di Marco Sciarrini, Roma
Di peperoncino ne esistono al mondo circa duemila varietà diverse e si parla delle proprietà di questa pianta dal 7000 a.C.
Di questo e molto altro si è parlato nel corso de “I Martedì della Natura” che si tengono presso la Sala Serviana, del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari Carabinieri di Roma dopo la pausa estiva. Il peperoncino, appunto, è stato il protagonista del primo incontro dopo l’estate. A condurre l’incontro Claudia Papalini, esperta dell’Agenzia Regionale Arsial della Regione Lazio. Il peperoncino, genere Capsicum appartiene alla famiglia delle Solanacee, famiglia comprendente circa 2000 specie diffuse prevalentemente in sud e centro America, cresce in particolare nelle zone temperate a cavallo dei due tropici. I peperoncini sono probabilmente fra le prime piante ad essere state coltivate nel continente americano e le prime forme selvatiche furono utilizzate dall’uomo come rimedio medicinale già verso il 7000 a.C. mentre le prime forme coltivate risalgono al periodo compreso tra il 5200 e il 3400 a.C., in un articolo apparso su Science (15/02//97) un gruppo internazionale di ricercatori ha affermato che questa spezia è una delle piante domesticate più antiche del continente. Originariamente la provenienza si può localizzare sugli altopiani della Bolivia del Perù e del Brasile, e la loro diffusione nel Continente Americano è avvenuta tramite la migrazione degli uccelli.
Il peperoncino “chili” come lo chiamavano gli Atzechi, è stata una delle grandi scoperte delle spedizioni di Cristoforo Colombo insieme al tabacco, al pomodoro, alla patata, al mais, al fagiolo e ad altri prodotti sconosciuti fino ad allora al ritorno dal suo secondo viaggio nel 1493, Cristoforo Colombo portò in Europa alcuni esemplari di peperoncino li chiamò “pimentos” in quanto riteneva che, per la loro piccantezza, potessero essere un sostituto del pepe, spezia allora assai costosa e di difficile coltivazione. Sul diario di bordo, Bartolomeo de Las Casas scriveva: “la spezia che gli indigeni mangiano è abbondante e più importante del pepe nero”. L’assunzione che il peperoncino fosse un nuovo tipo di pepe nero ha incentivato la rapida introduzione della spezia nelle tradizioni culinarie locali diventando un ingrediente fisso nella cucina di molti paesi e rendendo democratico l’uso delle spezie fino ad allora destinato ai ricchi e ai nobili.
Furono i monaci del monastero di Santa Maria de Guadalupe in Estremadura i primi a coltivare i peperoncini i cui semi vennero poi diffusi in tutta la Spagna e in Europa da monaci viaggiatori e poi grazie al colonialismo e alle vie delle spezie si diffuse rapidamente in Africa ed in tutto l’oriente. Il peperoncino dava sapore a cibi che non ne avevano, conservava la carne quando i frigoriferi non c’erano, con le sue proprietà disinfettanti era di aiuto alle popolazioni dei paesi caldi, si diffonde fra le popolazioni povere con regimi alimentari monotoni e carenti di proteine. Con il peperoncino i messicani insaporivano le tortillas, gli africani la manioca, gli asiatici il riso. In Italia le regioni meridionali e in special modo la Calabria hanno reso vivace e gradevole la loro cucina povera, vegetariana, fatta di ingredienti umili e di pochissima carne.
Le proprietà del peperoncino erano già note agli Incas che usavano bruciare del peperoncino rosso per tenere lontani gli spagnoli, consapevoli che il fumo rendeva temporaneamente ciechi gli avversari, mentre i nativi americani usavano preparare delle gomme contenenti peperoncino da masticare per un sollievo immediato in caso di mal di denti. Da un punto di vista molecolare l’attenzione maggiore è rivolta alla Capsaicina, molecola alcaloide contenuta nel peperoncino, che fu isolata nel 1846 e sintetizzata per la prima volta nel 1930, contiene vitamine c (è il vegetale che ne contiene di più in assoluto cinque volte di più degli agrumi), k, e, b, insieme a sali minerali, antiossidanti naturali ed altro, oggi l’attenzione è rivolta, oltre all’uso alimentare, anche alle proprietà della Capsaicina, che consentono svariati utilizzi in vari ambiti clinici e di cura preventiva di diverse patologie. Al momento il maggior produttore di peperoncino è la Cina.
Durante l’incontro la Papalini ha illustrato le proprietà del peperoncino e gli effetti che ha sul comportamento delle persone: rende allegri, dà la sensazione di vigoria. Qui, come diceva qualcuno la domanda è sorta spontanea, abbiamo fatto notare la somiglianza degli effetti con la cioccolata e come l’industria dolciaria abbia captato come questi due alimenti potessero essere associati nel medesimo prodotto, l’indistinguibile bontà del cioccolato al peperoncino. Il peperoncino, come tutti gli altri prodotti alimentari, non ha più smesso di viaggiare per i cinque continenti ed è difficile trovare un luogo in cui non sia presente, rappresentando la spezia più legata all’identità dei luoghi, più geograficamente connotata e quella che più di altri si presta ad essere raccontata per la sua storia, sia materiale che simbolica. Perché l’identità, anche culinaria, di un luogo non è qualcosa di definito, ma un insieme di contaminazioni, non solo di sapori o aromi, ma soprattutto di culture.