerando anche il fatto che il prodotto una volta essiccato perde il 90 per cento del suo volume. Una collana di peperoni, che di solito pesa un chilo, si ottiene essiccando dieci chili di prodotto. Il peperone si trapianta a metà maggio e si raccoglie tra luglio e settembre. Viene posto ad essiccare in luoghi adibiti e che hanno le necessarie autorizzazioni sanitarie, ma l’essiccazione non viene mai “forzata”: questa avviene grazie al vento e al caldo. Il peperone diventa essiccato in venti, trenta giorni al massimo. Poi viene intrecciato a mano nelle classiche collane e venduto ad un prezzo che oscilla tra i 40 e i 50 euro al chilo. E’ diventato Igp nel 1996 e la sua produzione è sempre aumentata. “Ma quello che mi piace sottolineare – dice Fanelli – è che sta attirando le attenzioni dei giovani che vogliono provare a produrre peperone crusco”. La “morte sua” è fritto, ma se ne ricava anche una polvere deliziosa per condire i piatti. Vista la difficoltà a friggerlo (serve rispettare una certa temperatura e avere cura dell’umidità del peperone), viene venduto già fritto e messo in barattoli. “C’è una maggiore richiesta e le aziende si stanno attivando per promuovere questo prodotto fuori dai nostri confini regionali – dice Fanelli – ma la produzione è quella che è. Credo che il successo sia dovuto al fatto che sia un prodotto molto versatile e si adatta a qualsiasi piatto. Ha un sapore dolce e nello stesso tempo è croccante. Ci si fanno anche i dolci. Io per esempio lo faccio ricoperto di cioccolato fondente”.
Nelle intenzioni del consorzio c’è una espansione della produzione: “Ma non abbiamo grandi disponibilità finanziarie – dice il presidente – Il consorzio ancora ad oggi sta attendendo l’arrivo di alcuni contributi regionali che tardano e che si sono arenati da qualche parte per mettere a punto un progetto già messo nero su bianco per aumentare la produzione inserendo nel consorzio giovani produttori volenterosi. Oltre a una importante campagna di divulgazione e comunicazione”. Intanto sono quasi ad un passo le modifiche al disciplinare richieste. Dopo l’ok del ministero si attende anche il via libera dalla commissione europea per modificare alcuni metodi di confezionamento e di trapianto del peperone stesso. Poi un pensiero sulla ripresa: “In questi mesi di lockdown non ci siamo mai fermati – dice Fanelli – Ora stiamo ripartendo e non mi aspettavo questi numeri. Sono stati tre mesi duri per tutte le aziende che hanno visto azzerato il loro fatturato e che si sono trovate ad investire nella nuova campagna. Ma ci siamo rimboccati le maniche. E per fortuna la richiesta di prodotto è di nuovo ripartita”.