Luigi Viola nella sua vigna a Saracena
Tutt’altro che meteora, tutt’altro che piccola produzione alla periferia del Paese, il Moscato di Saracena firmato da Luigi Viola, e dai suoi figli Claudio, Roberto e Alessandro, con le sue 7mila bottiglie si conferma un gigante dell’enologia nazionale, prima che calabrese.
Il vino baluardo del territorio di Saracena, siamo nel Parco Nazionale del Pollino, nell’estremo nord della Calabria, è ritornato pochi mesi fa ad essere Presidio Slow Food e sta vivendo un momento d’oro, in tutti i sensi. Perché gli ori li ha conquistati tutti. Quelli dati dalle guide. Il più alto punteggio riconosciuto dalle pubblicazioni più rinomate d’Italia, che decretano ogni anno vincitori e vinti del mondo dell’enologia, li ha presi tutti. Di bicchieri, grappoli, corone, eccellenze i Viola ne hanno fatto l’en plein. In tutte le edizioni 2013 figurerà tra i grandi vini. Ha dimostrato di avere le spalle forti questo vino dolce dalla storia antica, frutto di un sapere artigiano che Luigi Viola, maestro delle elementari in pensione, ha voluto strappare all’oblio. La scommessa è stata vinta e la fatica per mantenerla ripagata.
Luigi Viola
Il vino che veniva custodito come un tesoro nelle cantine pontificie nel ‘500 ritorna adesso in auge. Certo, ancora è sconosciuto ai più, ma i palati più autorevoli hanno voluto riconoscergli tutto il pregio. Questo glielo dà il blend da cui prende vita e la cura con cui i Viola coltivano le loro preziose viti. Guarnaccia e Malvasia aromatizzato con le vinacce di Moscatello: è questa la formula che lo ha fatto entrare nell’olimpo dell’enologia. Ma ancora di più è il territorio l’unicità che lo contraddistingue. Perché le varietà esprimono il massimo solo in questo angolo di Calabria, a quota 400 metri di altezza, dove imperano forti escursioni termiche, dove i terreni sono argillosi e sui cui soffiano le brezze provenienti dallo Jonio. Gli stessi Viola hanno tentato di fare attecchire altrove i vitigni, ma con scarsi risultati. Poi la sua preziosità sta nella metodologia di vinificazione. Si parte però dalla vigna, dove vengono selezionati e raccolti a mano massimo venti grappoli a cassetta. Una volta in cantina, vengono lì appesi e lasciati ad appassire per tre settimane. Successivamente avviene la selezione del chicco. Rituale e arte officiata esclusivamente dalle donne del paese di Saracena.
Grappolo di Moscatello nella cantina dei Viola
Claudio Viola nel vigneto
Non è un vino il Moscato di Saracena, è prima di tutto un pezzo di territorio che, benché piccolo e ristretto, già al debutto sul mercato, sin da subito, ha dimostrato la sua forza. Le prime bottiglie Viola le ha commercializzate nel 2000 e non ha voluto perdere nemmeno tempo a farle valutare dai grandi critici. Come racconta lui stesso: “faceva capolino sui banchi d’assaggio delle guide, ma era una piccolissima perla di cui ne venivano prodotti solo 200 litri e nonostante fosse apprezzata per la sua qualità, il quantitativo suscitava diffidenza. Veniva considerata una probabile meteora”. Poi succede che, aumentata la produzione, le porte verso il mondo dei punteggi più alti per il Moscato si spalanca. Così per dieci anni, prima di oggi, il Moscato di Saracena dei Viola ha conquistato i massimi riconoscimenti, come i Tre Bicchieri della Guida i Vini d’Italia del Gambero Rosso. Dieci anni di lunga gavetta per arrivare ad essere, oggi, tra le cantine più premiate d’Italia.
M.L.